Emilio Greco: la figura umana oltre ogni tempo
Giungendo ad Orvieto non passa inosservata la porta titanica della cattedrale. Potente, grida un urlo univoco: Emilio Greco. Accarezzarla turba e possiede, percorrendo con le dita gli spessori e gli anfratti, sembra quasi di accarezzarne le ombre e le luci.
Tracotante la visita al suo museo, imponente, pieno, vertiginoso. Passeggiando tra i percorsi il respiro si ferma ed il languore assale ogni percezione. La scultura richiama il silenzio, la presenza.
La Donna è musa ispiratrice, continuamente scomposta e analizzata nelle sue potenzialità espressive, il rigore femminile si affianca ad una narrazione e tecnica raffinata in un consapevole dominio della materia. “Predilige i nudi femminili pieni e sinuosi, tondeggianti, volumetrici, torniti da una luce che ne pone in risalto i contrapposti della posa, ne evidenzia le ombre ed esalta le modulazioni luministiche. Il gioco chiaroscurale e la sintesi dei volumi anatomici sono caratteristici della sua opera nell’alternanza di lisce superfici riflettenti luce ed altre scabre che invece l’assorbono”. Greco rende la figura implosiva, raggomitolata in sé, accoccolata in un abbraccio con l’alter ego che cela un mondo di fusioni di corpo nel corpo, introversa, torta e posta, in alcuni tratti, su un medesimo piano, invita all’ ammirazione, alla scoperta, alla contemplazione, in quella morbidissima intimità che strugge e accarezza. Le sue bagnanti, spirali di carne in torsioni estreme e originalissime, sembrano volgere lo sguardo dietro di sé per poi ritornare in uno sguardo introspettivo a palpebre socchiuse. Si percepisce il desiderio di penetrare dentro quegli scrigni epidermici, alla ricerca di quella interiorità che ciascuno riconosce come propria e la visione si fa interpretazione, proiezione esperienziale, verità personale e allo stesso tempo universale.
E i disegni, superbo tratteggio qualificante la globalità dell’immagine viene riassunto dallo stesso artista per il quale l’arte “nasce da un moto sincero dell’anima, come acqua limpida da una sorgente che non può essere inquinata“. Si può percepire al primo sguardo la sicurezza del gesto, veloce, incisivo, si può ascoltare l’armonioso suono dell’inchiostro e delle mani, dal nero resuscita la luce, le forme, gli amori narrati, orgasmici, pieni di possessiva emotività, eccitano e sussurrano al cuore la bellezza del soma, contrastante e tridimensionale.
La materia sopravvive alle stagioni fugaci rimanendo impressa nel bronzo antropomorfo e sulla carta, eterno letto d’immagine e d’eternità .
Nato a Catania l’11 ottobre 1913 e morto a Roma 1995. Fu titolare della cattedra di Scultura nell’Accademia di Belle Arti a Roma ed insegnò a Monaco e Salisburgo. Artista figurativo, Greco si affermò grazie al gran premio alla Biennale di Venezia del 1956 che, già in vita, lo rese celebre e permise l’acquisizione delle sue opere da parte dei più prestigiosi musei di tutto il mondo: Londra, Pietroburgo, Musei americani, Vaticani fino alle Gallerie d’Arte Moderna di Roma, Venezia, Milano e Firenze.
La sua fu una visione di derivazione classica e rinascimentale, si occupò di scultura, stampe, incisioni ma fu anche scrittore e poeta.
Ph Noemi Ballacchino, Orvieto
Immagini disegni, web