Perfect Sensuality. L’eroe americano – Capitolo quinto
Brasile
Belo Horizonte
Joe aveva chiuso la telefonata con Thomas, ma non ne aveva ricevuto il conforto che si aspettava. Sapeva però che non dipendeva dal suo compagno. Era lui che si sentiva strano.
Aveva sentito poco prima arrivare un’ambulanza e tanta agitazione. Poi il silenzio. Chissà chi ci aveva lasciato la pelle in quella strana, pericolosa, notte!
I sanitari sembravano agitati. Sbuffò e pregò invece che quel giovane ragazzo ce la facesse, anche se lo aveva visto messo male. Ancora aveva nella mente i suoi occhioni spaventati, il suo viso bellissimo quando come un’apparizione era sbucato fuori dalla camera del mostro. Prima di essere massacrato. E si sentì sempre più in colpa per non aver rischiato prima. Ma ormai, si disse, era fatta.
Era seduto nel deserto corridoio del pronto soccorso, da un bel po’, quando vide arrivare un uomo.
Sicuramente era un poliziotto, pensò osservandolo. L’uomo indossava un vecchio e stropicciato abito di lino color corda. Aveva gli occhi arrossati, segno che era stato svegliato da quella denuncia improvvisa.
L’uomo gli andò incontro.
-Salve io sono il detective Pablo Semar. E sono stato incaricato di seguire questo caso. Lei è l’avvocato del ragazzo, mi pare di aver capito?- L’uomo porse la mano a Joe.
Joe accettò d’istinto quell’incarico, dopotutto lo aveva salvato da morte certa e si sentiva ormai responsabile per la giovane e sfortunata vita Miguel.
-Sì, sono il suo avvocato e quello che lo ha salvato dal mostro. Sono americano.-
-So chi è lei. I medici mi hanno fatto la prima relazione sul caso.-
Il detective lo osservava serio. Pablo anche se sapeva di avere davanti Joe Shark sembrava comunque preoccupato.
L’uomo gli chiese di ripetere, per filo e per segno, tutto quello che era successo al Club Leon D’oro.
Il detective prese appunti sospirò e lo guardò in viso. Doveva testare la fama e la tempra del cosiddetto “Squalo.”
-Avvocato, qui siamo a Belo Horizonte, non è il suo territorio. Qui Homer Nesciville è considerato un terribile e temuto semidio.-
Joe si indispettì a quelle parole.
-E allora? Facciamo passare liscia questa cosa orribile? Lo stava ammazzando… lo capisce sì o no?-
L’uomo scosse la testa.
-Homer Nesciville ha creato una rete di corruzione molto fitta e impenetrabile!- Fece il detective serio.
-Quel porco ha le ore contate… tra poco, la sedia dove è comodamente seduto il caro petroliere, salterà in aria. Un giornalista, Romeo Felipe… gli farà il culo a stelle e a strisce!- Joe batté il pugno sulla sua stessa mano.
Pablo si passò le mani fra i corti capelli ricci e lo osservò.
-A proposito, è successa una cosa, avvocato… grave.-
-Cosa?- Fece Joe serrando la mascella.
-Romeo Felipe, il giornalista di cui parlava… è morto poco fa, finendo fuori strada con l’auto. Era a due passi dalla sua redazione. Dalle prime indiscrezioni sembra che abbia avuto un malore, e ha sbandato. È morto sul colpo.-
Joe raggelò, portò le mani in testa. Senza Romeo era solo contro quel mostro. Il giornalista gli aveva parlato di una microcamera nascosta che aveva ripreso tutto.
Il detective gli poggiò una mano sulla spalla.
-Ma sappiamo entrambi che la verità è un’altra. Giusto? Non capisco come siete riusciti ad arrivare fin qui, sani e salvi.-
-Forse perché al vigliacco gli ho rotto le palle, con un calcio. L’ho messo KO per un bel po’. Spero che perda l’uso del pisello, quel maniaco.-
Pablo lo osservò preoccupato.
-Vuole il mio consiglio da amico e non da poliziotto?-
Joe lo osservò con gli occhi arrossati e stanchi.
-Sentiamo, che dovrei fare?-
-Se ne torni immediatamente a New York. Io qui lo dico e qui lo nego. Poi faccia come vuole.-
Joe era scioccato.
