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Perfect Sensuality. L’eroe americano – Capitolo ottavo

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New York

Thomas sentì Joe distratto e completamente assente.

Cercò di stare calmo e di non arrabbiarsi. Li separavano tanti chilometri.

Ma una volta arrivato a casa, il suo Squalo, doveva mettere le carte in tavola. Non era più il Joe che conosceva. Già prima di partire era strano, distante. Forse, quel trauma, quell’aggressione al ragazzo l’avevano ulteriormente disorientato? Cercò di dargli delle attenuanti. L’anima da avvocato prendeva sempre il sopravvento.

Ma Thomas con il telefono ancora stretto nelle mani pensò che Joe, di solito, non si smarriva mai. E nella sua vita privata e di coppia aveva sempre rischiato grosso, e si era fatto un casino di acerrimi nemici, ma, mai, aveva visto segni di cedimento o di confusione.

Che gli stava capitando?

Chiuse gli occhi avvilito. La linea era stata interrotta di colpo.

Si consolò solo per il fatto di essere riuscito a dare il numero di Richard.

Avrebbe voluto fargli tante domande e chiedergli dove fosse in quel momento e come stesse il ragazzo malmenato. Ma era stato impossibile. Joe era come se non riuscisse a concentrarsi. Poi, evidentemente si era scaricato il telefono.

Riprese in mano il cellulare e chiamò Joy e Kitty. Aveva bisogno di conforto. Solo con loro poteva aprirsi ed esporre le sue paure. Attese solo tre squilli.

La governante della villa passò il telefono alla padrona di casa.

Kitty, sentendo il suo umore, lo invitò subito a passare da loro per cenare insieme.

-Vieni da noi Thomas. Ti farà bene parlare con Joy.-

Thomas grato, accettò subito e si sentì già meglio.

******

Belo Horizonte

Casa di Pietra

Joe con il biglietto nelle mani, sembrava non sapere che pesci pigliare. Miguel vicino a lui lo osservava, non sapeva se offrirgli il suo aiuto o meno.

-Va tutto bene? Chi devi chiamare?- Si azzardò a chiedere il ragazzo.

Joe gli sorrise, quel bellissimo giovane non aveva nessuna colpa se un avvocato quasi cinquantenne stava sbarellando per lui.

-Probabilmente ho un appoggio all’ambasciata americana. Forse riesco a tornare a casa tutto intero.-

Miguel si morse il labbro. E pensò subito a quale fine, invece, avrebbe fatto lui.

Joe lo osservò, non era sicuro che fosse giusto portare Miguel in America. Strapparlo alla sua terra sarebbe stato sbagliato, per lui si doveva trovare una soluzione diversa. Sentì l’esigenza impellente di parlare con Pablo. Ma era senza telefono.

***

Pablo, da poco arrivato al comando di polizia, vide subito agitazione.

-Ehi… Semar, dov’eri finito? Il grande capo è furioso con te e i tuoi ritardi cronici.-

Fece un giovane collega di colore.

Pablo sorrise.

-Sono un cane sciolto Benj, dovresti saperlo. Il capo dovrà rassegnarsi prima o poi.-

I due si salutarono con una stretta di mano.

Pablo intravide nell’ufficio semiaperto del capitano un collega che stava ricevendo un incarico proprio in quel momento.

Si avvicinò.

-Mauro, devi andare all’ospedale pubblico, prendere le testimonianze… il solito procedimento insomma.-

L’agente lo fissò serio.

-Cosa è successo?-

Pablo ascoltava poco fuori la porta, in silenzio.

-Hanno dato fuoco all’archivio dell’ospedale, e hanno portato via le registrazioni degli ultimi due giorni. Pare si tratti di ignoti. Nessun movente apparente, anche se sospetto che si tratti di una semplice vendetta di un paziente o parente di qualche dipartito. Niente di che insomma. Passami ogni prova e ogni testimonianza, intesi?-

Disse il capo della polizia, il capitano Nino Brulejo.

-Certo come sempre capo.-

Pablo sentì l’ombra di Nesciville su tutta la faccenda. Stava facendo terra bruciata, nel vero senso della parola, attorno a loro. Era una brutta notizia. E quel corrotto gli reggeva il gioco.

La faccenda si complicava.

Senza cartella clinica e senza immagini di Miguel che entra al pronto soccorso, ridotto male, era un disastro per loro, una fortuna per il petroliere.

L’incaricato delle indagini uscì.

Nino notò l’agente Semar appena dietro la porta e lo guardò male. Senza nemmeno salutarlo fece segno di seguirlo.

Pablo fermò il collega prendendolo per un braccio.

-Ehi, vedo che ti ha messo sotto… appena finisci, prima di venire a fare rapporto, vorrei parlarti.-

-Ah sì? Poi mi dici perché. Comunque ok! Pablo, a dopo, mentre ci siamo, mangiamo insieme?-

-Sì, ottima idea. Ehi… sai cosa vuole Brulejo, da me?- Fece ridendo e osservando il suo capo, da lontano, passarsi un fazzoletto sulla fronte e infilarsi nel suo sporco e disordinato ufficio.

Mauro sollevò le sopracciglia.

-Solito motivo, no? E poi è arrivato incazzato nero più del solito, stamattina… mi dispiace, penso che ti farà barba e capelli stavolta.-

Pablo alzò le spalle in segno di menefreghismo e andò via.

Entrò e vide Nino Brulejo già seduto. L’uomo serio gli indicò di prendere posto.

-Bene… anzi, male. Oltre al solito ritardo, ieri, a un certo punto sei stato irreperibile. Avevo bisogno di te, ma tu non rispondevi!- Disse senza tanti preamboli.

Pablo non poteva dire della sua piccola gita alla casa di pietra.

-Mi scusi, ha ragione… non succederà più. Ho risolto una faccenda personale.-

L’uomo lo osservò serio e arrabbiato.

-Forte! Faccenda personale! Ma se sei solo come un cane! Ora vedi di non sparire più. Ok?-

Pablo non colse la provocazione, anzi sorrise, adorava provocarlo.

-I cani di solito camminano in branco… quelli corrotti almeno, ah scusi, volevo dire randagi.-

Nino serrò le mascelle e lo osservò a lungo.

-Devi andare a uno dei pozzi di petrolio della Nesciville Company, ci sono stati dei furti di materiale. Ora ti do le coordinate. Fa il pieno, è abbastanza isolato. Vacci subito, senza perdere tempo. Troverai un custode e il responsabile che ti porteranno al capannone che è stato scassinato.-

Brulejo lo fissò spavaldo.

Pablo serrò le mascelle. Il suo vaso era colmo.

-Chi porto con me?-

-Vai da solo, devi fare un semplice rapporto del furto… una cosa facile facile, dovresti arrivarci. Ho i ragazzi impegnati in altre mansioni più serie. –

Un’altra umiliazione e soprattutto un altro tiro mancino si stava preparando contro di lui. Sapeva che Brulejo era corrotto e sul libro paga di Homer da anni ormai, ma adesso la sfida era a cielo aperto. I giochi erano finiti.

-E ha pensato a me, giusto?-

Nino serrò le mascelle. Per colpa sua stava passando l’inferno con Nesciville, il petroliere sembrava un animale in gabbia.

-Piantala! Ti mando le coordinate sul palmare. Mettici cura nel rapporto, Semar.- Fece l’uomo sporgendosi.

Pablo si sporse a sua volta, ne aveva piene le tasche di fingere, e di tutta quella corruzione.

-Oh sì… io ci metterò tutta la “cura” di cui sono capace, stavolta. Non mi scappa. Qualcuno lo deve fermare. E non ho paura, capo.- Sottolineò la parola “capo” per farlo imbufalire.

Nino divenne furioso come previsto.

Batté i pugni sulla scrivania.

-Ok grande eroe… ora mi hai rotto le palle con il tuo sacrammo di merda. Vai subito, sei sotto la mia personale lente di ingrandimento, capito?-

Pablo scosse la testa, accennando un sorriso. Voleva proprio farlo diventare una bestia. Era assurdo che andasse alla sua esecuzione volontariamente. Avrebbero dovuto faticare per ucciderlo.

-Sa che le dico? Ho cambiato idea. Disobbedisco. Se lo ficchi nel culo l’incarico. Non mi faccio ammazzare da quel mostro. E vada al diavolo anche lei… e la sua maledetta corruzione.-

Pablo buttò sulla scrivania del capitano il distintivo e la pistola.

-Mi dimetto. E non provi a venirmi più davanti gli occhi. Ah… mi saluti Homer e gli dica da parte mia che il ragazzo che ha comprato carissimo… alla fine se la spasserà alla grande con l’avvocato… alla faccia sua! Che stavolta uno squalo bello incazzato se lo mangerà vivo.-

Nino, un po’ sorpreso, lo guardò come se avesse visto un alieno. Nessuno si comportava così davanti a lui. Nessuno sfidava Homer Nesciville in quel modo.

-Pablo, tu sei sicuramente impazzito, penso sia esaurimento da stress. Ok levati dalle palle, ti avrei sbattuto fuori prima o poi io stesso. Hai chiuso con la polizia, idiota… un consiglio però voglio dartelo, grande eroe… goditi l’aria che respirerai fuori di qui. Sai nella vita bisogna approfittare di ogni istante. Tutto può finire da un momento all’altro.-

Nino Brulejo non si aspettava di certo la reazione spropositata del detective.

Nesciville ovviamente lo voleva prendere per farsi dire dove diavolo erano nascosti l’avvocato e il ragazzo. E poi l’avrebbe ammazzato. Dati gli sviluppi, l’avrebbe fatto prendere lo stesso, in maniera più cruenta. L’americano e il biondino dovevano saltare fuori, Homer Nesciville non avrebbe avuto pace se non si fosse vendicato. La loro fuga, la pedata alle palle da parte dell’avvocato, in barba a lui e a tutto il suo strapotere, avevano fatto già il giro del Paese.

Pablo si avviò alla porta. Nino gli sorrise sicuro di sé.

-Si faccia l’esame di coscienza Brulejo. Fino a che punto vale aver dato l’anima al diavolo?-

-Fanatico! Hai perso la brocca. Allora è così che finisce la tua carriera? Con un cazzo di colpo di testa?-

-È perché lo voglio io. Sempre meglio che sotto le torture del tuo padrone, pezzo di merda!-

-Vaffanculo detective… ah, io credo che ti rivedrò presto. Morto.-

-Vedremo, bastardo venduto.-

Pablo gli sollevò il dito medio e uscì sbattendo la porta.

Nino Brulejo pochi secondi dopo, sollevò la cornetta del suo telefono. Restava solo da decidere, quale parole avrebbe usato alle esequie di Pablo Semar.

Pablo appena fuori la centrale di polizia entrò in macchina. Appoggiò la testa al volante. Rise istericamente.

