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“Biglietto di andata e ritorno” di Salvatore Paci – Capitolo 14

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Biglietto di andata e ritorno

un thriller di Salvatore Paci

Capitolo 14

Chiesi a Roberta di riposarci gli occhi. Accettò e spense la sua torcia. Io feci altrettanto con la mia. Sprofondammo nella magica oscurità della cripta. Nella mia mente cercavo di ricostruire le figure appena viste. Vedevo Gesù crocifisso, Pilato lavarsi le mani, i soldati con le loro lance.

Poi, all’improvviso, scomparvero queste immagini e si materializzarono quelle dei nonni di Roberta, di sua madre, di Francesca. Pensai che, se avessimo tardato ancora qualche ora, avrebbero cominciato a preoccuparsi per la nostra assenza.

Mi chiesi che ore potessero essere. Accesi il cellulare e, prima di guardare l’ora, attesi qualche secondo ancora, con la remota speranza di ottenere un minimo segnale di copertura di rete. Niente di niente. Guardai l’ora: le 17:25.

Il Monte” pensai.

Sì, il Monte Golgota.

«Amore…», dissi cercando con la mano la mia ragazza. «In una delle tre cadute c’è, sullo sfondo, il Monte Golgota. Quella è sicuramente la terza delle tre cadute.»

«È vero. Rimettiamoci al lavoro.»

Battezzammo quel libro con il numero nove.

Eravamo giunti a quota meno sei.

Rimanevano da ordinare dal terzo all’ottavo libro.

Sulla base delle indicazioni che avevamo decidemmo di andare a tentativi. Avremmo segnato nel block notes la sequenza che, volta per volta, avremmo applicato. Il primo libro e il secondo erano certi. Dopo di questi cominciava la serie degli sei libri dei quali non conoscevamo l’ordine. Dal nono al quattordicesimo erano sicuri.

Dopo circa due ore di tentativi, e dopo aver sostituito le batterie di entrambe le torce, realizzammo la sequenza corretta. Uno scatto proveniente dalle nostre spalle premiò il nostro impegno.

Ci abbracciammo per la contentezza e ricaricati di nuova speranza ci spostammo nell’abside. Notammo che la porta di pietra si era spostata indietro. Roberta stava per spingerla quando la fermai.

«Cosa c’è?» mi chiese stupita.

«Ho un presentimento. Che oltrepassando quella porta rimarremo chiusi in un’altra stanza.»

«Allora possiamo fare così: io entro e tu rimani qui. Se si dovesse chiudere la porta non dovrai fare altro che riaprirla.»

«E se il meccanismo funzionasse una sola volta al giorno? E poi, intrappolati in questa o in un’altra stanza, che differenza farebbe? Entriamo tutt’e due.»

Spingemmo la porta ed entrammo. Una zaffata di aria umida ci scombinò i capelli. Quella nella quale ci ritrovammo non era una stanza ma un cunicolo roccioso.

Poco oltre l’ingresso dipartiva verso il basso una galleria che ci costringeva a procedere con la testa abbassata. Alla sua fine, dopo una breve strettoia, riuscimmo ad accedere a una saletta dove potemmo metterci comodamente in piedi. Illuminammo quell’ambiente con le nostre torce e la prima cosa che notammo fu la presenza di banchi di argilla. Nel soffitto c’erano delle nicchie cupoliformi e grandi marmitte sui fianchi. Tutti segnali che facevano supporre secoli e secoli di erosione dovuta al passaggio dell’acqua. Roberta concentrò le sue attenzioni verso la parte alta di quella saletta. Sapevo cosa stava cercando ma glielo domandai ugualmente.

«Cosa stai cercando?»

«È evidente che questo posto è stato attraversato, almeno nel passato, da molta acqua. Se guardi bene è tutto umido, quasi bagnato. Qui, a mio avviso, nei mesi invernali, scorrono fiumi d’acqua. Ci dovrebbe essere un’apertura in alto. Se la individuassimo avremmo trovato l’uscita.»

«È vero ma non vedo nessun cunicolo sopra di noi. Vedo solo piccole fessure. Può darsi che, con il passare degli anni, i detriti trasportati dall’acqua abbiano a poco a poco ostruito il passaggio.»

