Perfect Sensuality. L’eroe americano – Capitolo sesto
New York
Thomas aveva provato più volte a chiamare Joe, ma il telefono risultava sempre spento.
Kitty e Joy, seduti sul divano, lo osservarono preoccupati. Anche loro avevano provato a chiamare, ma non avevano avuto fortuna.
Thomas aveva raccontato cosa era successo a Joe, al Club Leon D’oro.
Aveva cercato quel nome su internet, ma non aveva trovato niente. C’era solo una certa Villa Leon, ubicata nelle campagne di Belo Horizonte, ma risultava essere un semplice circolo ricreativo, con annesso agriturismo. Lui invece sapeva bene chi fosse Homer Nesciville e pregò che Joe riuscisse ad uscire dal Brasile senza problemi.
Thomas diede per vera la versione di Joe.
Ma le sue parole avevano qualcosa di fastidioso che non riusciva a identificare.
“… sono al pronto soccorso con il giovane Miguel”.
Non sapeva perché, ma questo lo innervosiva.
Aveva fiducia nel suo uomo. Joe non era un tipo che tradiva, era fedele, pensò fra sé e sé, volendo ignorare qualche stranezza del passato. Anche se nell’ultimo periodo era un po’ più freddo del solito. Lui, Joe, aveva sempre il solito fuoco dentro e di questo ardore lui si era innamorato perdutamente.
Joe Stevenson non aveva mezze misure e con lui aveva usato tutta la passione di cui era capace, senza riserve. Negli ultimi tempi lo vedeva per conto suo e in cerca di chissà cosa.
Kitty e Joy lo osservavano preoccupati.
-Cosa devo fare? Nesciville è un corrotto, un delinquente dei peggiori, ma pieno di soldi! Sono preoccupato per Joe!- Disse sedendosi accanto ai suoi amici.
Joy gli diede una pacca sulla spalla.
-Stai parlando dello Squalo, non si farà fregare.-
Thomas portò le mani in viso.
-Io telefono all’ambasciata americana. Lì ho un caro amico che mi potrebbe aiutare, e magari capire la reale situazione.-
Kitty gli strinse una mano. Lo osservò, Thomas sembrava veramente preoccupato. Pregò che Joe tornasse a casa sano e salvo. Ma lei era sempre stata una mezza strega, e sentiva che il suo migliore amico sarebbe tornato diverso e che Thomas avrebbe pianto. Tanto!
*******
Belo Horizonte
Casa di pietra
Miguel stava scappando tra gli alberi.
Dietro di lui il mostro, arrabbiato e feroce, lo inseguiva senza sosta.
Gli urlava che l’avrebbe ucciso.
Homer lo inseguiva con un’ascia e, dallo sguardo stravolto che aveva, era certo che l’avrebbe fatto a pezzi, senza scampo.
Miguel correva a perdifiato, ma ad un certo punto era inciampato, era caduto a faccia in giù.
Homer gli era piombato subito sopra lo aveva preso per i capelli, come aveva già fatto… e lo avrebbe colpito alla gola con la lama affilata, se una mano forte e amica non lo avesse fermato. La mano e la voce rassicurante, avevano sostituito la presenza maligna e cattiva del suo aguzzino. E quando si era girato, aveva visto il volto amichevole dell’uomo che gli aveva salvato la vita. Sentì l’impulso di abbracciarlo più forte che poté.
Un’oretta dopo essersi addormentato, Joe fu svegliato dai gemiti di paura di Miguel.
Si alzò carcerando di tranquillizzarlo, si sedette accanto.
-Calmati, è solo un sogno. Sei al sicuro adesso.- Joe gli accarezzava la testa mentre il ragazzo tremava nel sonno e piangeva.
Miguel si svegliò di colpo e si trovò accanto il suo salvatore.
Lo strinse forte.
-Ho paura!- Fece il ragazzo tremante.
Joe sospirò e lo accarezzò sulla schiena.
-É tutto a posto. Nesciville non ti toccherà più. Te lo garantisco io.-
-Grazie. Lei mi ha salvato la vita.- Disse Miguel con un filo di voce.
Joe si scostò un secondo, anche nella penombra gli occhi di Miguel erano bellissimi, grandi ed espressivi.
-Lo rifarei. Adesso devi solo stare tranquillo, ok?-
Il ragazzo fece sì con la testa. Stava bene solo tra le braccia di quell’uomo che in fondo era uno sconosciuto. Ma di lui si fidava, per istinto.