-Cosa?-
-Vuole tornare vivo a casa? O dentro una cassa!-
Joe sorrise nervosamente.
-Io non mollerò. Chiaro? Quel mostro deve pagare!-
Pablo scosse la testa.
-Ha i documenti con sé?-
Joe si toccò sotto la camicia, le buone abitudini premiavano sempre. Poi pensò a Miguel.
-Sì. Sono a posto.-
Pablo sparò la sua bomba.
-Avvocato… potrebbe portare in salvo anche i ragazzo? Nesciville vorrà completare l’opera, non è un tipo che molla. Si vendicherà, garantito al cento per cento.-
Joe pensò immediatamente a Thomas. Deglutì incerto, e non era da lui esitare così. Per quel ragazzo provava un’attrazione irresistibile. E sapeva che Thomas se ne sarebbe accorto subito. Non era sicuro di volerlo perdere. In fondo aveva passato cinque anni insieme a lui. Anche se si sentiva annoiato e soffocato da lui, gli voleva bene. Era combattuto. Pablo lo osservava in silenzio.
-Ma non avete programmi di protezione testimoni?- Fece Joe stanco e nervoso.
-Non lo salverei lo stesso. Nesciville ha molti poliziotti corrotti nel suo libro paga.-
Ma Joe si passò nervosamente le dita fra i capelli.
-Ma anche volendolo salvare… Miguel avrà i documenti al bordello Leon D’oro, no?- Pensò costernato Joe. Senza passaporto non avrebbe potuto lasciare il Brasile con il ragazzo.
-Penso io a recuperare i documenti di Miguel. Lei ci pensi su un po’. Io posso farvi uscire vivi! Ma dobbiamo fuggire subito, senza perdere tempo!-
Joe parlò d’impulso forse per lo stress.
-No. Io voglio lottare, il mondo sarà migliore se sparisce dalla circolazione uno come Nesciville.-
Pablo cercò di restare lucido, anche se condivideva le parole dell’avvocato. Sapeva anche che, l’avvocato, non aveva nessuna possibilità di vincere contro quel mostro. Rimasero in silenzio per qualche secondo. Ognuno perso nei propri turbinosi pensieri. Felipe pensò al male che il petroliere aveva fatto alla sua famiglia, e decise.
Quell’uomo gli piaceva, quel ragazzo non meritava di morire come invece era successo a suo nipote. E li avrebbe aiutati come meglio poteva.
-Ok… vi potrei coprire se mi seguite senza perdere tempo. Ma non deve aprire una inutile battaglia legale con lui!-
-No, mi spiace agente. So chi è Nesciville. Ma Joe Stevenson non scappa mai davanti a niente!-
Pablo lo osservò serio, ma dentro gli avrebbe gridato al sua ammirazione.
-OK, io ho detto già troppo. A suo rischio e pericolo, comunque si guardi le spalle. Io so cosa dico avvocato, non sono né fantasie e né sciocchezze. Lei ha una visione, come dire, intrepida della vita. Io ho imparato invece che la pelle va salvata anche con mezzi meno nobili!-
L’uomo si alzò. Respirò a fondo rassegnato.
-Io ho la sua denuncia, la sua versione. I referti medici, le registrazione del suo arrivo qui con Miguel ferito seriamente. Quando il ragazzo si sarà ripreso sentirò lui. È la vittima dopotutto, la sua denuncia è fondamentale.-
-Appena sarà trovata la microcamera di Felipe Romeo, avremo la prova madre. E io garantirò una difesa adeguata al ragazzo.- Fece Joe stanco, ma sicuro di sé.
-Auguri!-
Si diedero la mano, Pablo gli diede nel frattempo il suo bigliettino da visita.
-Appena il ragazzo potrà parlare, mi chiami. E raccoglierò la sua testimonianza. Anche se ripeto … penso che è da folli. Lei e il ragazzo rischiate grosso.-
Joe lo guardò male, dritto negli occhi.
-Se le sembra un osso duro quel pezzo di merda di Nesciville… non ha mai conosciuto me, ok?-
Pablo lo osservò. Ma prima di andare si girò un ultima volta.
-Avvocato Stevens, se si mette male, mi chiami… e io le farò lasciare il Brasile… vivo!-
-Io combatterò quell’animale a casa sua.-
Pablo scosse la testa. Quello era davvero un osso duro, incosciente.
