San Cataldo, mafia e appalti. Il riesame scarcera il maresciallo Domenico Terenzio, confermate altre dieci misure cautelari
Reato di concorso esterno in associazione mafiosa riqualificato in quello di favoreggiamento e dunque torna libero – lasciando il carcere – il maresciallo della Tenenza dei carabinieri di San Cataldo Domenico Terenzio, arrestato il 9 luglio scorso insieme ad altre quindici persone nel blitz dei carabinieri “Pandora”. A deciderlo i giudici del Tribunale del riesame di Caltanissetta, i quali hanno accolto la richiesta dell’avvocato difensore Boris Pastorello, che aveva sollecitato l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare sostenendo che non c’erano elementi certi a rafforzare l’ipotesi di un legame saldo tra l’investigatore e Cosa nostra.
L’inchiesta “Pandora” fece luce sull’attività di Cosa nostra a San Cataldo, su alcune estorsioni e anche sui contatti tra mafia e amministrazione, in particolare sulle presunte infiltrazioni dell’organizzazione nell’affare dei rifiuti. E poi anche su sospetti episodi di corruzione all’interno della stessa pubblica amministrazione.
Confermati invece il carcere per Maurizio Di Vita, Massimo Scalzo, Gioacchino Chitè, Angelo Giumento e Luigi Vivacqua – ritenuti collegati alla cosca mafiosa sancataldese – gli arresti domiciliari per l’imprenditore Liborio Lipari, legale rappresentante della “Ecolgest”, Salvatore Raimondi, accusato di essere vicino alla famiglia mafiosa di San Cataldo e l’obbligo di firma per Cataldo Medico, dipendente del Comune di San Cataldo, Alfonso Gaetano Ippolito, architetto a cui erano stati affidati incarichi dal Comune di San Cataldo. A diversi indagati sono state annullate alcune accuse per singoli episodi di estorsione o corruzione.
Il riesame ha comunque respinto l’appello della Procura nissena per Liborio Lipari (difeso dall’avvocato Salvatore Pirrello): gli inquirenti chiedevano infatti che gli fosse riconosciuta l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma già il gip l’aveva esclusa nell’ordinanza e il riesame ha condiviso tale decisione. Annullate anche le accuse di corruzione e turbativa d’asta relative ai favori per le assunzioni della nuora e del figlio del capo dell’ufficio tecnico comunale Paolo Iannello e sulla presunta turbativa d’asta per l’affidamento del servizio rifiuti a San Cataldo. In piedi è rimasta solo un’accusa di tentata corruzione.
I loro legali, gli avvocati Boris Pastorello, Gianluca Amico, Salvatore Baglio, Giuseppe Dacquì, Sergio Iacona, Dino Milazzo e Salvatore Pirrello avevano chiesto l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare e ora valuteranno se presentare ricorso in Cassazione.
Nei prossimi giorni andranno davanti al Tribunale del riesame anche il capo dell’Ufficio tecnico del Comune di San Cataldo Paolo Iannello e il figlio di questi, Davide Iannello. Anche nei confronti di Paolo Iannello la Procura ha presentato appello per chiedere che gli venga riconosciuta l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa; contemporaneamente anche i legali dei Iannello – gli avvocati Michele Micalizzi, Antonio Impellizzeri e Francesco Augello – hanno presentato ricorso per chiedere l’annullamento dell’ordinanza.