Anm, riforma ordinamento giudiziario, chiede un confronto con il legislatore sui contenuti
I magistrati del distretto di Caltanissetta intendono richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui pericoli della riforma dell’ordinamento giudiziario, già approvata alla Camera dei deputati, che lungi dall’essere “la migliore riforma possibile”, come definita dal Ministro della Giustizia, in certi suoi aspetti rischia di minare irrimediabilmente i valori dell’autonomia e dell’indipendenza della Magistratura, quali pilastri del sistema costituzionale.
La riforma impone la gerarchizzazione negli uffici giudiziari e il primato assoluto delle statistiche a discapito di qualunque valorizzazione della qualità, mortificando quel “diritto vivente” che, con l’interpretazione evolutiva, ha risposto alle esigenze di modernità della società. Il giudizio non sarà più libero e i magistrati non potranno valutare le peculiarità del caso specifico dovendosi conformare in modo burocratico e passivo ai precedenti delle Corti superiori, a danno dei cittadini, sia imputati che persone offese.
Il fascicolo del magistrato esiste già, perché la valutazione dei magistrati è svolta ogni quattro anni per sette volte nell’arco della vita professionale.
Con le nuove norme si introduce una “schedatura” di fatto che pare ritagliata sull’obiettivo di spingere il magistrato al conformismo, cioè a una interpretazione burocratica del proprio ruolo che gli eviti fastidi da parte di chi può e conta.
Si attribuisce il diritto di voto sulla valutazione dei magistrati a chi esercita la professione forense nel medesimo ufficio giudiziario del magistrato soggetto alla valutazione di professionalità senza contemplare alcun requisito di terzietà per neutralizzare i possibili conflitti di interesse. La ancora più rigida separazione delle funzioni giudicanti e requirenti è solo un cavallo di troia, preludio all’introduzione nel nostro ordinamento della separazione delle carriere. E si badi che ovunque al mondo ci sia una qualche declinazione della separazione delle carriere, il P.M. è legato all’esecutivo di cui deve eseguire ordini e direttive.
In Italia il P.M. non è solo una parte, ma è una “parte pubblica” cioè un magistrato che ricerca la verità processuale e ha come primo dovere quello di svolgere attività di indagine a favore dell’indagato.
Conviene alla democrazia e soprattutto ai cittadini “separarsi” da questo modello di P.M. legato alla cultura della giurisdizione?
Non vogliamo svolgere una difesa corporativa e siamo i primi a ritenere l’indifferibilità di riforme che – per usare le parole del Presidente della Repubblica – devono riportare “i cittadini a poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario”. Le nuove regole elettorali del CSM, invece, anziché prevenire le deprecabili logiche di potere più volte censurate dal Presidente Mattarella, mantengono inalterato il peso delle correnti. Convinti della centralità della funzione giudiziaria come difesa della democrazia, come Magistrati della Repubblica Italiana, a conferma del nostro giuramento, continueremo a tutelare i diritti dei cittadini, ad assicurare un controllo effettivo di legalità, con onestà intellettuale, lealtà alle leggi dello Stato e indipendenza di giudizio, soggetti soltanto alla legge e rispondendo esclusivamente all’interesse dei cittadini.
Auspichiamo pertanto che a seguito delle iniziative assunte dall’Anm si intraprenda un confronto produttivo con il legislatore sui contenuti della riforma.
La Giunta Sezionale di Caltanissetta
(Chiara Benfante, Santi Bologna, Calogero Cammarata, Eleonora Guarnera, Lugi Lo Valvo, Martina Scuderoni, Massimo Trifirò)