I sindaci del centro Sicilia in difesa dell’agricoltura scrivono a Musumeci. “Controlli sul grano importato. Marchio di qualità per quello siciliano”
Non solo un grido d’allarme, ma anche una serie di proposte per far uscire il comparto agricolo e zootecnico dalla crisi. I sindaci di Caltanissetta ed Enna, Giovanni Ruvolo e Maurizio Dipietro, in rappresentanza dei sindaci dei 36 comuni delle due province del centro Sicilia, hanno avanzato una piattaforma al presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci ed all’assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera, chiedendo serrati controlli sui prodotti di provenienza estera. Partendo dal dato che il 65-70 percento della superficie coltivabile in Sicilia è rappresentata dalle aree interne dell’isola, nonostante l’elevata qualità di grano, pomodoro e olio, gli agricoltori non riescono a competere ad armi pari con l’importazione di prodotti extra Ue in cui la manodopera utilizzata ha un costo dieci volte inferiore che in Italia.
Il grano, principale coltura del centro Sicilia, ha un prezzo di mercato che oscilla dai 17 ai 19 euro al quintale. Per pagare le spese di coltivazione occorrono dai 20 ai 22 euro al quintale. L’integrazione europea, di circa 260 euro per ettaro, viene pesantemente intaccata per coprire i residui costi. “A questo si aggiunge – spiegano i sindaci – che quando viene erogata dall’AGEA con pesanti ritardi, viene a monte decurtata da cartelle INPS, Equitalia nel frattempo maturate. I giovani di primo insediamento, che hanno voluto acquistare con l’Ismea, non riescono ad onorare i pagamenti e spesso restituiscono il bene acquistato, che viene messo all’asta”.
“La maggior parte degli agricoltori rinuncia agli investimenti del Piano di sviluppo aziendale in agricoltura per non indebitarsi – proseguono i sindaci -. Pratiche burocratiche estenuanti, progetti esecutivi da esibire alla presentazione della pratica, aggravi burocratici e costi insormontabili. Tutto questo avviene nel silenzio della politica”, aggiungono i sindaci.
L’andamento dei prezzi è determinato dall’importazione di prodotti di qualità inferiore, se non scarsa, come i pomodori dal Marocco o dalla Cina, che contengono sostanze proibite (risulta che in Africa e Cina si usi ancora il Ddt). Prodotti come il grano canadese, ucraino (anche da Cernobyl) e kazako, olio tunisino, recentemente arrivato in Italia e carni d’importazione che contengono estrogeni.
“In Sicilia si producono grano, pomodoro, carne e olio di ottima qualità e, nel caso del grano, assolutamente privo di micotossine (cancerogene) e di glifosato (utilizzato nei paesi freddi per la maturazione) – scrivono i sindaci -. Il glifosato è accusato da diversi Istituti esteri accreditati di causare diverse malattie come celiachia, tumori, predisposizione alla Sla. Gli studi sul glifosato sono stati secretati per anni e pubblicati solo grazie ad un’associazione, GranoSalus, che ha fatto analizzare i prodotti a proprie spese. Pasta e prodotti da forno, prelevati dai banchi vendita dei supermercati, hanno evidenziato la presenza di questo principio attivo. A tutto ciò si aggiunge il Ceta (accordo col Canada che abbatte i dazi sulle nostre importazioni) che reciterà il “de profundis” della nostra cerealicoltura”.
Facendo appello all’articolo 17 dello Statuto autonomistico siciliano che fa della Regione il difensore della salute pubblica, i 36 sindaci del centro Sicilia chiedono una serie di misure come l’inserimento di una rappresentanza del “Comitato delle aree Interne” nel tavolo di crisi dei mercati recentemente costituito; lo stato di crisi, con la sospensione delle cartelle di pagamento delle rate Ismea fino alla normalizzazione del mercato; controlli statistici e sanitari delle merci importate, affidandole ad un ente che le monitori in collegamento con una rete di laboratori esistenti (Esa, Istituto di granicoltura) aggiornati degli strumenti per il rilevamento del glifosato (risulta che nella nostra Regione non ce ne siano); l’avvio di una formale richiesta al ministero della Salute per far abbassare in ambito Ue il limite di residuo del Glifosato sul consumo europeo di pasta; il fermo dei mezzi nei porti, o su gomma, fino all’espletamento del controllo analitico; avviare controlli nei mulini che trasformano il cereale importato; avviare progetti per la promozione del grano con il marchio “Grano duro di Sicilia”, comprensivo di disciplinare di qualità’ del prodotto, in modo da raggiungere le quotazioni del “Desert Durum”americano (oggi 40euro per quintale), progetto conservato nei cassetti del “Consorzio Ballatore” dove fu presentato il 18 dicembre 2009.
“Quest’azione – affermano Ruvolo e Dipietro – è il frutto del coinvolgimento di tutti i sindaci del centro Sicilia a tutela delle produzioni locali. Le misure proposte rappresentano anche un viatico per una maggiore capacità consortile da parte degli imprenditori agricoli, in particolare delle giovani generazioni che verrebbero facilitate da un quadro di regole orientato alla qualità dei prodotti”.