Joe sentì che l’agitazione di Miguel pian piano passava. Poi inaspettatamente il giovane ricadde preda del sonno.
Pablo aveva sentito rumore. Aprì la luce del corridoio.
Vide Joe con Miguel tra le braccia.
-Tutto ok?- Fece il detective sottovoce.
-Ha fatto un brutto sogno. È ancora sotto choc. Ma si è riaddormentato. Ha un tranquillante?-
-No purtroppo. Una camomilla… forse.-
Ma Joe sentì che il ragazzo si era riaddormentato profondamente.
-Non occorre… gli starò vicino.- Disse bisbigliando.
Pablo li osservò solo un secondo, accennò un sorriso e spense la luce. Tornò a letto pensando a quanta dedizione ci stesse mettendo quell’avvocato con il ragazzo.
Joe, poco dopo, si calò piano sul il divano, avrebbe dormito con lui, tenendolo stretto. Si disse che era forse fuori luogo, inopportuno… ma lui dava sempre ascolto al suo istinto. Un istinto che non lo aveva mai tradito.
Con Miguel tra le braccia, Joe si addormentò a sua volta.
***
Quattro ore dopo Joe riaprì gli occhi. Aveva sentito cadere un oggetto.
Ma svegliandosi vide che Miguel si era girato e lo aveva a pochi centimetri dal viso. La sua giovane fronte era appoggiata al suo collo. Lo osservò. Quel ragazzo era un incanto. Provò tenerezza e non impulsi sessuali come di solito gli capitava. Lo avrebbe protetto anche contro mille Homer Nesciville.
Pablo si era svegliato verso le otto e mezza, era in ritardo. Ma anche lui aveva avvertito la grande tensione della sera prima. Doveva andare a lavorare e poi sbrigare la faccenda di Miguel per cercare di ottenere subito il passaporto. Doveva muoversi cauto, Homer Nesciville gli sarebbe stato addosso da subito.
Ma gli era caduta una tazza di plastica dalle mani, che fece un gran fracasso.
Joe e il ragazzo dormivano stretti abbracciati sul divano. Cercò di essere moderno e disinvolto, ma gli scappò un sorrisetto. Non di scherno o di fastidio, si capiva che quei due si erano legati a doppia mandata. Osservandoli sospirò. Tra Joe e il ragazzo stava nascendo, secondo lui, qualcosa di bello… di pulito e di molto forte.
Pablo fece una faccia dispiaciuta quando l’avvocato si era svegliato dopo il rumore della tazza.
-Scusi, sono un bisonte la mattina… è presto, lei che può, dorma ancora.- Fece sotto voce.
-Non si preoccupi, io sono ancora più rumoroso.- Rispose bisbigliando.
Miguel in quel momento si mosse e gli passò un braccio attorno alla vita. Si accostò fino ad appoggiare la sua guancia nel collo di Joe. Una gamba del giovane si era leggermente addossata a quella dell’avvocato. Era una posizione intima. E sentiva che Miguel lo stringeva a sé dolcemente.
Joe per la prima volta in vita sua fu sorpreso dal gesto inconscio di quel bel giovane. Si vedeva che dormiva, ma lo aveva stretto lo stesso come cercando conforto. Fu per Joe una sensazione bellissima. Il calore del viso di Miguel e la sua gamba sulla propria fu come una scossa per la pelle e il corpo dello Squalo.
Pablo si girò facendo finta di niente. Si sedette e si mise a fare colazione.
Joe ritornò con la testa appoggiata al divano. Miguel alzò il viso. Erano a pochi centimetri, i loro respiri si stavano fondendo. Miguel dormiva sereno. Joe chiuse gli occhi, l’avrebbe baciato. Un bacio tenero senza lingua, solo per sentire le sue labbra. Ma non poteva, non per la presenza di Pablo. Miguel aveva trent’anni di meno e poi veniva da un grosso trauma. Si concesse di accarezzare con un dito il contorno delicato del suo viso. Non aveva mai visto un ragazzo così bello. Lo ammirò per un po’.
Miguel si strinse a lui ancora di più. Joe si morse il labbro alzò la testa per evitare quella forte tentazione, cercando di stare buono. Il suo cuore si era messo a battere forte. Si disse che da subito doveva darsi dei limiti. Miguel era troppo giovane per lui. E quell’attaccamento poteva essere solo gratitudine e dipendenza post traumatica.