Gli faceva male la testa. Nemmeno lui aveva calcolato quella sua reazione. Forse era davvero esaurito ma, stranamente, adesso, si sentiva meglio. Lavorare per quel corrotto lo stava distruggendo.

Si sollevò, si ricompose guardandosi allo specchietto. Mise in moto e andò in prossimità dell’ospedale. Vide con la coda dell’occhio che già lo seguivano. Ma lui sapeva come muoversi.

Posteggiò, rimase fermo qualche minuto. Poi telefonò al suo amico dell’ufficio passaporti.

Ma gli rispose un’altra persona, dicendogli che era in sostituzione del collega che stamattina era assente ingiustificato.

Pablo serrò gli occhi. Erano circondati. Senza perdersi di coraggio, entrò all’ospedale, aveva un’idea.

Ufficialmente, se avesse incontrato qualcuno, stava andando a salutare il collega Mauro Podar, ma in realtà entrò nella sala mortuaria.

Aspettò il momento opportuno e si infilò nel ripostiglio dove tenevano gli indumenti delle vittime che dovevano subire l’autopsia.

Con una piccola torcia selezionò il nome di Romeo Felipe.

Aprì la scatola di cartone che conteneva i vestiti. A loro volta erano dentro una busta di plastica. C’era scritto a chiare lettere “Indumenti già analizzati – da bruciare” . E la data era per domani. Sospirò, la pulizia continuava indiscriminatamente.

Mise il pacco tra la cintura e la camicia. La giacca sgualcita di lino avrebbe coperto il rigonfiamento.

Ripercorse al contrario il percorso che aveva fatto.

Uscì e vide, appena fuori la sala mortuaria, due uomini vestiti di scuro vicino alla sua macchina.

I due si guardarono attorno, ma puntavano l’entrata principale. Non potevano immaginare che lui fosse lì per rubare i vestiti di un morto.

Pablo si nascose dietro la parete di pietra.

Uno dei due, dopo un po’, si piegò sotto la sua auto dalla parte anteriore.

Gli stavano tagliando i freni, o stavano facendo qualcosa per avere la possibilità di prenderlo. Nel primo caso sarebbe andata così, pensò, quasi divertito… lui avrebbe preso l’auto e loro all’improvviso l’avrebbero tamponato. Lui avrebbe dovuto accelerare, e poi perdere il controllo della macchina. E finire come decine di colleghi che avevano osato alzare la voce e ribellarsi alla dittatura del petroliere. O nel secondo caso avrebbe avuto torture orribili, dagli uomini di Nesciville, per farsi dire dove erano il ragazzo e il suo eroe americano. Ma lui non sarebbe cascato nel primo tranello e nemmeno nel secondo.

Pablo scosse la testa. Forse lì a Belo Horizonte non c’era più posto nemmeno per lui. Ma non sarebbe scappato in America come l’avvocato e Miguel. Lui avrebbe visto la fine di Homer Nesciville, in diretta. E poi avrebbe deciso dove trasferirsi, ma sempre nel suo meraviglioso Brasile. Non poteva esserci altro posto al mondo dove stare.

Pablo andò nella parte contraria da dove si trovava la sua auto.

Avrebbe noleggiato una macchina.

***

Miguel aveva trovato una piccola radio, e stava cercando delle musiche orecchiabili.

Joe invece se ne stava sul portico. Sembrava preso da mille pensieri.

Il ragazzo per tutta la mattina aveva deciso di lasciarlo in pace.

Avevano pranzato con delle scatolette, in silenzio.

Miguel anche se un po’ ammaccato, si stava riprendendo.

L’avvocato, solo per qualche momento, aveva accennato un sorriso. Miguel confermò a sé stesso, che la telefonata fatta in America quella mattina lo aveva impensierito.

Stanco di stare solo, a piccoli passi, si avvicinò al suo affascinante salvatore.

Joe si girò un secondo, si sentiva osservato.

Fuori si stava bene, un leggero venticello scuoteva i bei capelli lisci e brizzolati.

Osservò Miguel che cercava disperatamente di occupare il tempo, si vedeva che era abituato a darsi da fare. Era alla ricerca di buona musica da un po’.

Poi, si fissarono.

Lo Squalo sentiva che quel ragazzo era molto più maturo a dispetto della sua giovane età.

Gli stava distante per rispetto. Gliene fu grato, perché vicino a lui sentiva un magnetismo troppo pericoloso. E non sapeva fin quando avrebbe resistito.

Si sentiva un perfetto idiota alla sua età.

Joe appoggiò i gomiti nella ringhiera di legno.

Chiuse gli occhi. Cercò di rilassarsi. Il tempo sembrava scorrere a rallentatore, Pablo era fuori da diverse ore. Si augurò che non gli fosse successo niente. Sarebbe stata la fine per loro.

Sentì una presenza vicino a sé.

Strinse i pugni, forse aveva parlato troppo presto.

Arrivò al suo naso l’odore di sapone. Miguel si era fatto una doccia usando della normale saponetta, pur essendoci il bagnoschiuma. Forse era un abitudine, o forse all’istituto era il solo modo per lavarsi. Ma quell’odore di saponetta sulla sua pelle risultava bellissimo.

Joe aprì gli occhi e osservò il bel viso del ragazzo. I lividi erano meno scuri.

Lui lo stava scrutando per sapere se era disposto a comunicare. Joe s’incantò un attimo, si sentiva un deficiente.

Però i grandi occhi verdi erano uno spettacolo.

-Cosa c’è Miguel?-

-Non trovo niente alla radio. Mi annoio, scusa… io però non voglio disturbarti. Ti lascio solo?-

Joe accennò un sorriso. Lui aveva nella mente e nel corpo, uno splendido passatempo da fargli fare, ma non poteva.

-No resta, iniziavo a sentirmi solo anche io.-

Miguel sorrise.

Joe Shark sentì rinascere di colpo la parte più vera e più selvaggia di sé, ma si ribellò.

Il fatto di non potere ottenere quello che desiderava… era quasi un’assurdità per lui. Ma il nuovo Joe, quello saggio, lo frenò dicendo che il suo poteva essere solo uno sfizio e quel ragazzo aveva avuto già il suo bel trauma. E poi non era chiaro se fosse etero o il contrario. Aveva il sospetto che fosse pure vergine.

Questo pensiero stuzzicò la parte di sé curiosa e impertinente.

-Miguel… posso farti una domanda personale?-

-Certo, chiedi pure.-

Joe si schiarì la gola. Confermò la sensazione di sentirsi come un adolescente alla prima cotta.

-Hai la ragazza? Insomma non centra niente il posto dove ti hanno portato contro la tua volontà, giusto?-

L’avvocato vide passare imbarazzo sul volto del ragazzo.

-No. Sono solo-

Quella secca risposta fece piacere a Joe, ma non dimostrava niente.

-Scusa per la mia domanda… e dirai che non sono affari miei. Ma… dopo il tuo trauma, mi era venuto in mente che, forse, stare con la tua ragazza poteva essere difficile. Forse! Ma il problema non si pone, no?-

Miguel sospirò.

-Sarebbe stato difficile comunque avere una ragazza, anche se a scuola ne ho conosciute tante. Dopo le lezioni non ci facevano uscire, era una specie di prigione. Io non conosco molto la vita fuori l’istituto, eravamo tutti molto controllati. Sono cresciuto fra maschi. E a dire il vero, ora che ci penso, io ero sorvegliato più di tutti. Forse capisco perché.-

-Meglio, dai! Sei stato protetto dal marcio che c’è fuori, i ragazzi soli come te corrono molti pericoli in una città grande come questa.-

Miguel scosse la testa avvilito.

-Di traumi, lì all’istituto, ne ho subiti lo stesso. Di riflesso però. I ragazzi a volte mi confidavano che Gomes Peralio li aveva molestati e alcuni addirittura sparivano per giorni. Per poi tornare cambiati, stravolti. Parecchi non si sono ripresi più.-

Joe abbassò lo sguardo, sentendosi un po’ come Peralio.

Lui pensava al tremendo desiderio di fare sesso sfrenato con un ragazzino, e invece la meraviglia che aveva accanto era di una sensibilità e una maturità fuori dal comune. Ogni secondo che passava con lui era speciale, era qualcosa che non aveva mai provato con nessuno.

Miguel parlò forse più a sé stesso.

-Io cercavo di consolarli come potevo, alcuni poi finivano nelle case di cura per i malati di mente. Ne ho viste a decine fare quella fine. L’impotenza a non poter far nulla è terribile. Ci aiutavamo tanto tra noi.-

-Sei un ragazzo speciale, Miguel Martinez.-

Joe, spinto da un sentimento sconosciuto, allungò un braccio e lo cinse per le spalle.

I bei occhi verdi del ragazzo erano diventati lucidi.

Miguel volentieri si accostò, appoggiando la testa alla spalla forte di Joe. In quel momento aveva bisogno di conforto. Lui, il bell’avvocato, sembrava arrivato dall’America solo per salvarlo.

Joe chiuse gli occhi, e si godette quella vicinanza, quel calore e quell’odore di saponetta.

***

Pablo aveva noleggiato una macchina, recandosi in un piccolo paesino vicino a bordo di uno sconquassato autobus.

Non poteva lasciare tracce e nemmeno farsi seguire.

Si fermò in un supermercato, dove non era mai andato, poi si recò in un negozio di elettronica.

A bordo della discreta auto che aveva noleggiato, si diresse alla casa di pietra. Osservò dietro di sé, nessuno sembrava seguirlo.

***

Homer Nesciville aveva fatto un altro controllo dal dottore.

Il medico gli aveva assicurato che, tra meno di dieci giorni, avrebbe potuto riavere rapporti intimi. Prima sarebbe stato pericoloso. I suoi testicoli erano gonfi e tutti viola. Gli facevano meno male dopo l’applicazione del gel rinfrescante che il dottore gli aveva prescritto.

Dieci giorni senza sesso e senza godere, per colpa dello stronzo avvocato. Strinse i pugni e si versò un doppio whisky.

Era seduto nella sua scrivania, era metà pomeriggio.

Squillò il suo telefonino. Era un suo uomo.

-Allora?-

Nessuna traccia signore. Sembra sparito nel nulla!”

Homer serrò le mascelle. Stritolò il bicchiere di vetro, che si incrinò.

-Merda! Non rientrate senza la sua testa. È qui intorno, chissà cosa ha in testa Robocop! Se invece trovate quei due… li voglio vivi. Capito? Penserò io al coraggioso avvocato e al ragazzino.-

Chiuse il telefono, ma si sentiva lo stesso al sicuro. Aveva eliminato tutte le prove e le tracce.

Joe Stevenson detto lo Squalo, non avrebbe avuto elementi per dimostrare il tentato omicidio e il quasi stupro ai danni del ragazzo, sempre se fosse riuscito ad arrivare ai media o a fare la denuncia. Stava setacciando tutte le prove e le tracce possibili.