«Purtroppo credo che tu abbia ragione», disse Roberta con un filo di voce.

«Non ci resta che esplorare questi cunicoli che vanno verso il basso oppure tornare nella cripta e provare a tornare indietro.»

Un rumore fermo per un secondo il mio cuore. Pregai Roberta di aspettarmi un momento e risalii il cunicolo che pochi istanti prima avevamo percorso in discesa. La porta si era chiusa. Non ci fu bisogno di spiegarle cosa era successo. Non appena misi nuovamente piede nella saletta lei lo lesse nei miei occhi, dopo averli centrati con la sua torcia elettrica.

Cercai di non trasmetterle la mia apprensione e ripresi a frugare la grotta illuminandola in ogni angolo. Da quella saletta partivano cinque cunicoli che procedevano verso il basso. L’area centrale nella quale ci trovavamo era molto grande. Stimai potesse essere simile a un cerchio di trenta metri di diametro.

Ma c’era qualcosa che…

Circa venti metri avanti si intravedeva un grande masso sul quale stava un oggetto che mi ricordava qualcosa di familiare. Mentre stavo per raggiungere il masso sentimmo gracchiare il walkie-talkie. Mi sembrò un miracolo.

«Ragazzi ci siete? Passo.»

Era la voce di Gheppio Junior.

«Ragazzi ci siete? Passo» sentimmo per la seconda volta.

«Rispondi! Rispondigli subito, prima che si allontani da dove si trova», le gridai.

«Giuseppe, siamo in una grotta. Tu dove ti trovi? Passo.»

«Sono in una specie di chiesa sotterranea. Credo di essere in trappola. Passo.»

«Non scoraggiarti! Dieci minuti fa eravamo lì dove sei tu adesso. Ti dirò come raggiungerci. Passo.»

«Perfetto. Resto in attesa di indicazioni. Passo.»

«Nella cripta ci dovrebbero essere due scaffali con dei libri. Li vedi? Passo.»

«Sì, li vedo. Passo»

«Roberta, ho trovato qualcosa», quasi urlai. «Credo che sia la valigetta di Gheppio.»

«Benissimo! Lo comunico a Giuseppe.»

Prese fiato e azionò nuovamente la ricetrasmittente.

«Giuseppe, forse abbiamo trovato la valigetta di tuo padre. Passo.»

«Wow! Non vedo l’ora di raggiungervi. Passo.»

«Roberta, chiedigli il numero che componeva per aprire la cassaforte che suo padre gli aveva regalato come giocattolo quando era piccolo.»

«Credi che sia il momento giusto per chiederglielo?»

«Chiediglielo subito!» le urlai.

«Ma che ti prende? Ok, ok. Glielo chiedo subito.»

«Attendo istruzioni. Passo.»

«Giuseppe, ricordi la combinazione della cassaforte che tuo padre ti regalò quand’eri piccolo? Passo.»

«In questo momento sono confuso e non ricordo niente. Indicami come entrare e poi ne riparliamo. Passo.»

«Ok! Guarda gli scaffali. Ci sono molti libri ma se guardi attentamente ce ne sono alcuni che hanno un’immagine nel dorso. Li vedi? Passo.»

«Aspetta che ci vado. Ah, ecco, sì, li vedo. Sono finti. Sono di legno e sporgono dagli scaffali. Passo.»

«Roberta, spegni il walkie-talkie!»

«Alcuni di essi rappresentano le quattordici stazioni della Via Crucis. Passo!»

«Porca miseria, ascoltami! Passami la ricetrasmittente!» le ordinai.

«Ma perché sei così irascibile? Cosa ti è successo?» mi chiese allarmata.

«Continua! Attendo istruzioni. Passo.»

«Passami quel dannato apparecchio!» le urlai nuovamente.

Me lo porse. Schiacciai con nervosismo il tasto per parlare con Giuseppe.

«Giuseppe, devi ricordarti quel numero. Non puoi averlo dimenticato. Mi serve conoscerlo adesso. Subito. Passo.»