Joe avrebbe fatto il bravo. Poi sorrise tra sé e sé, pensando che la vita a volta era bizzarra e metteva le persone davanti le situazioni più assurde. Lui era pazzo di quel ragazzo anche se lo conosceva da poche ore. E poi la sua solita e potente erezione del mattino non lo stava aiutando per niente. Dal pantalone scuro che portava, per fortuna non si notava niente. Joe si volle distrarre comunque. Era difficile, ma doveva darsi una calmata. Rise tra sé e sé .
Succedeva proprio a lui che, quando provava una forte attrazione per qualcuno, non si faceva fermare da niente. Proprio come era successo per Thomas… che l’aveva preso lo stesso, sapendo che era sposato e padre di un ragazzo.
Ma con Miguel lui ci sarebbe andato con i piedi di piombo. Poi pensando al suo uomo in America la sua eccitazione del mattino, pian piano, si attenuò. E non era un buon segno, che al solo pensiero di Thomas in lui calasse il desiderio.
Pablo sin alzò e andò in bagno. Sorrise chiudendosi a chiave. Scosse la testa, quei due sarebbero finiti a letto insieme molto presto. E non stava a lui decidere se era moralmente giusto o sbagliato. Quando c’era di mezzo una cosa come quella, un’attrazione così forte… prima o poi la corrente della passione li avrebbe travolti. Età o meno c’era l’inizio di qualcosa di profondo tra quei due.
Joe stava per ripiombare nel sonno con Miguel teneramente incollato addosso, ma Pablo, che stava uscendo, gli andò vicino, parlando sotto voce.
-Avvocato, mi scusi… io vado. Nella dispensa c’è un po’ di tutto. Il latte è nel frigo. Controlli le scadenze per favore. Io starò tutto il giorno fuori. Ho il cellulare sempre con me. Ci sentiamo.-
-Aspetti devo dirle una cosa.-
Lo Squalo con dispiacere, spostò delicatamente il braccio e la gamba del ragazzo e a malincuore lasciò l’avvolgente stretta di Miguel. Si alzò e cercò subito di concentrarsi, ancora sentiva parecchia stanchezza. Si avvicinò a Pablo.
-La batteria del mio cellulare è quasi scarica.-
Pablo si pizzicò il mento con le dita.
-Che marca è?-
-Un Samsung. Ho paura che riuscirò solo a chiamare New York.-
-Vedo che posso fare. A stasera.-
Joe gli poggiò una mano sulla spalla.
-Stia attento detective. Noi dipendiamo da lei, non ci molli.-
Pablo lo rassicurò.
-So come muovermi, combatto con quel mostro da anni. So di chi fidarmi.-
I due si diedero uno sguardo amichevole.
-Pablo, chiamami Joe per favore.-
-Ok Joe. Ne usciremo. Lo sento.-
I due si strinsero la mano.
Pablo diede un occhiata a Miguel che dormiva profondamente e poi a Joe. Poi uscì.
Joe richiuse a chiave. L’uomo fu tentato di rituffarsi tra le braccia di quella meraviglia bionda. Ma batté delicatamente le mani sulle cosce e congiunse le mani in viso scuotendo la testa per dire no a sé stesso. Doveva darci un taglio, subito!
L’avvocato, rassegnato andò in cucina, aveva urgente bisogno di un caffè.
Trovò facilmente tutto, poggiò sul piccolo fornello una caffettiera in stile italiano. Il caffè doveva essere forte e deciso, come si sentiva lui in quel momento.
Miguel sentì arrivare un forte aroma di caffè alle narici.
Si svegliò, ricordando il terribile incubo che aveva vissuto. Poi ricordò il caldo e rassicurante abbraccio dell’uomo di cui non sapeva nulla, ma che l’aveva salvato. E al quale si sentiva fortemente legato. Non capiva come potesse accadere di affezionarsi in quel modo a un perfetto sconosciuto. Ma era successo, e lo cercò con lo sguardo. Sentì trafficare nella cucina. Ebbe il forte desiderio di vederlo e stargli vicino. Solo accanto a lui il suo terrore per Nesciville si attenuava.
Si alzò. Stava meglio rispetto e ieri, anche se i punti alla bocca e al sopracciglio gli pizzicavano un po’.
