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Mafia, droga e prostituzione tra Caltanissetta e San Cataldo. In otto chiedono di concordare la pena in appello

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In otto chiedono di concordare la pena in appello, mentre per altri due il processo andrà avanti con la requisitoria del sostituto procuratore generale Carlo Lenzi. Questa l’ultima novità del processo per l’inchiesta antimafia “Kalyroon”, che vede imputate dieci persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti, estorsione, danneggiamento e sfruttamento della prostituzione. Si tratta dei dieci imputati che avevano scelto il rito abbreviato e che furono condannati dalla gup Alessandra Giunta, mentre altri dodici sono sotto processo in primo grado in Tribunale.

Richiesta di pena concordata – per tutti in continuazione con condanne precedenti – a 6 anni e 6 mesi per Calogero Maurizio Di Vita (59 anni, di San Cataldo, condannato in primo grado a 18 anni), a 6 anni per Antonio Cordaro (53 anni, di San Cataldo, condanna in primo grado 14 anni e 4 mesi), a 6 anni per Angelo Giumento (38 anni, sancataldese, pena di 10 anni e 7 mesi in primo grado), a 5 anni e 10 mesi per Vincenzo Scalzo (45 anni, di San Cataldo, condannato in primo grado a 10 anni e 7 mesi), a 4 anni per Pietro Mulone (44 anni, di San Cataldo, pena di 11 anni e 4 mesi in primo grado), a 3 anni ciascuno per i fratelli nisseni Vincenzo Ferrara (53 anni, pena di 10 anni e 7 mesi in primo grado) e Fabio Ferrara (45 anni, pena di 4 anni in primo grado), a 8 mesi per l’albanese Elis Deda (36 anni, pena di 6 anni in primo grado). Nei giorni scorsi ad Angelo Giumento – difeso dall’avvocato Giuseppe Dacquì – sono stati concessi gli arresti domiciliari al posto della detenzione in carcere. La possibilità di concordare la pena in appello era stata cancellata nel 2008 ed è stata reintrodotta nel 2017.

Niente richiesta di concordato, invece, da parte di Salvatore “Totò” Cordaro (53 anni, di San Cataldo, condannato in primo grado 11 anni e 3 mesi) e e Calogero Luca Cordaro (35 anni, originario di Canicattì, condannato a 7 anni e 4 mesi in primo grado). A maggio è prevista la discussione dell’accusa per questi ultimi, successivamente discuteranno gli avvocati difensori Salvatore Daniele, Calogero Vinci, Davide Anzalone, Giuseppe Dacquì, Dino Milazzo, Salvatore Amato e Andrea Alberti. Poi la seconda sezione penale della Corte d’appello (presidente Andreina Occhipinti, consiglieri Marco Sabella e Giovanbattista Tona) deciderà sulle richieste di concordato ed emetterà la sentenza.

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