«Se non lo ricordo che colpa ne ho? Passo.»

«Devi ricordarlo. Era il tuo numero portafortuna. Regalasti a mia cugina Rosaria, che a quei tempi era la tua fidanzata, una collana che nel pendente aveva inciso proprio quel numero. Come fai a non ricordarti? Almeno, ti ricordi di Rosaria? Passo.»

«Cazzo! Certo che mi ricordo. Passo.»

«Non sapevo avessi una cugina!» esclamò Roberta.

«Sst!»

Avevo un’altra domanda da porre a Giuseppe. Schiacciai il tasto laterale e parlai.

«Ti ricordi l’episodio quella collana con il numero inciso? Passo.»

«Certo che mi ricordo! Passo.»

Aprii la ricetrasmittente da dietro e tolsi le batterie.

«Ma cosa fai?»

«Non è Giuseppe Castrogiovanni.»

***

Ogni volta che ricordo quel momento mi torna in mente il volto della mia ragazza. Mi era capitato già in precedenza di stupirla con una frase o con un gesto ma quella volta fu come se l’avesse travolta un treno in piena corsa. Quando il fascio di luce proiettato dalla mia lampadina tascabile si posò sui suoi occhi, questi ultimi si abbassarono e poi si chiusero. Si trattava di una ricerca disperata di concentrazione. Per capire, per elaborare ogni immagine e parola di quel giorno.

Le diedi le spalle per rivolgere la mia attenzione alla valigetta ma la mia ragazza mi strattonò obbligandomi a voltarmi verso lei.

«Spiegami tutto!» mi ordinò.

«Non c’è niente da spiegare: guarda tu stessa», le dissi indicandole la valigetta. «Ma non toccare nulla!» aggiunsi.

Si avvicinò al masso e lesse ciò che avevo letto un minuto prima.

Sulla valigetta c’era il foglietto di carta che avevo estratto da una busta.

Carissimo figliuolo, da questo momento hai a disposizione dieci minuti per aprire questa valigetta. Se stai leggendo questa lettera hai già azionato un timer. Ho collegato alla busta un sottilissimo filo di nylon che, al minimo movimento, fa partire il conto alla rovescia. Tra dieci minuti, se questa valigetta non verrà aperta correttamente, salterà in aria insieme al suo prezioso contenuto.

Se sei qui è perché Padre Arcangelo ti ha fatto avere le mie lettere e, quindi, mi è successo qualcosa. Se tutto fosse andato secondo i miei piani questa valigetta l’avrei già tolta da qui e depositata nel caveau di una banca. Qui dentro c’è tutto quello che è rimasto delle mie vincite al lotto. Questa valigia, come avrai certamente notato, si apre soltanto inserendo una combinazione. Si tratta delle quattro cifre con le quali aprivi la cassaforte che ti regalai da bambino. Dovresti ricordarle. Sono state per anni il tuo portafortuna.

Inserisci subito la combinazione. Se non fai in tempo, è finita anche per te. Sono stato costretto a diffidare da colui che si trova, in questo momento qui davanti. Non vorrei che qui, invece che Giuseppe ci fosse Vincenzo, il tuo fratellastro. Voleva che gli consegnassi tutti i soldi. Ci ha provato in tutti i modi. Anche minacciandomi di morte. Farebbe di tutto per questo denaro. Stagli alla larga e, se ti dovesse capitare di incontrarlo, non dirgli mai che sei arrivato in questa grotta, davanti al tesoro che si nasconde all’interno di questa valigetta. Se tu dovessi essere Vincenzo… non solo non riuscirai a mettere le mani su questo tesoro ma morirai sepolto dalle macerie tra pochi minuti…

PS: non provare a spostare la valigetta prima di aver sbloccato la sua apertura. Il congegno esplosivo si attiverebbe immediatamente.

Dentro, oltre al denaro, troverai anche le istruzioni per uscire da questi sotterranei.

«Ma non capisco ancora perché hai interrotto la comunicazione con Giuseppe!» esclamò.

«Non l’hai ancora capito? Eppure te l’ho detto: non è lui.»