Joe zuccherò il caffè e chiuse gli occhi per gustarselo meglio, una bella tazza fumante l’avrebbe svegliato per bene.
Sospirò.
Ricordò la prima immagine che l’aveva colpito. I due dei bei occhi verdi del ragazzo. Erano diventati come un chiodo fisso, e non se ne andavano dalla sua testa. Ma sorrise tra sé e sé. Era solo un ragazzo, ma lo aveva messo sotto sopra per bene.
Sentì un movimento dietro. Si alzò girandosi, il suo cuore ebbe un balzo che conosceva bene. Era la seconda volta che si smarriva dentro ai suoi occhi.
-Miguel, ben sveglio. Vuoi del caffè?- Riuscì a dire nel modo più naturale che gli riuscì. Ma di colpo gli parve di ritornare alla giovinezza quando aveva capito che oltre i normali gusti di ragazzo era turbato anche dalla bellezza maschile.
-Sì, grazie.- Fece Miguel sedendosi accanto a Joe.
Joe cercava di non fissarlo. Ora che poteva tenerli aperti, anche se tutti segnati dalle botte, quei due occhi verde chiaro, lo facevano rimbambire.
Joe gli porse una tazzina di caffè. Le loro dita si sfiorarono. Joe per distrarsi, si alzò e decise di cercare qualcosa di solido nella dispensa.
Miguel aveva avvertito in quello sfiorarsi una forte corrente elettrica.
Il ragazzo però aveva voglia di latte. Si alzò prese una tazza dal tinello e poi cercò nel frigo che era vicino allo sportello dove stava cercando Joe. Si osservarono e si sorrisero.
Miguel con la tazza piena di latte e Joe con dei biscotti ancora buoni si ritrovarono seduti vicini.
Joe gli sorrise e gli offrì i biscotti.
-Grazie… lei vuole del latte?-
Joe scosse la testa, per lui la colazione era solo caffè nero. Al massimo poteva optare per un dolce, o un cornetto. Su quel versante era decisamente poco americano.
Calò un attimo di silenzio. Miguel inzuppò il primo biscotto e guardò Joe che sembrava evitare apposta i suoi occhi. Miguel mangiò per un po’ in silenzio. Poi al terzo biscotto lo fissò.
-Senta, io non so come si chiama. Eh… dove siamo?-
Joe fu costretto a guardarlo. Gli sorrise. Il ragazzo ricambiò e a Joe mancò il fiato. Prima di allora lo aveva visto solo smarrito e terrorizzato, non immaginava che Miguel sorridendo fosse un vero e proprio spettacolo.
-Io mi chiamo Joe Stevenson… ma dammi del tu, per favore. E siamo al sicuro nella casa di campagna del detective Pablo Semar che ci sta aiutando a scappare dalla furia di Nesciville.- Joe cercò di tenere un tono neutrale , ma gli avrebbe stretto le mani e poi preso il viso e lo avrebbe baciato per ore.
Miguel appena sentì il nome di quel mostro cambiò colore.
E Joe senza riflettere, materializzò un po’ i suoi desideri e poggiò la mano sopra quella del ragazzo.
-Sei al sicuro adesso. Non temere.-
Miguel strinse la mano di Joe sorridendo. Joe si sentiva fremere, e stava andando a farsi benedire tutto il suo buon senso.
Lo avrebbe baciato senza esitazione se si fossero trovati in un altro contesto, ne era sicuro.
Ma allo Squalo prima, dovevano tornare tutti i conti.
Finirono la colazione e prima di alzarsi dalla sedia Joe gli parlò.
-Miguel… posso farti una domanda? Te la senti di levarmi una curiosità?-
Fu Miguel questa volta a prendergli la mano, Joe fremette ma si contenne. Il ragazzo che non intendeva lasciare la mano di Joe, fece cenno positivo.
Joe prese qualche secondo. Quel tocco quel calore lo stavano rilassando.
-Perché hai scelto di fare quella vita? Insomma, un ragazzo bello e giovane come te.-
Miguel lo guardò stranito.
-Quale vita?-
Joe serrò le labbra.
-Miguel dai… non farmelo dire. Insomma mi sembri un ragazzo in gamba… perché lavorare in quel posto? Avevi mille possibilità. Perché a quel maledetto club?-
Miguel scosse il capo con disappunto.