***

Joe e Miguel rimasero stretti e abbracciati, per un po’.

Fermi e buoni, assaporando quel leggero venticello.

Parlarono molto del più e del meno. I ragazzo fece un sacco di domande su New York e sulla vita in America in generale, era sempre stato il suo sogno visitare gli States un giorno.

Miguel anche se un po’ l’aveva capito, chiese chiarimenti sul perché quel mostro l’aveva picchiato. Joe gli spiegò il motivo della violenza e la vera natura del Club dove lo avevano portato. Joe cercò di fare un riassunto breve e conciso, voleva evitare di rievocare al ragazzo brutte sensazioni, anche se erano palesi le bugie e le intenzioni di Peralio e di Nesciville. E gli riuscì facile spiegare il suo punto di vista sulla faccenda, perché Miguel sembrava ascoltare tranquillo.

Poi Miguel lo guardò. Anche lui voleva sapere delle cose.

-Posso farti io, una domanda?-

Joe lo osservò da vicino, avrebbe voluto almeno dargli un bacio nella sua guancia pesta, ma si trattenne.

-Dimmi ragazzo. Chiedi pure.-

-Tu non sei mai stato cliente del Club privato Leon D’oro, giusto?-

Joe sorrise. Era legittimo chiederlo.

-Certo che no. Sono stato invitato da un cliente. Ma non mi sarei sognato di prendere nessun ragazzo. Non potevo semplicemente rifiutare l’invito.-

-Ma per invitarti lì… insomma tu sei, come dire…-

Joe sorrise e gli scompigliò i bei capelli lisci e biondi.

-Omosessuale? Sì, tra le altre cose. Posso dire che di esperienze ne ho fatte parecchie con diversi “generi”. Ma non avrei mai accettato dei servizi del club. Non ho mai pagato per avere qualcuno nel mio letto.-

-Capisco. Ti fa onore.- Miguel sorrise, nonostante l’argomento, sembrava tranquillo. E Joe prese nota della sua innata serenità.

Joe gettò le basi per la prova madre.

-Anche se hai capito la mia natura… tu mi stai lo stesso vicino. Capisci cosa intendo? Strano, no?-

Miguel lo osservò a sua volta.

-Non giudico mai nessuno per i suoi gusti personali. Tu mi hai salvato. Mi sento in qualche modo legato a te. E poi non ho mai avuto difficoltà ad accettare le persone che vivono diversamente dalle altre. E amo esprimere i miei sentimenti. Sono cresciuto fra maschi, ragazzi come me. E non ho mai esitato ad esprimere affetto a loro. E adesso a te. che meriti il mio rispetto per quello che stai rischiando per me, un ragazzo venuto dal nulla.-

Joe fu colpito da quelle parole, dette con una tranquillità incredibile.

Miguel era davvero un ragazzo speciale.

Joe sentiva un trasporto intenso per lui. Ma si morse il labbro per cercare di comportarsi bene. Miguel meritava rispetto. Assolutamente.

-Tu sei speciale, altro che “nulla”. Mi sorprendi ogni secondo di più.-

Si sorrisero. Passò un’intensità tra loro palpabile.

Joe diede l’affondo. Nemmeno lui capiva dove cavolo volesse arrivare con le sue domande personali.

-Miguel… con qualcuno dei tuoi compagni, avevi un affetto diverso, più intenso? Insomma tra ragazzo e ragazza tu cosa… ok dai, mi fermo… sono cose personali.- Joe con il cuore a mille lanciò la sua bomba. Chissà gli effetti quali sarebbero stati. Nemmeno nelle cause più importanti si era sentito tanto in trepidazione.

Miguel parlò subito, di getto, senza esitazioni.

-Sono particolarmente legato a due ragazzi, Portes e a Rico. Ci conosciamo da sempre. Portes è speciale per me. Non lo so… io sto bene con lui. Anche se da un po’, sento che quando gli sto vicino… lui sta quasi male, come se si impedisse di dirmi quello che prova. Ha paura di quello che c’è dentro al suo cuore. A volte non riesce nemmeno a guardarmi negli occhi… oppure al contrario, mi fissa… e vorrebbe dirmi cose che, forse, non ha il coraggio di ammettere. Io lo sconvolgo. E mi dispiace! Per la faccenda tra ragazzo e ragazza… non saprei non mi conosco molto.-

Joe rimase turbato, ma cercò di non farlo notare. Era la stessa cosa che capitava a lui. Quel ragazzo sembrava venire da un altro pianeta.

-Ma tu cosa provi, parli sempre dei sentimenti degli altri … e i tuoi? Tu cosa senti? A pelle, a istinto?-

Joe chiese quelle cose con il cuore in gola. La sensazione di paura che provava il compagno Portes la capiva perfettamente.

Miguel alzò le spalle.

-Non lo so. Io gli voglio bene. Ma non so come dimostrarglielo senza danneggiarlo. Io non conosco l’amore. Certo… all’istituto giravano giornalini porno. E non è certo quello, l’amore che cerco. Penso che amarsi sia tutta un’altra cosa. Io comunque non ho mai toccato nessuno e nessuno ha mai toccato me. Aspetto la mia occasione per amare…- Lo fissò intensamente. Provava qualcosa di forte per Joe Stevenson ma lo tenne per sé.

Lo Squalo sentì la sua gola inaridirsi. Lo sospettava, ma fu meraviglioso sapere e avere la conferma che Miguel era puro. Puro come una fonte di acqua incontaminata.

Poi pensò alle botte di Homer, e si caricò di odio profondo nei riguardi del petroliere maniaco. Se l’era scelta proprio bene la vittima, dolce e innocente. Se l’ avesse avuto sotto le mani l’avrebbe ucciso.

-Sei meraviglioso Miguel… ma forse l’ho già detto, no?- Rise imbarazzato.

Miguel guardò Joe, erano così vicini che fu quasi impossibile per l’avvocato resistere.

Joe afferrò forte la ringhiera, con tutte e due le mani per impedirsi di girarsi e prenderlo d’impeto dalla vita e baciarlo. Non aveva mai avuto una simile tentazione in vita sua. Era qualcosa che stava avendo difficoltà a gestire.

Ma successe l’inaspettato. Joe rimase come congelato. Fu Miguel a prendergli il viso, portarlo delicatamente verso di lui e baciarlo sulle labbra.

Joe sbarrò gli occhi. Un ragazzino lo baciava sulle labbra e lui rimaneva come un fesso.

L’avvocato non aveva più corde vocali. Sentì le orecchie fischiare.

Miguel gli aveva dato un bacio superficiale e lo fissava con quei due occhi che lo avevano stregato.

-Grazie per tutto quello che hai fatto per me, splendido avvocato, mio eroe americano.-

Joe era sconvolto.

-Scusami Joe, ma volevo farlo da un po’. Seguo spesso l’istinto. E non so perché… ho sbagliato vero?-

Joe lo osservò quasi scioccato. Ci fu un lungo minuto di silenzio.

Lo Squalo deglutì e lo prese per la vita, si avvicinò a lui. Lo fissò intensamente e con l’altra mano avvicinò delicatamente la testa alla sua. Joe lo baciò lui stavolta, ricevendo un brivido alla schiena, forte e incredibile.

Miguel si stava lasciando baciare. L’osservava nei i suoi meravigliosi occhioni. Erano baci senza lingua, ma sconvolgenti per entrambi. Joe faceva piano per non fargli male, il ragazzo aveva ancora i punti alla bocca.

Joe sentì il suo cuore esplodere nel petto.

Miguel stava provando cose che non immaginava, una dolce sensazione. Non sentì nemmeno più il pizzichino dei punti.

Nessun paragone con i baci forti e violenti di Homer Nesciville.

Joe lo baciava a ripetizione, sentiva che non si sarebbe fermato alla superficie. L’intensità dei baci stava passando dal dolce e delicato, al travolgente.

Lo Squalo, che per l’occasione si sentiva solo un pesciolino rosso, provò a usare la lingua. Riuscì solo a solleticare la sua. Fun un attimo dove sentì il sapore della sua bocca. Era tutto un fremito. Nella sua vita non aveva mai provato nulla di simile.

Ma un rumore di che si avvicinava, interruppe quel momento.

Joe, sotto sopra, lasciò delicatamente il ragazzo che gli stava facendo perdere la testa.

Miguel era allo stesso modo, piacevolmente, sconvolto.

Joe l’aveva sfiorato con la lingua e lui aveva provato come un maremoto dentro. Una scarica di pulsioni si era depositata dritta dritta tra le gambe. Non ci capiva quasi niente, ma una cosa era chiara, sicura. Gli era piaciuto. Molto, troppo.

Pablo da lontano vide i due suoi ospiti abbracciati, che si baciavano.

Sorrise, lo sapeva che non sarebbero stati lontani ancora per molto tempo.

Quei due si desideravano incredibilmente. Ed era felice per loro, in fondo.

Homer Nesciville aveva pagato per soddisfare le sue bestiali voglie, al costo di uccidere quel povero ragazzo. Ma sarebbe stato un altro a godersi appieno e consensualmente quel piacere.

Gli dispiacque solo averli interrotti, ma non avevano tempo da perdere. Dovevano trovare la prova madre della colpevolezza di Nesciville.

Prima che lui trovasse loro.

Joe e Miguel ancora scossi entrarono dentro, per sicurezza.

Ma presto videro Pablo alla guida della macchina, e si rilassarono un po’.

Joe era l’adulto, lo Squalo e, come sua natura, doveva prendere in mano la situazione.

-Miguel, quello che è appena successo …-

Inaspettatamente il ragazzo gli prese la mano e gliela strinse delicatamente.

Poi si accostò a Joe con tutto il corpo. Bisbigliò alle orecchie dell’avvocato due piccole frasi.

Joe ricevette una scossa alla schiena che lo avrebbe fatto girare, e gli avrebbe fatto prendere di peso quel ragazzino per poi rivoltarlo come un calzino, se fossero stati soli.

-É una cosa nostra. Tranquillo.-

Joe lo osservò quasi scioccato.

Ma chi era quel ragazzo dell’aspetto angelico che lo stava facendo fondere come burro in padella?

Chi era lui per ridurlo al silenzio, con solo due frasi?

Joe accennò un sorriso, era sconvolto, una sensazione per lui sconosciuta.

Miguel prese il viso e baciò la sua guancia.

Poi fece per lasciargli la mano e andare via, ma Joe non lo lasciò. Lo fissò con lo sguardo pieno di forte passione, lo avrebbe fatto suo subito per tre giorni di fila, come minimo.

Miguel lo fissò intensamente.

Joe stava per affondare un altro travolgente bacio, stavolta avrebbe usato tutto l’armamentario. Ma Pablo, forse accorgendosi che i due stavano per incollarsi di nuovo, bussò alla porta che era praticamente aperta.

Joe e Miguel si staccarono.