«Ho riconosciuto la sua voce. È lui!»

«Fidati di me! Mi ha confermato di ricordare mia cugina Rosaria con la quale era fidanzato.»

«E cosa c’è di strano?»

«Che non ho avuto nessuna cugina di nome Rosaria.»

«Aiutami a capire! Stai dicendo che il Giuseppe con il quale abbiamo appena parlato è una persona diversa rispetto al Giuseppe con il quale abbiamo iniziato questa avventura?»

«No, Roberta. In realtà, quello che credevo essere Giuseppe era in effetti Vincenzo. Mi prenderei a schiaffi. Pensa che quando sono salito a casa sua, qualche giorno fa, ho notato alcuni particolari che mi avevano incuriosito. Mi era sembrato invecchiato velocemente. Troppo velocemente.»

«Gheppio fa riferimento a un fratellastro di Giuseppe ma, a quanto pare, si somigliano come due gocce d’acqua.»

«Castrogiovanni mi raccontava di certe sue avventure. Diciamo che gli piaceva vantarsi di relazioni extra coniugali. Evidentemente ne ha avuta una dalla quale è nato un figlio identico a Giuseppe. Anzi, a quanto pare, prima è nato Vincenzo e poi Giuseppe. In effetti, la primogenita, sorella di Giuseppe, aveva un volto che…»

«Che volto aveva?»

«Sembrava la fotocopia di suo padre in versione femminile. Ci sono uomini che riescono a trasmettere quasi interamente i loro geni ai figli.»

«E adesso che facciamo? Lo so che da quando abbiamo cominciato questa passeggiata sotterranea te lo chiesto diverse volte ma che vuoi farci? Devi portare pazienza!»

«Cosa sa Vincenzo dei libri della cripta?»

«L’ultima informazione che gli ho fornito riguardava il dorso dei quattordici libri. Mi pare che gli abbia detto che si trattava delle stazioni della Via Crucis.»

«Sì, porca miseria, mi pare proprio che tu glielo abbia detto. Secondo me entro una o due ore riuscirà a scoprire la sequenza e a raggiungerci.»

«E intanto noi moriremo qui. Gheppio aveva considerato due sole opzioni. Giuseppe o Vincenzo. Non ha immaginato che al loro posto ci potesse essere qualcun altro.»

«Già! Ma noi non moriremo qui dentro.»

«Allora proviamo ad allontanarci scendendo da uno di questi cinque cunicoli», propose la mia ragazza. «Ci basterà allontanarci di un centinaio di metri per non subire gli effetti dell’esplosione.»

«Amore, se questa valigetta dovesse esplodere, la saletta crollerà e, verosimilmente, i detriti andranno verso il basso, attraversando i cunicoli, compreso il nostro.»

«E allora cosa conti di fare?»

«Aprirla.»

«Ma non conosci la combinazione!»

«Potrei provare. Ho un’idea.»

«Non so quanti minuti siano già passati ed è quasi impossibile andare a tentativi in un tempo così breve.»

«Senti Roberta, non abbiamo alternative e poi… in queste ultime ore ho avuto la conferma che molte delle cose che diceva Gheppio Senior, e alle quali non ho creduto nel passato, erano in realtà vere. Adesso, se ben ricordo il suo modo di ragionare, credo di sapere qual è la combinazione esatta. Inoltre, ti prometto che se non la individuo nei prossimi tre minuti, proveremo a fuggire per uno dei cunicoli.»

La mia donna provò a convincermi di scappare immediatamente ma io ero più che mai deciso a tentare. Arrivò a dirmi che ero un pazzo, un incosciente. Che se fossimo riusciti a tornare in superficie mi avrebbe lasciato, poiché non era nelle sue intenzioni dividere la sua vita con un matto. Le dissi di andare da sola. Nella concitazione di quel momento, le luci delle nostre torce si rincorrevano tra le pareti della saletta.

Le dissi che mi stavo accingendo a compiere il mio tentativo, per cui, se la sua intenzione era di andarsene avrebbe dovuto farlo subito.

Mi cinse con le sue braccia attorno alla vita e non si mosse più.

[Continua…]


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