-Avvocato. Io posso aiutarla, per il ragazzo non garantisco, ma lei può salvarsi.- Pablo volle essere ripetitivo apposta. Ma Joe non mollò la sua presa.
-Io difenderò Miguel, a ogni costo.- Joe non capiva perché quell’uomo insistesse in quel modo.
L’agente si fece vincere dalla curiosità. Anche se immaginava benissimo almeno un paio di motivi.
-Perché le sta a cuore questa storia? Miguel Martinez è un estraneo per lei.-
Pablo lo guardò serio.
Ma Joe non poteva dire:
“perché mi ha stregato, e non faccio che pensare ai suoi bellissimi occhi verdi, smarriti e indifesi.”
Si limitò a dire invece che lo faceva per principio, per umanità e senso di giustizia.
Il detective se ne andò guardando preoccupato, temendo che, fra poco, avrebbe visto il corpo dell’avvocato senza vita.
***
Pablo appena fuori dall’ospedale, entrò dentro la sua macchina.
Si guardò attorno, e non vide gente o macchine sospette, forse aveva tempo per fare un salto all’orfanotrofio. Doveva darsi una mossa in fretta. Voleva aiutare quel testone di avvocato e, anche il ragazzo se fosse stato possibile.
Seguiva da anni il modus operandi di Gomes Peralio e sapeva che teneva sequestrati i documenti dei ragazzi, per tenerli buoni e ricattarli.
Poi prese dal portafoglio, una foto. Una foto di un ragazzo, Tonido. Suo nipote, figlio di suo fratello. Un fratello vittima di un brutto incidente stradale, morto sul colpo insieme a sua moglie. Baciò la piccola immagine, aveva gli occhi lucidi.
Lui, Tonido, era così rimasto orfano a sedici anni, e aveva avuto la sfortuna di finire tra le grinfie di Gomes Peralio. Lui da single sregolato, non aveva potuto adottarlo. L’altra sorella non aveva i mezzi e abitava lontano. Il giovane era rimasto così nell’ istituto gestito da quel porco di Peralio, pensò con rabbia. Appena maggiorenne, Tonido, pochi giorni più tardi, era come sparito. Dopo dieci giorni era stato trovato in un vicolo, ferito a morte. E, dopo una lunga agonia, era morto per emorragia celebrale. Con rabbia aveva indagato e aveva saputo che suo nipote era morto a causa delle violenze devastanti di Homer Nesciville. Ma l’inchiesta invece aveva parlato solo di un regolamento di conti fra giovani delinquenti. Le tracce trovate invece avevano portato ad un bordello delle periferie di Belo Horizonte, frequentato occasionalmente da Homer Nesciville.
Lui non aveva potuto fare niente, nemmeno cominciare un’indagine. Nessuno l’aveva aiutato. Si erano tutti spaventati.
Ma stavolta con l’aiuto del caparbio e cazzuto avvocato newyorchese, si disse, avrebbero fatto un bel sgambetto al mostro maniaco, in un modo o nell’altro. E aveva insistito tanto nel dissuaderlo, per capire meglio se l’avvocato poteva finalmente essere il buon compagno di lotta, un alleato che lui cercava da tempo, e combattere contro il petroliere senza scrupoli.
***
Joe era stremato dopo tutto quello che era successo, sentiva che gli occhi pesanti, arrossati.
Cercò qualcuno per sapere di Miguel, ma sembrava quasi un luogo abbandonato.
Decise di rinfrescarsi il viso in bagno.
Entrò, ma subito dopo sentì dei passi nel corridoio.
Aprì leggermente la porta e vide avanzare tre uomini vestiti di scuro. Avevano i guanti neri. Li vide di spalle.
Joe ebbe un brutto presentimento, ripensò alle parole del detective. Ma lui era lo Squalo. Li avrebbe fregati tutti. Uscì silenziosamente e si infilò dentro una stanza di fronte al bagno.
Dentro c’era un camice bianco appeso ad un attaccapanni.
Lo indossò, prese una cartelletta e andò nella direzione opposta a quelli che sembravano proprio sicari. Si infilò dove avevano portato Miguel.
Avanzò cauto, incontrò un’infermiera.
