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Marina Castiglione su Rosso di San Secondo: “Due tombe scomparse e una proposta”

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Spigolando tra diversi testi che riguardano lo scrittore nisseno Piermaria Rosso di San Secondo si trovano due elementi che forse non sono mai stati debitamente approfonditi né in merito ad una ricostruzione di micro-storia cittadina, né relativamente alla biografia autoriale.

Il giornalista Orio Vergani, in una dichiarazione rivelatrice, affermava che «Rosso non parlava mai di chi aveva lasciato nella casa paterna di Caltanissetta e nel cimitero del paese…s’era salvato dal contagio di quelle allucinazioni a patto di fuggire da quella casa». Un altro passaggio è nel libro Cronache & graffiti di Walter Guttadauria. Lì è lo stesso Rosso che, nel fare il resoconto della sua ultima visita a Caltanissetta avvenuta nel 1954, afferma di aver rivissuto molti ricordi «rivedendo la vecchia scuola e la casa dove morì mio padre, che è seppellito con mia madre al cimitero degli Angeli, da dove si può contemplare la campagna.» Nel resoconto non si fa riferimento ad una visita alle tombe dei genitori, ma la testimonianza diretta della loro sepoltura a Caltanissetta è innegabile.

Come è noto, per sua volontà, lo scrittore oggi riposa insieme alla moglie Inge Redlich in un sarcofago di granito rosso proprio in quello stesso cimitero. Se la famiglia fosse stata proprietaria di una cappella, dobbiamo supporre che avrebbe desiderato giacervi insieme ai familiari. Ma di una cappella dobbiamo escludere l’esistenza. A dircelo sono i registri dell’archivio cimiteriale consultati grazie alla disponibilità degli impiegati comunali, Angela Josè Giordano e Sandro Saporito.

La madre di Rosso, Emilia Genova Sena  – di Gabriele e Luisa Sena- , morì a 52 anni, il 9 febbraio 1913; il padre Francesco, invece, morì a 59 anni il 21 dicembre 1913 (per i dati anagrafici va un ringraziamento alla ricerca eseguita presso l’Ufficio anagrafe dal signor Ignazio Lombardo).

Entrambi risultano seppelliti in “sepolture particolari”, la prima con numero d’ordine 100 e il secondo 824. Essendo scomparso il volume topografico di quegli anni, è impossibile risalire alla loro esatta ubicazione. A detta del geom. Vito Di Palma, responsabile del cimitero per quasi due decenni, non si trattava di tombe a terra, generalmente individuate come “sepolture comunali”, ma quasi certamente di loculi di buona fattura, probabilmente tra quelli ricavati nello stesso perimetro delle mura cimiteriali e oggi in parte diruti o svuotati. Sono state effettuati alcuni sopralluoghi sia con lo stesso geometra che con l’architetto Giuseppe Saggio, studioso e profondo conoscitore della parte antica del cimitero monumentale: molte le tombe di quel periodo la cui lapide risulta illeggibile o del tutto mancante. In ogni caso, si tratta di due tombe che dovettero essere precocemente abbandonate all’incuria. Di certo non le accudiva Piermaria, né avrebbe potuto farlo il fratello Gabriele, ufficiale dei bersaglieri morto suicida, o la sorella Jole, sposata Bonanno, affetta da disturbi nervosi e anch’essa morta in giovane età, né il fratello Ugone, trasferitosi a Napoli.

Ci chiediamo: Rosso mancò persino in quel luttuoso 1913, al momento delle esequie dei genitori? Perché anche nel 1954 non visitò le tombe dei suoi? Quali “allucinazioni” regnavano in quella casa tali da farlo scappare e mai più tornare?

Per noi che studiamo la storia cittadina e amiamo vederne il riflesso nelle opere degli illustri protagonisti, quelle tombe misteriose rivestono un valore anche nella loro assenza.

Nella ricostruzione delle vicende letterarie, la biografia ha sempre una funzione illuminante. Vale per Giacomo Leopardi, come vale per Vittorio Alfieri, per Pier Paolo Pasolini o per Elsa Morante e per qualunque scrittore che sublimi attraverso una pagina scritta la narrazione di una vicenda. Da questi elementi legati ad un precoce e radicale taglio con la città natale e con la famiglia – ricucito soltanto in età matura –  e da altri che possono affiorare presso l’Archivio di Stato di Caltanissetta e che riguardano un arruolamento volontario respinto per cause di salute, crediamo che occorrerà rileggere l’opera di Rosso per trovare il bandolo di quel “nero mantello di melanconia” e di quelle “dolenti ansie” (parole sempre di Vergani) che lo spinsero sempre più a Nord e sempre più lontano da un cimitero in cui volle, comunque, riposare per sempre, risolvendo la perenne tensione Nord-Sud in un ancestrale richiamo poetico alla dimensione intimo-biografica.

Mentre i critici svolgeranno il loro lavoro, la città, comunque, potrebbe riunire questa famiglia dolorante accostando nei pressi della tomba del figlio illustre una targa in memoria dei genitori le cui ossa giacciono dimenticate da qualche parte dentro le stesse mura.

Ad esempio, il Parco Letterario Rosso di San Secondo di neo-istituzione insieme ad altri soggetti egualmente interessati potrebbe farsi garante e promotore di questo ricongiungimento simbolico che apporta nuovi elementi di conoscenza alla biografia del drammaturgo e romanziere nisseno.

Marina Castiglione

Professore di Linguistica italiana – Università degli Studi di Palermo

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