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Emergenza Covid: La voce degli adolescenti

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L’associazione culturale Accademia dei Persi in collaborazione con Cafè Letterario Caltanissetta e FederEventi Caltanissetta dedicano una riflessione sugli adolescenti e sul come hanno fronteggiato la pandemia. Il videoclip “ANNAMO” racconta lo sconforto da una parte e la voglia di reagire attraverso l’espressione artistica, in questo caso la danza, di tre giovani ragazzi Gloria Grimaldi, Alice Perna e Walid Zouine. A questo si aggiungono le riflessioni di Ivana Bellomo, una psicologa che lavora prevalentemente con adolescenti, e di Giulia Leonardi, una tirocinante della scuola dell’ infanzia e primaria. Il contributo riveste una particolare rilevanza sociale, in quando volge lo sguardo agli aspetti più fragili dei giovani che spesso vengono etichettati come “irresponsabili” ma che sono anche portatori di energia. I ragazzi coinvolti nel videoclip sono stati i promotori del messaggio e hanno manifestato non solo il bisogno di tornare a una (pseudo) normalità ma anche di essere ascoltati e il desiderio di affermare che la pandemia non ha annientato, pur nelle restrizioni, la creatività.

Il video “Annamo” nasce dal desiderio di Alice e Gloria di dar voce alle istanze e ai vissuti dei ragazzi della loro età, sotto l’incombere della pandemia.
A circa un anno dall’inizio dell’emergenza, i giovani manifestano una significativa sofferenza psicologica, spesso connotata da sintomi ansioso- depressivi. Sono tante le segnalazioni provenienti dal mondo della scuola circa la tendenza sempre più preoccupante degli studenti di interrompere gli studi. E tante sono le richieste d’aiuto di genitori “impotenti” di fronte al disagio dei figli.
La pandemia ha rotto equilibri familiari, consuetudini, ritmi di vita. Pertanto essa può configurarsi come “evento traumatico” che ha fortemente compromesso il senso di sicurezza e di controllo determinati dalle nostre azioni quotidiane. Quando uno stato di allerta si prolunga, è facile che emergano sintomi d’ansia o addirittura di panico. Nello specifico, le situazioni emergenziali
determinano due diversi tipi di reazione, cosiddette di “congelamento” (immobilizzazione) e “iperattivazione” (aumento frequenza cardiaca, pressione arteriosa, ecc), entrambe normali se
temporanee. Ciò accade soprattutto in situazioni in cui le persone vengono investite in tempi brevissimi da un evento critico e devono rispondere all’istinto di sopravvivenza. La pandemia invece si è manifestata in tempi diluiti, attivando reazioni psicologiche talvolta non meno gravi di un evento catastrofico.
Ognuno di noi, secondo le proprie possibilità, ha messo in gioco risorse già esistenti e ne ha dovuto costruire nuove.
Anche gli adolescenti sono stati chiamati a esibire Resilienza. Da uno stile di vita caratterizzato da occasioni aggregative, dedizione allo sport, scuola, essi sono repentinamente caduti nel vuoto delle
restrizioni.
Nel corso dell’anno passato ho assistito al proliferare di commenti nei media o nei social sui giovani, con toni denigratori. Articoli online si trasformavano in aule di tribunale contro gli adolescenti “untori” e “fannulloni” e verso i genitori incapaci di confinarli a casa. Taluni intellettuali hanno pure esaltato la pandemia come opportunità per educare alla rinuncia e al
sacrificio le nuove generazioni. Altri interventi mediatici diventavano dispute tra insegnanti e genitori circa l’efficacia della DAD.
Come mamma e come professionista, credo nelle potenzialità del dolore che, se sostenuto, diventa possibilità di crescita per noi e per i nostri figli. Al contempo però sono amareggiata dall’assenza di
attenzione verso i giovani. Quali interventi di sostegno possono essere pensati a favore di una tappa evolutiva che per natura si nutre di Presenza, di Conflitti, di Abbracci, di Gruppalità’?
Solitamente gli interventi in emergenza sono psico-educativi, ovvero tendono a ridurre la tensione emotiva attraverso comunicazioni che diano senso a ciò che viene vissuto e a rassicurare circa la
preoccupazione di ammalarsi o di non sapere la durata dell’evento critico. Una pandemia imprevedibile che torna attraverso le varianti e con alternate aperture e chiusure, rende difficile
fornire risposte soddisfacenti. Una delle domande più frequenti per esempio dei bambini e dei ragazzi è “quando finirà tutto questo”? Con uno sfondo di estrema instabilità, è opportuno che
l’adulto garantisca la sua “presenza” in termini di chiarificazioni su ciò che accade, di accompagnamento alle diverse emozioni, di conservazione della progettualità. E’ necessario anche invitarli al senso di responsabilità verso se stessi e verso gli altri.
Ho ascoltato giovani preoccupati di non riuscire più a relazionarsi con i coetanei, giovani con insonnia, giovani preoccupati di dover presto recuperare tutto ciò che è stato perso.
E’ altresì evidente che la condizione di emergenza, così come ha colpito i più vulnerabili, ha anche potenziato alcune risorse. I ragazzi hanno anche riscoperto alcune parti di sé e sperimentato la
preziosità del tempo.
Una delle strategie più funzionali di sostegno agli adolescenti sembra proprio il coinvolgimento in attività espressive consone al loro linguaggio e alla loro età.
Il video racconta una fetta di vissuti, dallo smarrimento alla forza del gruppo. Il processo stesso che ha portato Alice e Gloria a realizzarlo è esempio di Adattamento Creativo. Il linguaggio è quello del                                                                  corpo e del movimento… perché si sa, le cose più importanti arrivano con poche parole e tante emozioni.