Grazie al suo portoghese parlato quasi alla perfezione e al suo bell’aspetto, catturò subito l’attenzione della ragazza.
-Salve, mi devo occupare del giovane paziente Miguel Martinez, il ragazzo che hanno portato d’urgenza circa tre ore fa.-
La ragazza sorrise, trovandolo bello ed affascinante, non fece caso che non aveva nessuna targhetta sul camice, come tutti gli altri.
-Hanno appena finito di fargli la tac… e di dargli i punti al labbro. Poverino era ridotto male.-
Lui sorrise e cercò di stare calmo, ma sapeva di avere poco tempo a disposizione.
-Bene e in quale stanza?-
La ragazza lo osservò con gli occhi languidi.
-Dottore… lei è nuovo vero?- Fece facendo scorrere gli occhi per tutta la persona.
Joe cercò di stare calmo, ma avrebbe urlato.
-Sì… mi scusi, io devo compilare la cartella clinica. Mi dice, per cortesia, dov’è il paziente?-
La ragazza si morse il labbro.
-Mi segua dottore.-
Joe sospirò, quella non lo avrebbe mollato facilmente.
La seguì. Lei si muoveva ancheggiando, ma a Joe stavano fondendo tutti i nervi per altri motivi.
L’infermiera gli indicò la stanza numero 26.
Dentro sentiva dei macchinari in funzione e delle voci.
Joe afferrò la maniglia e vide in lontananza delle ombre dietro la porta che divideva il corridoio, dal reparto. Doveva guadagnare tempo.
Lui si avvicinò alle orecchie della giovane infermiera e cercò di sfruttare il suo fascino.
-Senti carissima… potresti farmi un favore?-
-Certo, mi dica dottore.- Fece lei con fare ammiccante.
-Ok… Grazie. Sei proprio bella, sai… poi magari ci prendiamo un caffè insieme.-
La ragazza fece un largo sorriso.
-Certo, volentieri. Mi dica… cosa devo fare?-
-Vedi quella gente la fuori? Vorrà entrare e sapere del ragazzo. Tu potresti dirgli che si trova in un altro reparto? Ti prego… sono dei giornalisti bugiardi e impiccioni. Ti diranno il contrario, ma tu non credergli li ho visti giù in astanteria e so quello che dico. Poi ti spiego meglio. Ti dovrò ringraziare poi, ok?- Fece lui indicando le ombre che sembravano indugiare.
-Ok… odio i ficcanaso, sarà un piacere per me. A dopo allora. Non so il suo nome però.- La ragazza notò solo allora che il bel medico che aveva davanti non aveva la targhetta.
Joe per passarla liscia mise una mano sulla spalla della ragazza. Questa arrossì vistosamente. Lui sapeva di avere molto ascendente sulle donne.
-John Shark. Mio padre è americano.-
-Ok dottor Shark. Wow che nome particolare. A dopo.-
Lui le carezzò il viso e le sorrise.
Appena la ragazza fu andata via, lui tirò un sospiro di sollievo, in un secondo levò il camice abbandonò su un divanetto la cartelletta, ed entrò nella stanza numero 26.
Attorno a Miguel, che sembrava addormentato, Joe vide tre dottori e due infermieri.
Un medico aveva una lastra nelle mani che stava osservando contro luce, un altro dottore leggeva dei fogli e il terzo era al telefono.
I due infermieri furono i primi a girarsi al suo ingresso. Ma parlò uno due medici.
-Avvocato! Che ci fa qui?-
-Sono più di tre ore che aspetto. Allora, come sta?-
Fece nervoso Joe, Miguel aveva il viso pesto. Al sopracciglio e ad un lato della bocca, aveva subito alcuni punti. A Joe venne una tale rabbia che avrebbe divorato vivo Homer Nesciville.
Il dottore gli si avvicinò.
-Sarei venuto da lei, tra poco. Dopotutto quello che ha subito, sta bene. A parte gli evidenti lividi, non ha lesioni organiche. I punti spariranno, ha una buona pelle, molto elastica. E anche la tac alla testa, è negativa. Non ci sono emorragie.-
Joe sospirò felice, anche se si sentiva distrutto.
-E dagli altri esami? Infezioni, patologie pregresse… insomma tutto.- Fece senza sapere il perché.