Pablo fece perfettamente finta di nulla e li salutò. Aveva in mano un sacchetto pieno di roba.

-Salve ragazzi. Ho delle novità.-

Pablo poggiò sul tavolo il sacchetto e scavò dentro. Ne tirò fuori una confezione di plastica.

-Tieni Joe. Questo caricatore per il tuo cellulare dovrebbe andare bene. Li fanno tutti universali adesso.-

L’avvocato osservò Pablo lanciare a breve distanza l’oggetto. Lui lo raccolse al volo. Adesso, si disse, non aveva scuse per non chiamare Thomas. “Cazzo, e ora?” Aggiunse dentro di sé.

Poi sempre dal sacco prese un cellulare per Miguel. Fece lo stesso breve lancio, anche questo riuscì alla perfezione.

-É necessario che tutti, sempre, possiamo essere rintracciabili. Studiatelo e mettilo subito sotto carica.-

-Grazie detective. Wow, il mio primo cellulare. Forte!- Fece il ragazzo eccitato e sorridente.

Joe, osservandolo, provò un’immensa tenerezza. Lui in quel momento gli avrebbe regalato il mondo.

Dal sacco di carta, Pablo, uscì fuori un antidolorifico e un tranquillante che fece vedere a Miguel.

-Questi nel caso servissero, ragazzo mio.- Fece l’agente schiacciandogli un occhio.

Poi estrasse roba varia, dagli insaccati, al pane fresco e dalle vaschette di salsiccia, alla carne rossa e bianca. Tre bottiglie di birra e alla fine un allegro ciuffo di insalata, che concluse la bella spesa.

-Wow detective… tu si che sai fare la spesa.-

Fece Joe, felice di vedere salsicce e birre.

-Sono un uomo solo. Devo essere bravo a fare tutto.- Disse quelle frasi con un pizzico di malinconia.

Miguel osservò il suo primo cellulare, lo accese… dentro c’era già la sim card. E lo collegò con il caricatore alla corrente.

Dopo, il giovane brasiliano si offrì volontario per lavare l’insalata. Joe e Pablo decisero di accendere la griglia e arrostire un po’ di carne.

Tra Joe e Miguel ci fu solo un accenno di sorriso. Si attiravano con lo sguardo, a vicenda, come due calamite.

Pablo sorrise sotto i baffi.

Mentre Miguel, nel piccolo lavello, si destreggiava a lavare le ribelle lattuga, Pablo richiamò l’attenzione di Joe.

-Come è andata la giornata?-

Joe pensò solo all’ultima mezz’ora e sorrise.

-Bene. Tranquilla… abbiamo cercato di ammazzare il tempo, come potevamo. Miguel per fortuna è un ragazzo molto tranquillo e maturo, la sta prendendo bene tutta la faccenda.-

Pablo sospirò e andò subito al sodo.

-Meno male, dai. Sono felice per lui. Poteva finire male. Ora però ripetimi per favore cosa ti disse Romeo Felipe a proposito della microcamera.- Fece sotto voce.

Joe lo osservò mentre adagiava nella griglia rovente i pezzi di salsiccia.

L’avvocato cercò di tornare indietro con la memoria.

-Mi disse solo che addosso, non saprei dove, aveva una microcamera e che aveva filmato tutto. Dall’ingresso alla villa, fino all’arrivo all’ospedale mi pare, e credo che l’avesse ancora in funzione mentre lo ammazzavano! Però ho inteso che si trovasse nei vestiti. Non so perché ma ho capito questo. Non aveva occhiali o cappelli e nemmeno orologi strani al polso… dunque…-

Pablo era d’accordo con l’analisi dell’avvocato. Sapeva che a Joe Shark non sfuggiva nulla e che nessuno poteva raccontargli fesserie.

-Ok. Dopo cena, io vorrei vedere con te delle cose. Prove. Ma forse per Miguel non sarebbe il caso. Come possiamo fare?-

Joe ancora aveva addosso la sensazione del primo incredibile bacio. E avrebbe voluto fare molto di più quella sera stessa. Ma avrebbe comunque fatto il bravo. Miguel era solo un ragazzo e poi erano in una situazione di pericolo.

-Spiegami, e risolvo.-

A Pablo piaceva il modo diretto e senza preamboli dell’americano .

-Non chiedermi come, ma ho preso gli indumenti del povero Romeo. Lì, da qualche parte, se è come dici tu e siamo fortunati, ci dovrebbe essere la microcamera. Ma i vestiti sono sporchi di sangue, bruciacchiati e ridotti uno schifo… capisci ora perché voglio evitarla la visione al ragazzo?-

Joe guardò sorpreso Pablo, quello era davvero un poliziotto in gamba.

-Accidenti! Certo, sì, ci penso io a Miguel.-

Joe, anche se per poco, aveva lavorato nel campo penale.

Era stato a contatto con parecchi criminali, ladri e anche assassini. In quei casi aveva visto anche di peggio, così come Pablo. L’unico che poteva ricevere un trauma era Miguel.

-Sei in gamba, come sbirro, si dice così in America. Come è andata in centrale, sei stato fuori parecchio.-

Pablo accennò un sorriso, lo osservò un attimo. Parlò con una vena di tristezza mista a rabbia.

-Non sono stato molto in centrale, devo dire. Quel coglione di Brulejo m’ha fatto incazzare subito. La missione all’ospedale ha richiesto tempo e seminare i miei potenziali aguzzini ha assorbito parecchio. Poi ho fatto compere e preso una macchina a noleggio. È quasi sicuro che oggi Homer Nesciville ha provato per ben due volte a farmi catturare, per farmi parlare. Lo sa, il bastardo, che vi ho aiutato a scappare. Poi mi avrebbe ammazzato sicuramente. E io non gli ho dato questa soddisfazione. Mi sono dimesso. Quel porco del mio ex capo lo copre. Nemmeno su questo non ho dubbi. Era tempo che volevo mollare quel porcaio di corrotti. Ho solo colmato il vaso e mi sono liberato. Ora mi sento molto meglio.-

Joe sospirò preoccupato e ascoltò senza commentare. Gli poggiò una mano sulla spalla. Non c’era molto da dire.

-Joe. Dobbiamo incastrare Nesciville. Non vi farà uscire dal Brasile. Prima di venire qui ho saputo che il mio amico, quello che doveva risolvere la faccenda del passaporto di Miguel, è sparito. Temo il peggio, purtroppo. Homer sorveglierà tutti gli scali aerei attorno a noi. Ha corrotti che lo coprono dappertutto. La faccenda è più complicata di quello che immaginavo!-

Joe era davvero preoccupato a quel punto. Lui aveva però il numero di un certo Richard.

-Siamo nella merda, detective?-

-Fino al collo, avvocato.-

Joe si lavò le mani, e prese dalla tasca il foglietto.

-Ho avuto questo numero. È un certo Richard Brown, funzionario dell’ambasciata americana. A quanto pare sa già della mia situazione. Aspetta solo una mia telefonata.-

Pablo lo guardò con interesse.

-Chi te l’ha dato?-

-Una persona fidata. Dovrei chiamare, no?- Chissà perché non gli venne di dire il mio compagno di New York.

-Chiamiamolo subito, certo!-

Joe mise finalmente il telefono sotto carica. Poco dopo compose il numero di quel Brown.

In quell’istante arrivò Miguel con una ciotola. Dentro la lattuga era ben lavata e tagliata.

Osservò Joe e il detective vicini la telefono. Joe lo guardò e gli sorrise.

Pablo andò poco lontano, prese una vecchia tovaglia e la stese sul tavolo.

Miguel vi posò sopra la ciotola.

Il ragazzo si accorse che la salsiccia tra poco sarebbe diventata carbone. La tolse in tempo mettendola dentro un contenitore vicino.

Lui andò vicino a Joe. L’avvocato notò come la vicinanza di Miguel gli dava forza e coraggio da vendere. Il ragazzo gli si sedette vicino. I loro corpi erano a pochi millimetri. Entrambi sentirono una forte carica magnetica provenire l’uno dall’altro.

Il cellulare squillava. Joe stava per chiudere deluso ma una voce femminile rispose.

-Pronto? Finalmente! Sono l’avvocato Joe Stevenson. Dovrei parlare urgentemente con il signor Richard Brown. Mi trovo in Brasile, in una brutta situazione. Brown sa già di me. Ha chiamato in precedenza l’avvocato Thomas Klayton.-

Disse tutto ad un fiato. Miguel aveva capito solo i nomi dei soggetti appena nominati.

Il viso dell’avvocato era impenetrabile mentre ascoltava quello che stava dicendo la persona al telefono.

-Bene. Certo, sì… dobbiamo comunque parlare. Mi dica per favore… Va bene, se proprio devo, a dopo.-

Ecco cosa cercava di dirgli Thomas. Se solo si fosse concentrato meglio.

Joe guardò Miguel e gli pizzicò delicatamente il mento con due dita. Il ragazzo sorrise. A Joe piacque da morire quella dentatura perfetta. E scoprì che appena Miguel rideva, tutto l’ambiante circostante diventava più bello e più luminoso. Poi l’avvocato cercò stavolta di concentrarsi.

Salutò l’assistente di Brown, pregando che la donna riferisse in tempo il messaggio.

Poi mise giù.

-Brown è in riunione. Ne avrà per ore… ci sono disordini a Brasilia. E dei turisti americani rischiano grosso, un sequestro. Che tempismo!-

-Accidenti, voi americani sì che sapete godervi le trasferte.- Ironizzò Pablo.

-Chi stavi chiamando?- Fece Miguel.

-Sto cercando un funzionario dell’ambasciata americana.-

-Così potrai tornare a casa.- Fece il ragazzo serio.

Pablo intervenne prima che Joe potesse intercettarlo e consultarlo.

-Andrete… Joe, non gli hai ancora detto che vuoi portarlo con te, vero?-

Joe rimase un attimo senza parole, Miguel lo osservò bene. L’avvocato sembrava in imbarazzo.

Ma Joe fu sorpreso per l’ennesima volta da quel meraviglioso giovane.

-Detective… mi sembra improbabile. Joe in America avrà la sua vita. Io forse sarei un fardello troppo grosso. E poi non ho il permesso di soggiorno e conosco la lingua.-

Joe e Miguel si guardavano intensamente.

Pablo si avvicinò.

-Ma che… lo sai, no? La tua borsa di studio può essere convertita in green card americana… potresti studiare lì senza problemi legati alla residenza. Lontano da Nesciville.-

Miguel guardò Joe che sembrava fatto di pietra.

All’inizio Joe aveva trovato ottima quell’idea, forse dettata dallo stato di confusione, per tutto quello che era successo. Ma dopo quando aveva potuto riflettere meglio. Aveva ripensato più attentamente a tutta la faccenda, trovando delle grosse difficoltà per risolverla. Adesso non sapeva cosa fare. Ed era la prima volta in vita sua che gli succedeva.