D.ssa Ivana Bellomo, psicologa e arteterapeuta.

 

L’ultima volta che avevo messo piede a scuola era il mese di febbraio del 2020.
Proprio il mio ultimo giorno di scuola assistevo ad una scena che fino a quell’anno era una scena normale e della quale non bisognava preoccuparsi: un bimbo in classe aveva dimenticato la merenda, tutti i
compagnetti hanno ceduto un pezzo della propria merenda per riuscire a racimolarne una intera.
Io lo appuntai sul mio diario di bordo come un gesto di inclusione, un gesto cioè che permetteva, a quel bimbo che era stato un po’ distratto quella mattina, di non sentirsi diverso.
Quel giorno ricordo di aver salutato i miei bimbi facendo loro una linguaccia e per questo motivo sono tutti scoppiati in una fragorosa risata a 28 denti.
Sono rientrata in classe a marzo 2021, i bambini non si scambiano più la merenda, se dovessero dimenticarla, le maestre offrono un pacchetto di patatine dal distributore.
Non si possono più scattare foto ricordo, e non solo per motivi di privacy come prima dell’avvento del COVID, ma per motivi di
sicurezza questa volta perché scattare la foto significa abbracciarsi o stringersi e questo non è più possibile.
I sorrisi dei bambini non sono più facilmente riconoscibili, così come
non lo sono i bronci.
Ho imparato a memorizzare i nomi associandoli alla forma degli occhi, al taglio di capelli, al colore dei capelli.
Noi adulti, ancora una volta, abbiamo tanto da imparare dai bambini.
I bambini che non hanno paura di bussare sulla spalla di un compagnetto per dirgli “ehi Mario stai indossando male la mascherina, dovresti coprire anche il naso”.
I bambini che sono stati costretti ad imparare ad usare il computer, perché è importante sottolineare che la scuola è un ambiente vario fatto figli di persone che hanno avuto la possibilità di imparare ad
usarlo, ma anche di persone che per mancanza di interesse o assenza di mezzi non ne hanno mai avuto la possibilità.
I bambini che ogni due mesi cambiavano luogo in cui svolgevano le loro ore di lezione ora a casa, ora a scuola, senza mai protestare.
Quindi se sei arrivato alla fine di questa lettera, rivaluta le tue priorità, rivaluta la tua necessità di cocktail, di scampagnata insieme agli amici, di spesa sette volte al giorno, di libertà perché «è una dittatura sanitaria».
Ogni volta che cerchi di ottenere le tue libertà, fregandotene di ciò che il mondo sta vivendo, potresti ledere la normale libertà di un bambino di donare un pezzo di merenda al proprio compagno sbadato.

Giulia, una qualsiasi tirocinante della scuola dell’infanzia e primaria.

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