Scienza e salute. Dopo la “guarigione” dal COVID-19, il nostro cervello resta in pericolo
Riguardo al coronavirus ci si concentra su chi guarisce e chi no, sulla terapia intensiva e la respirazione assistita. Ma le ripercussioni non finiscono qui
Del Covid-19 sappiamo soprattutto che determina crisi respiratorie, fino a rendere, talvolta, necessario il ricovero in terapia intensiva. Meno nota la circostanza che anche altri organi possano essere colpiti.
Un numero crescente di ricerche evidenzia i sintomi neurologici nei pazienti ricoverati per Covid-19; tra le complicazioni emergono disturbi dell’attenzione, della concentrazione e della memoria, nonché possibili disfunzioni dei nervi periferici delle dita, delle braccia e delle gambe. Complicanze neurologiche quali formicolii, perdita di sensibilità, disturbi dell’equilibrio e della coordinazione, sono stati riscontrati, raramente, da pazienti guariti dalla SARS o dalla MERS, le altre due gravi infezioni da coronavirus.
Diversi studi hanno mostrato che, a quattro anni di distanza dalla contrazione della Sars, il 40% di chi aveva vissuto manifestazioni gravi presentava ancora disturbi neuropsichiatrici e, per lungo tempo, manifestava disturbi di memoria, di depressione ed ossessioni. Inizialmente, questi sintomi venivano collegati allo stress psicologico determinato dall’epidemia, attualmente, invece, si ritiene che tempesta infiammatoria provocata dal virus colpisca anche il cervello.
Sempre più spesso, i sopravvissuti di Covid-19 affermano che la presenza di questi sintomi cognitivi stiano compromettendo la loro capacità di lavorare e di svolgere le funzioni quotidiane. Il coronavirus può aumentare il rischio di perdita della memoria, benché la causa sia ancora da chiarire, in parte perché i sintomi variano ampiamente da un soggetto all’altro, in parte, perché molte persone vengono colpite solo leggermente dalla malattia.
Le teorie sui cambiamenti nella funzione neuronale nelle regioni cerebrali legate alla memoria e ai disturbi della memoria sono diverse, ma la principale è aver innescato una riposta immunitaria sproporzionata e persistente che non cessa nemmeno quando la persona risulta negativa al coronavirus. Sembra che le molecole infiammatorie, rilasciate in risposte immunitarie efficaci, possano costituire una sorta di tossina, in particolare, per il cervello.
Altre possibili cause possono essere rinvenute nelle reazioni autoimmuni nel caso in cui gli anticorpi attacchino, erroneamente, le cellule nervose.
Finora, le scansioni MRI (Imaging a Risonanza Magnetica) non hanno indicato aree cerebrali danneggiate e i medici non sono ancora in grado di affermare se i sintomi miglioreranno o svaniranno con il tempo. Ad oggi, non esistono studi sistematici sul post Covid: i tempi sono ancora brevi per potersi esprimersi con la conseguenza che possiamo basarci solo su altre forme virali in cui i sintomi residui regrediscono spontaneamente. (di Antonio Giordano, Terra medica – https://www.lavocedinewyork.com/lifestyles/scienza-e-salute/2020/10/13/dopo-la-guarigione-dal-covid-19-il-nostro-cervello-resta-in-pericolo/?fbclid=IwAR1DYxz5L2eo7EaRR8XaPT_Gdqt9oEWrcLI1DR9q_P4fiwZv5vFUbODJruU)