Dove la metteva la storia con Thomas, il suo uomo?

Miguel avrebbe portato un terremoto fra di loro. Joe per la prima volta in vita sua non sapeva che pesci pigliare. Thomas era un’assodata certezza. Miguel era una travolgente incognita.

Pablo si accorse che qualcosa non quadrava. Miguel strinse il braccio di Joe e gli sorrise.

-Tranquillo… io non pretendo niente da te. Mi hai salvato la vita e questo mi basta. Non devi sentirti responsabile per me.-

Il ragazzo si alzò e andò in bagno. Joe rimase zitto e si portò le mani in viso.

Pablo gli poggiò una mano sulla spalla.

-Ma che succede? Mi avevi detto che volevi portarlo con te!-

-Sì… forse ero sotto stress e ho parlato senza pensare, o forse lo voglio ancora… mi sento nel pallone, ed è credimi la prima volta che mi succede!-

-Che significa?-

Joe si sentiva in colpa anche nei confronti di Pablo.

-Scusa ma io…-

Pablo sembrava arrabbiato.

– Scusa un cazzo… avvocato. Forse il mio amico ha fatto una brutta fine per il passaporto di Miguel… e poi tutti quegli sguardi. Non vi staccate mai l’uno dall’altro, sembrate avere delle calamite addosso. O tutto sto macello… è solo per una scopata e via!-

-No, questo no! Io tengo a Miguel, sul serio.-

-Allora?-

Joe guardò il bagno e fece segno a Pablo di seguirlo in veranda.

Appena fuori Joe parlò a cuore aperto.

-Sto con una persona da cinque anni. Come faccio a portarlo con me? Miguel, l’hai visto, mi manda nel pallone. Thomas mi ammazza! E poi non merita di soffrire.-

Pablo lo osservò nervoso.

-Pazzesco! Non ci credo! Se non incastriamo Nesciville… lui prima o poi completerà l’opera. Joe… avvocato, mi deludi. Per salvarti il culo, lo lasci qui a morire? Perché è certo che lo troverà, ci troverà, e ci ammazzerà. E a Miguel farà di peggio prima. Vuoi che muoia sotto le sue bestiali voglie?-

Joe era sconvolto per quelle parole.

-Io… io… non so che fare. Non voglio che gli succeda niente di male. Sento per quel ragazzo qualcosa di nuovo… di grande. Ma come posso? Come posso! Thomas !- Joe parlava più a se stesso che al detective.

Miguel si rinfrescò il viso.

Non immaginava cosa avrebbe fatto Joe, ma avere la certezza che tra poco sarebbe tornato in America, lo fece stare male. Ma lui, il suo salvatore, doveva tornare alla sua vita. Sarebbe stato fuori posto. Si sorrise allo specchio. Gli sarebbe mancato tremendamente, anche se lo conosceva da poco, ma non poteva rovinargli la vita. Non se lo sarebbe mai perdonato.

Sapeva già cosa dire e come agire. Con il cuore, come aveva sempre fatto.

Il cuore non lo aveva mai tradito.

Joe rimase fuori in veranda, la fame era passata. Pablo aveva mangiato un po’ di carne da solo e si era ritirato in camera. Aveva messo il pacco trasparente dei vestiti di Romeo sul comò.

Li osservò.

Nesciville doveva essere messo fuori gioco, altrimenti Miguel sarebbe presto morto. E anche lui. Ma in quel momento aveva un diavolo per capello. Sperò solo che il suo amico dei passaporti non fosse morto invano. Volle lasciare all’avvocato qualche momento per riflettere.

Joe avvertì la presenza di Miguel vicino a sé. Il cielo in quel momento era meravigliosamente stellato. L’avvocato chiuse gli occhi per lo sgomento che provava.

Miguel lo sorprese ancora, lo cinse con un braccio.

-Non essere pensieroso, io ti capisco, sul serio.-

Joe si girò sorpreso e sconvolto dalla serenità del volto pesto di quel bellissimo ragazzo.

-Miguel. Scusa… io davvero non so che fare. Ma tengo a te, su questo non devi dubitare mai, ok?-

-Lo so. Anche io tengo a te. Sul serio, non mi aspettavo niente. Credimi. Mi hai salvato la vita, e te ne sarò grato per tutta la mia esistenza. E non rinnego nessuna bella emozione che mi hai regalato.-

Joe lo guardava incantato. Alla luce della luna sembrava una magnifica apparizione.

L’avvocato non resistette gli prese il bel viso che pian piano stava guarendo dalle botte, e lo baciò con passione.

Stavolta senza che nessuno dei due lo avesse calcolato, si baciarono sul serio. Joe lo cinse stretto. Lo divorò di baci. Miguel lo strinse a sua volta, e imparò all’istante come muoversi con la lingua. Non sentiva nemmeno più i punti. Ma sentì, invece, la forte presa del suo bel americano, e si sentì felice, protetto e amato. Non capiva molto quello che gli stava succedendo, ma gli piaceva e non sentiva disagio o imbarazzo.

Joe si staccò solo un secondo, il suo cuore rischiava di scoppiare.

Poi Miguel lo guardò sorridendo.

-Stringimi Joe. Tienimi stretto a te.-

Joe lo accontentò. Si abbracciarono stretti, quasi a lasciandosi senza respiro.

Joe non aveva mai provato niente del genere, nemmeno la prima volta quando aveva attirato Thomas, cinque anni prima , nel ripostiglio.

Guardò nel vuoto mentre assaporava l’odore, bello e fresco, di Miguel.

Come poteva lasciarlo lì in pericolo? Anche se Nesciville veniva messo sotto chiave, quell’animale, anche da dentro le sbarre, avrebbe trovato il modo di vendicarsi.

E poi semplicemente non voleva staccarsi da lui. Non poteva lasciarlo. Non voleva lasciarlo.

Chiuse gli occhi, e con stupore si accorse che per la prima volta in vita sua voleva piangere.

Miguel sospirò, era bellissimo stare abbracciato a lui. Era la sensazione più bella del mondo. Sentire la sua forza, la sua virilità, lo facevano sentire al sicuro. Protetto. Lui era cresciuto senza il calore di una famiglia. Ora invece sperimentava il sentimento dell’accoglienza, dell’affetto.

Joe cercò di ricacciare dentro quelle insolite lacrime.

Fu difficile perché dagli occhi lo sgomento passò alla gola.

Entrambi si ritrovarono con i visi a pochi centimetri.

Joe sistemò una ciocca bionda, che in modo insistente andava davanti gli occhi.

-Sei bellissimo sai?- Gli fece lo Squalo sotto voce.

-Anche con la faccia ridotta così?-

Joe sorrise, ma sarebbe uscito da lì e avrebbe ucciso Nesciville su due piedi.

-Sì… sei strepitoso. Incredibilmente attraente… e sembri uno di quei bulli che hanno fatto a botte.-

Miguel si divertì per quella frase.

-E sei affascinate. Proprio bello.-

– Anche tu… avvocato.-

Si fissarono e Miguel sentì che Joe stava partendo per un’altra ondata di baci. Ma doveva chiedere prima una cosa.

-Posso farti una domanda?-

Joe rise, Miguel era pericoloso quando chiedeva di fare una domanda.

-Oh mamma… sì, certo. Tremo ma… chiedi pure.-

Miguel sorridendo lo spiazzò stavolta sul serio.

-Parlami dell’ uomo che ti aspetta in America. Thomas, giusto?-

Joe dal sorriso passò allo smarrimento.

Si scostò un po’.

-Cosa?-

-Sì, hai capito. Ti sembro scemo? Capisco la tua reticenza a portarmi con te. C’è un mister che ti aspetta e poi uno come te non può essere solo. Sei troppo forte, avvocato Stevenson.-

Joe prese le mani di Miguel. Abbassò lo sguardo un secondo.

Miguel liberò una mano e gli sollevò il viso.

-Parlami di lui. Vale la pena di mollare tutto, rischiare di perderlo? Vale il nostro sacrificio? Devi essere sincero soprattutto con te stesso. Accetterò tutto per il tuo bene, non temere.-

Joe era senza parole. Miguel sembrava un essere evoluto, venuto da un’altra dimensione. Era fantastico, sapeva entrare nel cuore e nell’anima in un attimo.

Joe ci mise un attimo, non ebbe più dubbi. Miguel con quelle semplici, poche parole, l’aveva aiutato a decidere in un attimo. Era incredibile che la comprensione di quel ragazzo avesse sciolto un grosso e quasi inestricabile, nodo.

Era stata la parola “sacrifici” che l’aveva spiazzato.

Perché, si chiese in un secondo, doveva rinunciare a tutto quel sentimento? A quell’amore che si preannunciava meraviglioso? Non poteva perdere il ragazzo più bello, dentro e fuori, che la vita gli offriva di conoscere e di amare?

L’età… Thomas… i problemi che avrebbe affrontato. Erano come svaniti.

Miguel lo osservava in silenzio e aspettava paziente una risposta.

Joe lo fissò con un sentimento che era sgorgato all’improvviso, appena tre giorni prima.

Sembrava assurdo, ma quel colpo di fulmine non era come gli altri. Era potente, troppo forte per ignorarlo.

-No, non ci sarà nessun “nostro” sacrificio. Con Thomas era finita già da tempo. Ero già in crisi con lui prima di partire per il Brasile, te lo giuro. Nessuno mi separerà da te… nessuno al mondo. Ecco l’ho detto e sono ufficialmente nei guai, giusto?- Rise tra le lacrime.

Miguel sorrise emozionato. Poi sospirò.

-Il sacrificio sarebbe per me… e cioè quello di sapere che volontariamente ho rovinato la tua storia e la tua vita. Non ci sto a questo prezzo. Io voglio essere gioia e non sconvolgimento. Serenità e non confusione. Voglio essere sicuro che sai cosa stai facendo avvocato.- Il ragazzo fece per lasciarlo e andare via, ma Joe lo trattenne deciso e determinato.

-Tu non crei dolore o confusione. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Sento delle cose, per te, che non ho mai provato per nessuno. Non intendo perderti. –

-Allora? Che si fa?- Fece il ragazzo prendendogli il viso tra le mani.

-Allora… tu vieni con me. Tu non ti stacchi dal mio fianco. Lotterò contro chiunque. Capito?-

Miguel lo fissò senza palare. Joe lo guardò serio.

-Ma tu, Miguel, vuoi venite con me in America? A New York avrai un futuro, tranquillo, sicuro. Accanto a me.-

Il ragazzo rifletté velocemente. Sapeva delle gravi falle nella giustizia di Belo Horizonte. Nesciville sarebbe stato il suo incubo per tutta la vita. Sarebbe stata una vita infernale, anche con il mostro petroliere in cella. E sopra ogni cosa, con Joe stava bene, si sentiva al sicuro. Protetto.

Miguel deglutì.