-É sano, non ha malattie virali o batteriche. Sta bene.-
-Tracce di… rapporti? Sospetto che sia stato violentato brutalmente.- Joe lo disse con profondo fastidio.
-Non abbiamo riscontrato tracce biologiche in tal senso. Niente sperma nelle parti intime, parti che per fortuna sembrano intatte, non so se mi spiego. Dunque nessun pelo pubico estraneo. Nessuna contusione, abrasione o lesione da rapporto sessuale coatto. Io potrei dire e sottoscrivere che sì, è stato picchiato a sangue ma non è stato violentato. In un certo senso va a favore del suo aggressore.-
Joe era contento che Miguel non avesse subito la violenza completa, alla fine lui era arrivato in tempo. Ma la gioia finì all’istante, senza tracce biologiche compromettenti la situazione processuale di quell’animale si alleggeriva e di molto.
Joe che aveva lavorato per qualche anno in ambito penale, queste cose le sapeva bene.
Passò le dita tra i folti capelli lisci e brizzolati. Sospirò, decise in un attimo cosa avrebbe fatto.
Senza il reportage del giornalista Romeo Felipe, senza tracce biologiche tutto si stava complicando a loro sfavore.
Un giorno Nesciville avrebbe pagato, ma non per il momento.
Gli uomini dietro la porta a vetri chiusa a chiave videro avanzare una sagoma di donna.
Era una giovane infermiera.
Uno dei tre parlò a nome di tutti.
-Signorina, infermiera… dove è ricoverato Miguel Martinez?-
La ragazza sorrise.
-L’hanno portato al suo reparto poco fa. Voi chi siete?-
-Amici, preoccupati. Quale reparto, mi dica, per cortesia?-
-Medicina generale… al sesto piano.-
Lei si complimentò con sé stessa per l’idea che le era venuta.
I tre si guardarono negli occhi.
Poi il portavoce si rivolse di nuovo alla giovane.
-Ci dovrebbe essere un uomo qui. Un tizio che ha portato il ferito all’ospedale. Uno, alto e brizzolato. Sa per caso se è con il ragazzo?-
La giovane ebbe l’impressione che quella gente non fosse della stampa. Ma ormai avrebbe retto il gioco al bel dottore Shark.
-In effetti il signore che mi descrive è andato via con il ragazzo, sempre su al sesto piano. Ma non è orario di visite… non vi faranno entrare, vi conviene tornare domani.-
I tre sorrisero appena.
-Ok grazie. Ce la sbrighiamo noi. Arrivederci.-
L’infermiera chiuse la porta a vetri a chiave e tornò indietro decisa a prendersi il suo bel premio.
***
Joe era seduto sul letto, accanto a Miguel che dormiva profondamente.
Gli avevano dato dei forti antidolorifici. I dottori e gli infermieri erano usciti un attimo.
Joe passò una mano sulla fronte del ragazzo, che aveva i bei capelli biondi tutti appiccicati di sangue e di sudore. Ma anche così mal messo, lui lo trovava bellissimo. E per Miguel, Joe, provava una preoccupazione che non aveva mai sperimentato nemmeno per i suoi familiari.
Osservò le ampie spalle e la pelle che, laddove non era piena di lividi di ogni sfumatura, sembrava fatta di seta e del colore dell’ ambra.
Joe era sicuro che il giovane Miguel sarebbe tornato lo splendido ragazzo che aveva conosciuto per pochi minuti.
Lo Squalo non avrebbe mai dimenticato il balzo che aveva fatto il suo cuore, non appena gli splendidi occhi verde chiaro l’avevano inquadrato. Il viso perfetto, regolare, dai lineamenti sofisticati, dolci e delicati. La voce poi gli sembrò di un ragazzo puro e innocente che stava per essere brutalmente ucciso da una bestia immonda, delle peggiori.
Scosse la testa e si pentì amaramente di non essere intervenuto prima.
Poi gli prese una mano e gliela strinse dolcemente. Chiuse gli occhi. Sentiva una corrente strana, mai provata prima.
Poi gli fece una piccola carezza al viso, pesto e gonfio.
Pensò a Thomas. Ritirò la mano, come se si sentisse colpevole.
Sentiva che, dentro di lui, era cambiato qualcosa, irrimediabilmente.
