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L’Epopea del colore sonante di Michelangelo Lacagnina

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a cura di Antonella Ballacchino

L’incontro umano/artistico con Michelangelo Lacagnina è stato un viaggio tra passi pastellati e il lucore dei ricordi.

In un pomeriggio tiepido di maggio mi sono ritrovata dentro una dimensione molto particolare, lo studio dell’ artista nisseno in realtà è un racconto epico. Dentro l’affascinante disordine del pittore, dentro il lucido Caos si ricompone il filo conduttore del racconto, di un’epopea sonora, di un’opera unica e mai compiuta perché in evoluzione costante dentro la sua mente. Ha inizio dentro quelle stanze e si raggomitola dentro il pensiero.

Lui, Michelangelo, ne è il cantastorie con gli occhi sorridenti e luminosi di visioni. Il TIRESIA di una modernità vestita di passato.

Entrare nel suo mondo, interiore prima ed estetico poi, spalanca orizzonti di verità e di umanità che inevitabilmente avvolgono un artista creandone l’aura alchemica che rapisce il fruitore. 

Così ci si sente trasportati nella vertigine sonora delle cromìe esaltanti che quasi insistono sulle rètine e si impongono nella memoria.

Michelangelo è seduto di fronte a me e parliamo del resto mentre tutti i suoi colori, affiancati a caso, osservano, con gli occhi grandi e i mezzi visi in ombra o in giocoso scomponimento dimensionale. Le sue opere ascoltano il dialogo, attente, e cantano, come già scritto sapientemente da Aurelia Speziale, ed io questa musica l’ho sentita potentemente come una grande orchestra, ogni colore era un suono, uno strumento, una frequenza, una diversa intensità vibrante in concerto sinestetico.

Numerosi i riconoscimenti, dal sociale con una tra le onorificenze più alte quale il premio Melvin Jones lionistico, alle numerose collettive e personali nazionali e internazionale, oltre alle preziose collaborazioni con Dolce e Gabbana nella creazione di pezzi unici di design, i frigoriferi d’arte Smeg, e nell’ambito della moda con la creazione di abbigliamento e accessori limited edition oltre alle numerose copertine per diverse case editrici, poeti, scrittori e testimonial artistico in congressi medici.

Il curriculum di Michelangelo è senza dubbio attraente ma la sua umiltà e raggiungibilità sincera spiazza ed emoziona.

Preferisco incontrare l’uomo che esiste dentro un artista per capire e donare agli altri il percorso che guida il pensiero all’azione che poi diviene opera universalmente riconosciuta. Ed è accaduto. 

Michelangelo è trasparente, cristallino, diretto come le sue opere, con le loro bidimensioni, il loro essere visibili sull’intera superficie, senza sfumature, senza effetti speciali, le sue forme sono tangibili pur non essendo materiche, sono forme dritte, rigide nel tratto e al tempo stesso dinamiche nei contenuti, sono scene mitologiche, sicule, quotidiane, di sentimento, di passioni, di tradizioni raffinate e mai troppo folcloristiche. 

La figura umana svetta nei contesti paesaggistici e i profili greci risuonano tradizioni e contaminazioni storiche, dall’uomo e dalla donna di carta all’età dei Mori, ci si sente in compagnia di una umanità familiare, i personaggi diventano persone spesso specchi degli amori della vita, i visi appaiono come ritratti inconsapevoli della moglie Marina, di sua figlia, di sua sorella e forse per questo sviluppa una sorta di senso di possesso nei confronti di una sua creatura, al punto da soffrirne nella separazione di una vendita o di un viaggio espositivo.

Emerge prepotentemente la gestualità, tipica del mondo siciliano, e le mani grandi di donna spesso sono invece le stesse mani dell’artista e penetra nello sguardo dell’osservatore la commistione di fatti, generi, antefatti, lotte e dolcissimi abbracci. Le donne rappresentate sono forti, Frida un esempio tra tutte, ma al tempo stesso fragili, eleganti, setose e aggraziate nei loro sguardi enormi e fissi.

Interessante la separazione spesso marcata in emisomi dei volti, quasi a insistere sulla natura bivalente dell’uomo, con i suoi lati aperti e i suoi lati ermetici, l’ambivalenza necessaria dell’essere umano con i suoi vizi e le virtù. Sono metameri intuitivi, quasi anatomici, che sdoppiano le visioni e ne fanno assumere significati espressivi differenti e originalissimi. 

Poi vi sono i profili che contengono occhi quasi frontali che se affiancati l’un l’altro e poco sovrapposti riescono a raggiungere un viso pieno, frontale, perfetto, come nello “Sposicchiu” o accostando i due profili de “La Terza Forza” e “Polpo Vivo”, provate…il risultato è trasformazione e inconscia scoperta di unicità e coesione verso cui l’uomo tende senza pensarci troppo.

Costante, presente e mai ingombrante è la figura maschile, l’uomo, un po’ amico, a volte fratello o compagno di duelli, accennati o frenati da una intrinseca voglia di riappacificazione, marito o lavoratore tra i mestieri legati alla natura, il Pescatore spesso ricorrente, o modello di integrità intellettuale e morale in Asclepio.

L’ispirazione morbida di Marina, Musa e Moglie, diviene fortemente evocativa sia nella scelta dei temi che nella ricerca del linguaggio che scava e sedimenta tra corruzioni semantiche e sfere di significati facenti parte del mondo dell’archeologia, inevitabilmente e, aggiungerei, magicamente.

Michelangelo subisce il fascino, fin da giovanissimo, di Emilio Greco con i suoi inchiostri di china e ammirare i primi lavori, degli anni 80, ricchi di ombre e di contrasti apparentemente poco racconterebbe dell’artista, eppure il passaggio dal bianco al nero al tripudio arcobaleno, stimolato poi da Guttuso, rappresenta un salto tra una fase e l’altra mantenendo una strada unica seppur slivellata. 

La vita del resto è un insieme di fasi e forse tutti quanti nasciamo in bianco e nero. 

I colori si imparano con l’esperienza.

I giudici più sinceri ma severi della sua Arte sono stati i genitori, perle di forza e d’amore, persi prematuramente e in un tempo vicinissimo, quasi sovrapposto per l’intensità del dolore. Michelangelo si abbandona ad un attimo di commozione e gli occhi schietti e brillanti sono adesso velati di un luccichio di memorie ed è silenzio, un silenzio eloquente che racconta il foro imbutiforme dal 2004 al 2006, tempo di riflessione ed elaborazione della perdita. I colori dovevano aspettare, un tempo dovuto, un tempo di commemorazione, un tempo di attesa per poi riemergere dal 2007 ad oggi in un’esplosione di bellezza e di ipnotiche tinte d’azzurro. 

Il ricordo dei genitori adesso è Arte. La sua. Può ascoltare le loro voci, i disappunti o le approvazioni, può veicolare il dolore nelle forme vivaci di un dipinto facendo “suonare” ogni scena ed ogni vita da ormai venti anni.

L’opera artistica di Michelangelo Lacagnina è un’Epopea del colore sonante dentro la quale si può scoprire una tridimensione emotiva che porta lo sguardo attraverso l’apparente linearità fino ad un ologramma esistenziale che si può toccare.

 

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