-Allora? Che mi dici? Non mi dire che adesso sei tu che non te la senti?- Joe aveva paura della risposta.

-Thomas, soffrirà. Io non voglio causare dolore. E se ti rendi conto di amarlo ancora?-

Joe scosse la testa con decisione. Miguel aveva ancora dubbi e si preoccupava dei sentimenti di una persona che nemmeno conosceva e che per istinto doveva considerare nemica.

-Thomas è forte, se la caverà. E poi ripeto, io ero cambiato prima di partire. La mia unione con lui era già compromessa. Sì, è vero, ci starà male… sarà geloso, arrabbiato, ma voglio portarti con me in America. Perché tengo a te immensamente, e anche per sicurezza, poi quello che sarà… sarà, ok?-

Joe appoggiò la sua fronte a quella del ragazzo. Rimasero zitti per un po’. Dopo i loro baci non potevano fare finta di niente, ignorare di non provare coinvolgimento l’uno per l’altro.

Sembrava assurdo che tutto quello sconvolgimento fosse successo in così poco tempo. Ma era avvenuto, e dovevano prenderne atto. L’idea di separarsi era inconcepibile.

-Allora? Posso avere l’onore e il piacere di averti con me a New York?-

Miguel fece un profondo sospiro. Forte, che salì direttamente dal cuore.

-Sì, io verrei, anzi decisamente voglio… anche perché potrei stare con te. E tu mi piaci sul serio, tanto. Sempre se a lei avvocato… va l’idea di avermi sempre attorno.-

Joe scosse la testa sorridendo. Avrebbe gridato di gioia, ma si contenne.

-Te l’ho detto… non ti mollo bel biondino, nemmeno per tutto l’oro del mondo.-

-Ma pensi che Thomas potrebbe perdonarti? Magari spiegando le cose. Alla fine, potremmo appianare in qualche modo…- A Miguel quella sua ultima opzione risultò forzata, sgradevole… ma doveva capire che tipo era Joe Stevenson.

Joe rise, facendo decisamente di no con la testa. Con Thomas era finita, ora più che mai l’aveva finalmente capito.

-No Miguel, so chi è lui… sarete inconciliabili, almeno per ora. Lo lascio definitivamente appena arrivo a New York. E l’avrei fatto indipendentemente da te, da noi, fidati. Io voglio conoscere te, stare con te, se vorrai.-

Il ragazzo lo guardò frastornato. Forse stava succedendo tutto troppo in fretta. Non voleva fare del male a nessuno, ma l’idea di perdere Joe era terribile.

L’avvocato si accorse della faccia perplessa del ragazzo.

-Tranquillo Miguel, io, ora, so quello che voglio. Appena ho visto i tuoi meravigliosi occhi, ho capito subito che saresti stato mio.-

Miguel era felice di sentire la parola “mio”, la trovò bella ed eccitante e sentì montare dentro al suo cuore una sensazione travolgente.

E sentendosi ormai lanciato e a suo agio con Joe, lo baciò con passione. Lo Squalo, impreparato a tutta quella forza, si fece trasportare per la prima volta in vita sua dallo tsunami Miguel Martinez.

Pablo uscì dalla sua stanza con la busta contenente i vestiti del giornalista.

Aveva dato già abbastanza tempo a Joe per riflettere.

Ma vide i due baciarsi, quasi furiosamente, in veranda.

-Wow… che trasporto! Mi sa che hanno fatto pace.- Disse sotto voce, scuotendo la testa.

Il detective poi ricevette una telefonata che lo rincuorò parecchio.

Era il suo amico dell’ufficio passaporti.

Ehi… Matías, mi ero preoccupato.”

Pablo apprese dall’amico il perché della sua assenza ingiustificata dal lavoro. Aveva visto in tempo, quella mattina, gli uomini di Nesciville, e aveva preferito prendersi qualche giorno di malattia. E aveva saputo, dal collega che l’aveva sostituito, che avevano messo sotto sopra l’ufficio cercando chissà che cosa. Matias però, sapendo tutto in tempo da Pablo, aveva portato con sé dati e tutto quanto occorrente per le pratiche. Era stata una mossa furba. Pablo si fece il segno della croce, ringraziando la perspicacia di Matías.

Miguel sentì a pochi passi la suoneria del cellulare del detective.

Si staccò dalla bocca di Joe, che si girò a sua volta. I due sembravano aver fatto un giro dentro la centrifuga.

I punti al labbro ora facevano male. Miguel provava qualcosa di troppo bello nel cuore per farci caso. La cosa assurda era che, stare attaccato a Joe, lo trovasse naturale e senza disagio, senza provare nessuna difficoltà. Era come se avesse sempre aspettato un bell’americano, alto, impostato e moro, che gli avrebbe fatto conoscere l’amore.

Pablo li osservava ridendo, con il telefono all’orecchio. Gli fece ciao con la mano.

Sembrava felice, forse c’era finalmente una buona notizia.

I due smarriti ma felici, si guardarono un attimo e si presero per mano. Entrarono e andarono vicino a Pablo che parlava con qualcuno. Poi però la felicità del detective scemò. Guardò Miguel e sospirò.

Il detective chiuse la comunicazione.

Lui li guardò, indicando le loro mani intrecciate e lo sguardo sognante.

-Allora?-

-Allora… prima ero entrato in confusione. Scusami. Ora, però, abbiamo chiarito e ho le idee chiare. E non lascerò Miguel qui in Brasile, nemmeno per un minuto.-

Pablo si stupì della velocità con la quale si era risolta la questione.

-Bene, sono felice per lui… per voi!- Pablo guardò Joe e guardò Miguel, i due sembravano stravolti.

-Sì, se c’è l’ispirazione giusta … le decisioni vengono fuori velocemente.- Fece Joe stringendo Miguel.

Il detective diede una pacca sulla spalla di entrambi. Era il suo modo di fare le congratulazioni. Non immaginava che sarebbe stato così tollerante e felice per una storia d’amore gay.

Se gliel’avessero detto qualche giorno prima che avrebbe visto nascere dal dolore e dalla violenza un grande amore omosessuale, non ci avrebbe creduto. E non avrebbe mai immaginato di quanta tenerezza e dedizione sarebbe stato testimone. Nell’altra vita si sarebbe fatto grasse risate, facendo magari qualche battutaccia.

Ma ora che aveva visto Miguel quasi morire, e Joe salvarlo e prendersene cura nel modo migliore del mondo, si ricredette su tutto il concetto dell’amore così definito a torto “ diverso.”

Li osservò, pensando che a volte la gente giudica con schemi troppo rigidi qualcosa che non si può controllare, come l’amore. Qualcosa che non si poteva etichettare, qualcosa che era impossibile imbrigliare con delle convenzioni.

Ma i pensieri di Pablo furono interrotti, dalla voce calda e amichevole di Joe.

-Con chi parlavi?- Chiese l’avvocato.

-Il mio amico Matías … quello dei passaporti, è vivo e vegeto, per fortuna. È solo scampato ad un controllo degli uomini di Nesciville.-

Miguel si preoccupò.

-Ma potrà farmi il passaporto?-

Pablo lo guardò triste.

-Per ora non può. Ha le mani legate. Nesciville ha sguinzaglialo i suoi mastini. Per un po’ di tempo saranno dappertutto, fra le palle. Puntiamo per ora all’ambasciata americana, potresti chiedere asilo politico perché minacciato. Per inoltrare la richiesta però dobbiamo produrre delle prove schiaccianti. Purtroppo non sono avvocato, e qui il nostro Joe Stevenson che ha la possibilità di verificare.-

Joe soffiò un po’ di aria dai polmoni.

-Non mi interesso di diritto internazionale, ne so qualcosa certo… ma, Thomas, sì!- Gli scappò dalla bocca. Se ne pentì subito.

Miguel guardò Joe negli occhi. Pablo li osservò entrambi.

-Thomas?-

-Sì, Pablo. Il suo compagno americano.-

Fece tranquillamente Miguel senza scomporsi. L’agente osservò Joe sconvolto.

Anche Joe trovò assurda tutta la calma di Miguel.

-Però riflettendoci… non sarebbe giusto chiedere proprio a lui aiuto, dai!- Fece Joe che aveva gli occhi dei due addosso.

-Certo, ovviamente.- Fece Pablo incredulo.

-Potresti farti indicare come muoverti. Non dovrebbe fare lui qualcosa, ma tu.- Miguel parlò tranquillamente trovando un ottima soluzione.

Joe lo guardò meravigliato, nei suoi grandi occhi verdi non traspariva la minima incertezza. Quel ragazzo sapeva sempre cosa dire al momento giusto.

-Certo Joe. Miguel ha ragione, chiedi un consiglio. Lui non sa di voi, no? Giusto? Chiedi come muoverti, semplice.-

Joe strinse le labbra. Comunque si sentiva una brava persona, e non gli piaceva l’idea di prendere in giro un uomo con cui aveva condiviso cinque anni della sua vita. Una persona a cui comunque teneva.

Miguel gli strinse la mano vedendolo triste.

-Non devi tramare… non devi mentirgli, hai ragione. E non puoi forzarti di chiedere un aiuto per me. Avrai colleghi che si occupano di queste faccende, no? Facciamo così… se mi potrà aiutare l’ambasciata, io verrò con te. Altrimenti aspetterò qui nascosto, pazienza.-

Pablo non era d’accordo ma rimase zitto.

Joe fece un no deciso con la testa.

-Io non parto senza di te. Troveremo la soluzione.-

Miguel si avvicinò a Joe che lo strinse forte, poi lo Squalo cercò di riprendere un certo contegno.

-Non ti lascio, nemmeno per sogno.- Disse bisbigliando all’orecchio.

Passò un minuto scarso.

Pablo, stanco di aspettare, indicò la busta a Joe.

-Avvocato, ci dobbiamo dedicare a quello che già sai. Un problema alla volta, ok? Se da qui ricaviamo qualcosa, l’ambasciata potrebbe veramente fare qualcosa per il ragazzo.-

L’avvocato cinse con un braccio le spalle di Miguel.

Sulla maglietta che Miguel aveva indossato c’era disegnato un cucciolo di Golden Retrive.

Joe la notò solo in quell’istante e ripensò all’ironia della cosa. Quella era la sua razza di cane preferita su tutte, rise… e ne trasse ispirazione. Gli venne naturale come respirare. Toccò l’immagine con le punte delle dita e sorrise. Miguel si osservò a sua volta e ricambiò.

Pablo li guardava un po’ smarrito, quei due si capivano solo con lo sguardo, assurdo, non aveva mai visto in vita sua una tale intesa tra due persone che si conoscevano da così poco.

-Cucciolo puppy.”Bel nomignolo, posso chiamarti così?-

-Sì… è tenero!- Fece candidamente Miguel.

-Allora affare fatto, Cucciolo.-

Joe lo portò in disparte.

