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Reciprocità e riconoscimento, parole chiave che raccontano “Fai agli altri”, il saggio di Deborah Gervasi

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Reciprocità e riconoscimento all’interno delle aziende, valori intesi come azioni volte a favorire e curare le difficili dinamiche che si riscontrano all’interno del luogo di lavoro e che influenzano le relazioni. Questo il fondamento base su cui si erge “Fai agli altri. La reciprocità nelle organizzazioni aziendali”, il saggio scritto da Deborah Gervasi, ricercatrice nissena, ed edito da Editoriale Scientifica, presentato ieri, 7 settembre, all’interno dell’antica Villa Barile.

Organizzato da cooperativa sociale Etnos, dal Rotary Club di San Cataldo e con la collaborazione di PuntOorg, l’incontro, moderato da Pasquale Carlo Tornatore, responsabile culturale di cooperativa Etnos, si è aperto con i saluti di Salvatore Camilleri, presidente Rotary Club Caltanissetta, di Fabio Ruvolo, presidente cooperativa Etnos e di Raffaele Scuderi, preside della Facoltà di Scienze economiche e giuridiche dell’Università degli studi Kore di Enna.

“La reciprocità – ha asserito Guglielmo Faldetta, professore ordinario di Organizzazione aziendale dell’Università degli studi Kore di Enna ‒ può essere inserita anche in ambito economico, intesa non come un mero scambio, ma come un valore aggiunto in grado di fidelizzare. La reciprocità è neutra”.

A seguire, Pietro Cavaleri, psicologo, didatta alla scuola di Psicoterapia della Gestalt: “Il libro dimostra, con dati alla mano, che più un imprenditore imposta la propria azienda per rincorrere i numeri, più creerà una competizione negativa; creerà un clima umano di bassa qualità. La parola chiave del libro è la reciprocità: l’essere umano vive in costante reciprocità, non si può fare a meno di curare il bene relazionale che passa dalla reciprocità”.

Nonostante il suo rilievo scientifico, il saggio si inserisce bene all’interno del campo sociale e mostra come il bene relazionale possa condurre un’azienda a crescere, non solo in termini di numeri, ma anche in termini di esperienza umana, grazie al reciprocare degli individui coinvolti. La reciprocità conduce al riconoscimento, poiché ciò che spinge l’uomo alla lotta è la sua volontà di riconoscimento; quando la persona si sente riconosciuta, instilla positività negli altri ed è in grado di costruire relazioni sane. Più un individuo si sente riconosciuto, più tende a dare il meglio di sé.

Un argomento complesso, quello della reciprocità nelle aziende, che Deborah Gervasi ha affrontato con ricerche, dati e studi, dopo un’attenta riflessione che vede la reciprocità in ciò che ci circonda. Eppure, il libro che riscontri ha avuto in termini di comprensibilità?

“L’argomento è complesso perché c’è la tendenza a vedere l’utilitarismo della relazione economica connessa alla relazione lavorativa. Invece, qui, tendiamo a cogliere il senso della sovrabbondanza, però, tenendo sempre conto del concetto scevro da un’accezione positiva o negativa della reciprocità”.

Tuttavia, l’opera ha voluto sottolineare l’importanza di non associare la reciprocità, il suo significato, il suo valore, a un freddo do ut des, locuzione latina dal significato letterale «io do affinché tu dia»; anzi, “noi esseri umani ricerchiamo all’interno del posto di lavoro una reciprocità sovrabbondante e non bilanciante, cercando di mantenere aperta la relazione. Quindi la relazione diventa il fine della nostra condotta più di quanto lo possa essere il mero beneficio dato dal do ut des”.


 

 

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