Il tentativo di introdurre un telefono cellulare nel carcere di San Cataldo è andato a vuoto grazie all’intervento della Polizia penitenziaria. A darne notizia è il sindacato autonomo Polizia penitenziaria (Sappe). “Una donna, ammessa a colloquio con il familiare detenuto, ha passato un telefono cellulare al detenuto ma è stato subito fermata e denunciata”, spiegano Lillo Navarra e Vincenzo Mattina, segretario e vice per la Sicilia del Sappe. “Il personale di Polizia penitenziaria è particolarmente impegnato nel contrasto all’ingresso di telefoni cellulari in carcere e, ha per questo da tempo intensificato la vigilanza e ha ottenuto questo importante risultato. Nonostante, nella maggior parte degli istituti penitenziari, si stiano adottando misure di sicurezza basate sulla dinamicità e sulla videosorveglianza, che a nulla servono se non si prevede l’obbligo del lavoro per i detenuti, non ci sono telecamere e altri sistemi di sicurezza che possano intervenire e sostituire la professionalità della Polizia penitenziaria”. Commenta Donato Capece, segretario generale del Sappe: “Questi episodi, oltre a confermare il grado di maturità raggiunto e le elevate doti professionali del personale di Polizia penitenziaria in servizio nel carcere di San Cataldo, ci ricordano che il primo compito della Polizia penitenziaria è e rimane quello di garantire la sicurezza dei luoghi di pena e impongono oggi più che mai una seria riflessione sul bilanciamento tra necessità di sicurezza e bisogno di trattamento dei detenuti. Tutti possono immaginare quali e quante conseguenze avrebbe potuto causare l’introduzione di un telefono cellulare in un carcere”. Il Sappe, nel sottolineare le costanti criticità del carcere, mette in luce “quali e quanti disagi quotidiani caratterizza il lavoro dei baschi azzurri di San Cataldo, a cui va il nostro sincero ringraziamento per quel che fanno ogni giorno per la sicurezza sociale”.
(Foto Il Resto del Carlino)