-Allora Cucciolo bello, io devo vedere delle cose con Pablo. E sono delle cose impressionanti. Tu aspetteresti in camera, per favore?-

Miguel sentendosi chiamare “cucciolo” in portoghese e in inglese, accarezzò la maglietta e ricevette una sensazione di sicurezza incredibile.

-Tranquillo, io non mi impressiono facilmente, di che si tratta?-

Joe non si aspettava quella reazione.

-Sangue, Miguel… i vestiti del giornalista. Te la senti? Vogliamo verificare una cosa.-

-I vestiti del giornalista? Quale giornalista? Ma soprattutto… com’è che li avete voi?-

Joe gli prese il viso tra le mani.

-Romeo Felipe, era è lui che ci ha portato all’ospedale. Voleva fare un reportage, un inchiesta su quel posto, il club Leon D’ Oro, e fare saltare un paio di teste. Ma l’hanno ammazzato prima che arrivasse in redazione. Pablo ha preso i suoi vestiti e, forse, se siamo molto fortunati, la microcamera che stava usando per lo scoop si trova ancora lì dentro. Nessuno oltre me e lui sapeva dell’esistenza della piccola videocamera.- Joe indicò con il dito indice il sacchetto di plastica che Pablo teneva in mano.

Il ragazzo deglutì, per quella faccenda c’era già un morto. Se Joe non l’avesse salvato, lui sarebbe stato possibilmente la seconda vittima.

Miguel, cercando di fare il ragazzo coraggioso che affronta tutto di petto, lo guardò sicuro di sé. A lui il sangue non aveva mai fatto impressione, ne aveva visto a fiumi negli anni con le ferite, grandi e piccole dei suoi compagni di sventura. Poi la parola “sangue” in sé, chissà perché gli dette i brividi. Forse era paura, forse era smarrimento, ma sentì uno strano tuffo al cuore al quale non seppe dare un significato. Miguel Martinez però non si abbatteva mai.

-Ve bene. Voglio dare lo stesso il mio contributo.-

Joe lo osservò sorpreso.

-Come… che contributo?-

-Sei occhi, sono sempre meglio di quattro.-

-Ma potresti impressionarti.-

Miguel poggiò le sue mani su quelle di Joe.

-Ero sempre io che curavo le ferite dei miei amici. Peralio non ne voleva sapere di medicarli, e se ne fregava di noi. E poi io voglio frequentate l’università di medicina, e di sangue ne vedrò parecchio credo.-

-Wow, medicina, forte!- Fece Pablo meravigliato.

Joe, sorpreso da quella notizia, gli diede un pizzico leggero sul viso.

-Sei incredibile Cucciolo!-

Miguel gli fece invece una delicata carezza sul braccio.

Pablo sospirò, quei due avevano la spiccata tendenza a distrarsi, troppo facilmente.

Joe notò il disagio dell’agente e cercò di concentrarsi.

-Ok. Dottor Martinez. Allora ci aiuterai ad osservare?- Fece Joe ridendo.

Pablo comunque sorrise, ammirando il giovane brasiliano.

-Ho dato una sbirciata al tuo diploma Miguel, quando Peralio mi ha dato i tuoi documenti. Hai preso il massimo con la lode. Bravo. Hai il massimo per la borsa di studio.-

Miguel accennò un sorriso.

-Grazie. Mi è sempre piaciuto studiare.-

Joe era stupefatto, non solo era bello da paura, ma anche coraggioso, intelligentissimo, e voleva fare medicina. Come poteva perdere un ragazzo simile? Avrebbe fatto di tutto per fargli realizzare i suoi sogni.

-Ok, allora… a lavoro, non perdiamo più tempo.-

Pablo diede ai due, per ciascuno, un paio di guanti di lattice. Stese una traversa sul tavolo. Vi pose sopra una pinza chirurgica che aveva comprato nel pomeriggio in farmacia, insieme ad una piccola forbice.

Pablo indossò a sua volta i guanti, e aprì la busta. La puzza di sangue rappreso era nauseabonda

Joe e Pablo arricciarono il naso disgustati.

Pablo ebbe un po’ di indecisione, non voleva toccare quella stoffa puzzolente, e nemmeno Joe. Infatti si osservarono per vedere chi avesse, per primo il coraggio.

Miguel li guardò, alzò un sopracciglio e, senza che nessuno potesse dire niente, lo fece lui.

I due lo osservarono scioccati.

-Ecco… che ci voleva.- Fece il ragazzo stendendo sulla traversa quella mal ridotta stoffa.

Pablo e Joe si osservarono divertiti, piacevolmente sorpresi.

Fu Miguel alla fine a stendere, alla meno peggio, quello che restava della camicia e del pantalone del povero giornalista.

-Da dove si parte?- Fece il ragazzo guardando Joe.

-Non saprei… dove potrebbe nascondersi una micro camera? Dovrebbe avere una visuale buona per riprendere più cose possibili.- Rispose l’avvocato.

Miguel sicuro e deciso sul sangue e sulla puzza, divenne serio e triste rievocando anche solo superficialmente quello che era successo.

Joe lo osservò con amore, lo avrebbe stretto a sé abbracciandolo.

Ma fu Miguel, da solo, a riprendersi. Prese le pinze.

-Ok, cerchiamo.-

Il ragazzo, attento come se stesse operando qualcuno, spostò la sua attenzione subito su un bottone della logora camicia un po’ più sollevato degli altri.

Lo sollevò delicatamente con un dito. E di sotto, al posto del normale cotone, vide dei fili di plastica nera.

-Bingo al primo colpo, ragazzo. Sei in gamba Miguel.- Fece Pablo.

Joe lo osservava orgoglioso.

Miguel però era concentrato, non dava retta a nessuno. Joe lo osservò e lo desiderò più che mai. Si disse che, se tra puzza e sangue rappreso, comunque provava attrazione pazzesca per Miguel, allora lui, Joe Stevenson, era davvero perso e nei guai.

Il ragazzo sollevò il bottone, dall’asola passarono i due fili di plastica, senza problemi. Alla base c’era una piccola scatola nera con un ingresso per USB.

Miguel poggiò l’aggeggio sulla traversa. Lì dentro, forse, c’era il filmato di tutto quello che era successo o almeno in parte.

-Adesso ci vuole un cavo e un computer.- Fece Joe guardando Pablo.

-Domani avremo questo e quello, andrò però ad Araxa, è la città più vicina e prenderò quello che serve. Ma ci sono parecchie ore di viaggio, partirò presto e starò fuori tutto il giorno.-

Joe fece segno di essere d’accordo. E poi gli venne un certo fremito a pensare che sarebbe rimasto solo con Miguel tutto il giorno. Lo Squalo che era dentro di lui, solo all’idea, si eccitò.

Miguel cercando di non pensare che lì dentro c’era la voce e la faccia orribile di Nesciville, osservò ancora la camicia e il pantalone. Nella tasca di quest’ultimo indumento trovò un biglietto tutto stropicciato.

Con molta delicatezza il ragazzo aprì il pezzettino di carta.

Joe e Pablo osservarono curiosi.

-É un numero di telefono, il prefisso è di Rio de Janeiro. Però non si legge il nome.- Fece Miguel deluso.

Pablo si pizzicò il mento.

-Potremmo chiamare, ma è sempre un rischio. Non sappiamo chi possa rispondere.-

-Pablo era un nemico di Nesciville, chiunque sia, sicuramente, non è legato al mostro petroliere. A ogni modo spettiamo. Decideremo dopo, appena avremo verificato che la micro camera sia ancora funzionante.- Fece Joe.

Miguel, dopo aver controllato tutto per bene, prese gli indumenti e li rimise dentro la busta.

Joe osservò Pablo che prese in consegna il pacco trasparente.

-Bruciamo questo schifo, avvocato?-

-No. Sono sempre prove. Mettile in freezer. Lì si conserveranno meglio.-

Pablo si allontanò per eseguire il piccolo compito.

Joe ammirò Miguel, che a sua volta osservava curioso il bottone \ telecamera.

-Sei stato in gamba Cucciolo.-

Miguel si alzò, e baciò sulle labbra il suo avvocato. Gli sorrise.

-Mi piace tanto che mi chiami cucciolo.-

Joe lo guardò serio, lo voleva. Stava bruciando per lui.

Tornò Pablo che, vedendoli di nuovo in partenza per un’altra gita nelle furia della passione, schiarì la voce per annunciarsi.

-Adesso, bella compagnia… non è forse un peccato che le birre siano al fresco e intatte, e le salsicce ancora quasi tutte lì? Che ne dite? Carpe diem? Domani potrebbe succedere qualsiasi cosa.-

Joe e Miguel pensarono che il detective aveva ragione. Nella loro situazione tutto poteva cambiare in un secondo.

Miguel sorrise e decise di condire la sua insalata con olio, un pizzico di sale e limone.

Joe prese le tre birre ormai belle fresche e Pablo portò il vassoio con le salsicce.

Tutti e tre seduti al tavolo cominciarono a mangiare. Un po’ per esorcizzare tutte le loro paure un po’ per confortarsi a vicenda.

Joe seduto vicino a Miguel, prese una birra. Miguel fece lo stesso.

-La reggi Cucciolo?-

Miguel sorrise e fece segno di brindisi.

-Certo… alla grande. Ogni tanto, Portes, il mio più caro amico, riusciva a rubare della birra dal frigo personale di Peralio. E anche se dividevamo una bottiglia grande in sei o otto, io penso di poterla reggere tranquillamente una così.-

Joe sentì per la seconda volta quel nome “Portes” e si inquietò senza sapere perché.

Quando Miguel parlava di lui si illuminava, lo Squalo sorrise tra sé e sé.

Era forse geloso? Poteva essere?

Lui non lo era mai stato. Era tutto così pazzesco. Ma pensando che presto lo avrebbe portato in America, lontano dal famoso Portes, sorrise sereno.

L’avvocato osservò bere il ragazzo. Lo trovò eccitante. Vide la bella gola ambrata muoversi su e giù. Un goccio di birra gli colò sul petto. Si sentì ribollire dentro. Gli avrebbe passato la lingua sulla delicata pelle del collo e poi via via più giù a sentire che sapore avesse la sua pelle mista al malto.

Aveva una voglia matta di fare l’amore con lui. Ma sapeva che sarebbe stato impossibile. Si sentì fremere, ma per evitare altre reazioni si girò e si concentrò a bere per conto suo.

Il vassoio delle salsicce si svuotò, come quello dell’insalata.

Tutti e tre sazi e piacevolmente rilassati dalla birra, si sentirono meglio.

Romeo andò fuori a fumare una sigaretta. Per fortuna, si rincuorò Joe, Miguel non aveva quel vizio. L’avvocato aveva sempre ritenuto nauseabondo un alito fatto di sigaretta.

Erano seduti sul divano, da fuori arrivava una piacevole corrente fresca.

Era stata una giornata calda.