-Io non ho scelto un bel niente! Mi hanno portato lì con l’inganno. Mi hanno detto che avrei dovuto lavorare in un locale, che avrei fatto “l’addetto all’intrattenimento!” e dovevo lavorare obbligatoriamente per avere il permesso di riprendere i moduli per la borsa di studio. Il direttore ha detto che lo imponeva il governo.-
Joe sospirò, istintivamente. Gli credette dentro di sé. Era felice ma lo nascose.
-Da quando tempo lavoravi lì dentro?- Fece Joe, trovando fastidiosa l’immagine di Miguel fra le braccia di clienti brutti e vogliosi.
Miguel rise amaramente.
-Ero arrivato da nemmeno di un’ora. Mi hanno preso dall’orfanotrofio e portato in quel postaccio!- Miguel rabbrividì ripensando a tutto quello che gli era successo.
Joe invece avrebbe voluto urlare di gioia, nessuno di quei porci l’aveva toccato. Ma poi cercò di calmarsi, a lui non sarebbe dovuto lo interessare quel particolare. E poi pensò, con angoscia, che essere totalmente impreparato alla sorte che avrebbe avuto tra le fauci di Homer Nesciville, era stata la cosa più brutta che gli potesse capitare. E forse era stata una cosa voluta, proprio dal mostro in persona.
-Ok, bene, ti credo naturalmente. E mi dispiace davvero per tutto quello che ti è successo.-
Miguel sorrise debolmente e osservò le mani dell’avvocato che erano belle, molto fini e curate.
Joe osservò le loro dita intrecciate e sentì il suo cuore palpitare. Ma che cavolo gli stava succedendo? Quel tocco vibrava di sensazioni incredibili. Erano solo dita, ma erano bellissime, affusolate e colore dell’ambra. La voce di Miguel lo destò dal vortice dei suoi pensieri.
-Mi sento al sicuro adesso… il mio angelo custode straniero, il mio eroe americano, mi ha salvato.-
Joe deglutì. Continuando di quel passo, prima o poi, gli sarebbe venuto troppo difficile restare buono.
-Io… ho solo fatto un gesto umanitario.- Joe si sentì un gran bugiardo. L’aveva fatto soprattutto perché avere visto il viso di Miguel l’aveva mandato in tilt.
Miguel lo osservò emozionato.
-Grazie. Io non lo dimenticherò mai.- Poi Miguel fece un gesto che lasciò senza fiato lo Squalo d’America. Il ragazzo portò le mani di Joe alle labbra e le baciò sul dorso. Fu una bomba piovuta all’improvviso dal cielo. Le labbra di Miguel erano soffici e umide, e rimasero solo un secondo sulla sua pelle. Questo bastò per mandarlo nel marasma. Un ragazzino di diciotto anni che sommergeva come un maremoto uno come lui.
-Io… io ripeto, lo avrei fatto per chiunque.- Joe abbassò un po’ lo sguardo. Si sentiva disorientato ed era la prima volta che gli succedeva. Ma era pur sempre lo Squalo.
-Grazie Joe.- Si fissarono intensamente per qualche secondo.
Joe sorrise smarrito, senza poter dire nulla ritirò gentilmente la mano. Frastornato si alzò e andò a prendere il telefonino, forse sentire Thomas l’avrebbe rimesso in carreggiata.
Miguel notò il cambio d’umore, forse aveva fatto una cosa sbagliata. Ma lui era fatto così. Anche in istituto, se sentiva di fare una tenerezza o una carezza innocente a qualche caro amico, lui la faceva e basta. Solo Portes aveva reagito diversamente degli altri. Più intensamente.
Ma lui di relazioni sociali ne sapeva poco, si faceva guidare solo dal suo cuore e dal suo istinto. E quando aveva sentito la voglia di baciare la mano del suo salvatore, si era fatto guidare solo da un forte sentimento di riconoscenza… ma anche da un qualcosa, a cui non sapeva dare un nome.
Joe prese il cellulare e lo fissò. Poi chiuse gli occhi e cercò di controllarsi, non aveva nessuna voglia di sentire Thomas. Ma invece aveva una gran voglia di correre in cucina, prendere Miguel e farlo suo, subito. Quel ragazzo era come droga, per lui. E non si sentì in imbarazzo o in colpa per quel pensiero. Era come se il giovane brasiliano in qualche modo gli appartenesse. Era assurdo, ma era così. L’avvocato cercò di respirare regolarmente e si decise ad aprire il telefono.