Joe vicinissimo al suo giovane brasiliano, allungò una mano e gli prese una ciocca di capelli biondi.

-Hai fatto qualcosa hai capelli, sembrano colorati.-

-No… e non sei il primo che me lo chiede. Sono naturali.-

Joe li ammirò, si avvicinò ancora un po’, e annusò il lato dell’orecchio.

-Tu hai un profumo che… coinvolge.-

Miguel sentì la vicinanza del bell’avvocato e provò degli sconosciuti stimoli a livello intimo. Ma non era comunque pronto per affrontare quell’argomento. Sorrise, vicino a Joe provava cose che a volte lo confondevano.

Joe pensò sul serio che l’odore della pelle di Miguel emanasse un essenza diversa da tutte le altre, irresistibile. E poi vedere il suo sguardo sfuggente, timido, aveva l’effetto di farlo eccitare come una bestia. L’avvocato stava trovando difficile stare buono.

Joe praticamente gli era addossato, e lo fissava da vicino. Miguel si morse le labbra, quello che Joe non diceva con la bocca, lo diceva con gli occhi.

L’avvocato gli diede un bacio sulla guancia e lo osservava strano.

Pablo rientrò dalla pausa sigaretta e li vide vicini che si fissavano. L’avvocato era sul punto di saltargli addosso, il ragazzo invece sembrava un po’ in imbarazzo.

Decise lo stesso di lasciarli da soli, lui si fidava di Joe Stevenson, anche se lo chiamavano Squalo. Sapeva che se il ragazzo gli avesse detto di no, lui si sarebbe arreso. L’avrebbe rispettato.

Schiarì la gola.

-Ragazzi… io faccio un giro per casa per vedere se è tutto ben chiuso. E poi mi ritiro.-

Pablo vide Joe scostarsi un po’. Il detective non volle aggiungere altro, forse quella sera il divano o la camera da letto avrebbero visto cominciare una travolgente passione fra i due.

-Ok Pablo. Io metto un po’ a posto.- Fece il ragazzo.

Miguel si alzò dal divano, andò in cucina che sembrava pensieroso.

Joe si passò le mani tra i capelli, si sentiva sotto sopra… evidentemente sperava in qualcosa.

Pablo lo osservò.

-Tutto ok… Joe?-

-Sì, tutto ok Pablo.-

I due si guardarono un secondo.

L’avvocato si alzò a sua volta, prese la microcamera, la adagiò dentro un barattolino trasparente. La consegnò a Pablo.

-La metterò nello sportello del tinello, dietro le scatole di fagioli.-

Joe fece cenno di assenso. Pablo andò a posare la loro possibile prova contro Homer Nesciville.

Lo Squalo andò in cucina. Miguel stava sparecchiando, appena lo vide gli sorrise, sembrava più tranquillo.

L’avvocato non lo mollava con lo sguardo nemmeno per un secondo.

Voleva capire se Miguel, in quel momento, fosse disposto a toccare con lui il piacere per la prima volta. Magari solo un assaggio di quel piacere che lui stava bramando di provare. Già quel pensiero gli fece indurire in mezzo alle gambe. Averlo avuto vicino sul divano, gli aveva acceso tutto il corpo. Non si sentiva così da secoli. Era sconsiderato lo sapeva bene, per la situazione, per il luogo dove si trovavano e per il casino che avevano fuori quelle forti mura. Ma era più forte di lui. Miguel l’aveva sconvolto.

Il ragazzo a sua volta lo guardava con una espressione indecifrabile. Per Joe fu impossibile capire con lo sguardo cosa Miguel volesse o potesse fare. Allora decise che avrebbe osato.

Miguel si muoveva avanti e indietro per la cucina stava cercando di mettere un po’ di ordine. E mentre il ragazzo era intendo a sistemare il lavello, Joe gli andò dietro e lo abbracciò.

-Miguel… stanotte dove vuoi dormire?- Joe cercò di tenere a bada la bestia che tra le sue gambe stava prendendo sempre più volume.

Miguel si girò e lo abbracciò. Si accoccolò nel suo petto.

Joe cercò di contare fino a quando poté. Lo strinse chiudendo gli occhi.

C’era ancora Pablo in giro, si trattenne. Quante belle cose gli avrebbe fatto lì in cucina, sul tavolo, sul lavello… dappertutto.

Miguel avvertì il gonfiore tra le gambe del suo bell’avvocato. Ma nella mente ogni tanto sbucava Nesciville con il suo abnorme pene, dritto e minaccioso, che voleva violentarlo. Joe era diverso, ma il trauma ogni tanto tornava a tormentarlo.

-Joe… io so che tu hai altre esigenze. Ma non credo di essere pronto per tutto quello che vuoi tu da me!- Fece sempre tra le sue braccia.

Joe lo guardò ingoiando un grosso rospo. Ma doveva rispettarlo. Dopotutto poteva anche aspettarselo, un mostro l’aveva picchiato a sangue per cercare di fare sesso con lui. Provò un sentimento al quale ancora non seppe dare il nome.

Gli baciò la bella testa folta e bionda, lo strinse. Il suo cuore batteva forte.

Rimasero qualche secondo zitti e abbracciati. Joe si fece coraggio.

-Ok… io ti capisco. Non voglio nulla tranquillo. Non mi sognerei mai di forzarti e non vorrò mai niente che anche tu non voglia.-

Miguel sorrise, lo guardò nel viso.

-Io però una cosa la vorrei. Ma non so se si potrà fare.-

Joe alzò le sopracciglia. Quel ragazzo chissà cosa stava uscendo fuori dal suo personale cassetto delle sorprese.

-Dimmi Cucciolo, sento che potrei accontentarti su tutto.-

-Potrei dormire stretto a te lo stesso, come ieri?-

Joe rimase senza parole, lui si era accorto di ieri dopo l’incubo? E comunque era rimasto, volontariamente tra le sue braccia?

-Sì certo, sarà bellissimo come ieri.- Joe era disorientato. Non riusciva mai a capire in tempo le meravigliose sorprese di quel ragazzo. E nessuno coglieva mai impreparato Joe Shark.

Miguel gli diede un bacio sulla guancia, tornò ad affondare la testa nel petto del suo salvatore.

Pablo li vide abbracciati che si coccolavano e fu felice per loro, si ritirò in camera. Sospirò.

Il Detective era solo da molto, gli mancava una brava donna da amare e da trovare a casa la sera dopo le fatiche della giornata.

Ma appena avesse messo al sicuro Miguel e Joe, si sarebbe trasferito a Rio de Janeiro e si sarebbe rifatto lì una vita. In quella città aveva una sorella e dei nipoti. Forse anche per lui poteva esserci un amore travolgente come quello tra Joe e il giovane Miguel.

Miguel si era rinfrescato in bagno, si era tolto io vestiti e si era messo un vecchio pigiama di cotone celeste di Pablo che però gli stava piccolo e corto.

Trovò Joe con una maglietta bianca e un pantaloncino, disteso sul letto matrimoniale. Si sorrisero.

Joe batté la mano sul materasso per invitare Miguel alla loro seconda casta notte campagnola.

Miguel si distese di fianco al suo avvocato.

Joe con l’indice gli accarezzò il viso.

-I lividi stanno passando.-

-Sì, dici? Io però evito di specchiarmi per ora.-

Joe lo guardò con amore.

-Sei lo stesso bellissimo. Non ce n’è come te. Credimi.- L’avvocato lo osservava e continuava a desiderarlo. Ma doveva stare buono, si disse.

Miguel era sempre stato un empatico. Capì e sentì l’ardore, quasi incontenibile, del suo eroe americano.

-Joe, posso sempre dormire sul divano se credi che la mia presenza qui possa crearti problemi.- Joe lo osservò scuotendo la testa.

-Io ti voglio… sì, è vero, questo l’hai capito, ma devi volerlo anche tu. E anche se ti terrò solo tra le mie braccia, per me sarà lo stesso una cosa favolosa.-

Miguel allungò una mano e gli accarezzò prima il braccio tonico e muscoloso, il collo e alla fine la guancia.

Joe non aveva mai provato carezze così belle. Lui era sempre partito in quarta, specialmente la prima volta che aveva voluto qualcuno. Joe chiuse gli occhi e si godette quelle tenerezze.

Miguel si avvicinò e si rannicchiò accanto a lui. I loro visi si ritrovarono a pochi centimetri.

Joe ardeva di desiderio e per lui, sarebbe stata una prova difficile. Miguel lo baciò sulle labbra. Joe sentì risalire la sua pressione pelvica.

L’avvocato però voleva stare buono e rispettarlo.

-Cucciolo… se mi baci così, credimi … tutta la mia buona volontà va a farsi friggere. Mi capisci?- Joe pregò che non se la pendesse a male.

Miguel sorrise, fece sì con la testa.

-Scusa.-

Il ragazzo appoggiò la fronte al collo di Joe.

L’avvocato, rassegnato a fare il bravo, accarezzò la testa di Miguel. Poco dopo il ragazzo si addormentò. Joe ascoltava il respiro regolare di quel giovane brasiliano che l’aveva fatto rimbambire.

Chiuse gli occhi, scoprì un nuovo modo di amare. Un modo senza sesso, ma che gli stava dando un senso di pace e di serenità che non conosceva.

Poco dopo anche lo Squalo, addomesticato a dovere da un ragazzo appena maggiorenne, si addormentò.

Dopo un paio di ore Miguel si agitò nel sonno.

Non farmi male… non uccidermi!” Ripeteva insistentemente con un filo di voce.

Joe si svegliò, gli carezzò la testa e gli parlò dolcemente all’orecchio.

-Cucciolo è tutto a posto, sei al sicuro tra le mie braccia. Dormi Miguel. Nessuno ti toccherà più… nessuno.-

Dai grandi occhi chiusi, uscirono delle lacrime. Joe le asciugò con le sue dita. Sarebbe uscito nella notte a rompere il culo a Homer Nesciville.

Ma il ragazzo dopo le coccole e le carezze di Joe si calmò e si addormentò di nuovo.

Joe pensò che arrivati in America, se gli incubi fossero continuati, l’avrebbe messo sotto cura da Joy, lui era un mago per risolvere il traumi postumi alla violenza.

Pensò con nostalgia ai suoi amici in America, soprattutto Kitty, la sua strega… e a come poteva sentirsi Thomas, che sicuramente aveva trovato conforto da loro. Sospirò.

Per adesso la priorità era la salvezza di Miguel e sua.

Il ragazzo riprese a dormire serenamente. Lo osservò nella penombra. La cosa strana era che più lo guardava e più lo trovava stupefacente, sia nell’aspetto che nel carattere. Era dolce, calmo per natura e molto perspicace. Joe Shark che si accontentava di guardare una simile meraviglia. Sorrise di sé stesso, era proprio cotto. Poi sicuro che il suo cucciolo stesse bene, chiuse gli occhi e si addormentò.

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