Portò le mani in viso. Era distrutto.
Prima di crollare, però, voleva chiamare il detective. Il giochetto dell’infermiera, avrebbe esaurito il suo vantaggio molto presto.
Ma dopo cinque squilli, si inserì la segreteria. Joe non si diede per vinto.
“Detective… i miei amici sono a caccia qui all’ospedale, li ho fatti depistare ma non durerà… lo sento! Ho poco tempo. Io vado via, mi ha convinto… Miguel viene con me, altrimenti rischierò qui con lui. Risolviamo la faccenda dei documenti del ragazzo, per favore. L’aspetto, faccia prima possibile.”
Disse quelle frasi guardando il viso addormentato del giovane che l’aveva stregato.
Poi rimise il telefonino in tasca, pregando che il detective facesse in tempo. Miguel girò il viso verso di lui. Joe lo osservò e con un dito lo sfiorò. Il ragazzo si mosse, lui ritirò la mano, non voleva spaventarlo. Miguel continuò a dormire.
Il letto era abbastanza largo da permettergli di distendersi di fianco. Sentì tutte le sue ossa fargli male. Non dormiva da 28 ore.
Sentì il respiro regolare e tranquillo di Miguel, che aveva la maschera per l’ossigeno. Doveva agire subito, anche se il suo cervello rischiava di spegnersi sul serio. Era stremato.
Si disse che forse poteva chiudere gli occhi solo per qualche minuto.
Il sogno
Joe era comodamente seduto sul suo divano nell’appartamento di New York.
Il grande televisore al plasma era acceso. Stava per vedere un bel film.
All’improvviso una mano gli servì dei popcorn davanti il viso. Lui sorrise, posò il vassoio sul divano e afferrò dolcemente quel bel braccio tirandolo. Ma invece che trovare Thomas, gli cadde sulle gambe Miguel.
Joe non provò turbamento o sorpresa, anzi da subito sentì una forte emozione. Il ragazzo lo fissò ridendo e lui gli prese il bel viso, baciandolo. Il suo volto era integro, bellissimo e senza brutti segni. Lui trovò quel bacio meraviglioso. Unico. Sentì che gli apparteneva, che era suo.
Si sentì tremare dentro. Non aveva mai provato nulla di simile.
Ma una mano si infilò nel bel sogno, un tocco estraneo lo scosse.
E sembrava chiamarlo.
***
Il dottore vide l’avvocato americano disteso accanto al ragazzo.
Sembrava dormire profondamente.
L’uomo conoscendo la fama e i gusti sessuali dell’americano, si diede occhiate di divertimento con i colleghi. Poco vicino c’era un letto vuoto, ma Joe detto lo Squalo, aveva preferito stare stretto e vicino al ragazzo. Poi ripensando da dove i due provenivano, arrivarono alla naturale conclusione. Ma lo stesso provarono ammirazione per il coraggio dell’americano che si era messo contro quel mostro di Nesciville. Tutti ormai lo chiamavano “l’eroe americano.”
Il dottore mise di lato la sua morale, e ammirò solo l’uomo forte e coraggioso. Lo scosse lievemente. Erano mancati circa una ventina di minuti dalla stanza del giovane paziente.
***
Joe fu scosso e si svegliò di colpo. Si sentiva a pezzi.
Vide i tre medici che lo guardavano e che si stavano occupando delle flebo di Miguel.
-Avvocato c’è il detective Pablo Semar. Deve svegliarsi. È successa una cosa grave. –
Joe anche se gli girava la testa, si alzò. Miguel si mosse e cercò di aprire gli occhi, ma forse per il gonfiore non poté.
I dottori provarono a togliere il respiratore, per vedere se il ragazzo riusciva a cavarsela da solo. Aveva ricevuto parecchi colpi al petto all’altezza dei polmoni, anche se non aveva lesioni, l’ossigeno lo stava aiutando a far funzionare quei delicati organi.
E con gioia di tutti, Miguel, prese a respirare autonomamente senza problemi. Ma il ragazzo comunque sembrava agitato.
Joe se fosse stato solo, l’avrebbe abbracciato per tranquillizzarlo. L’avrebbe stretto a sé con amore. Ma voleva evitare di dare nell’occhio.
Si osservò un secondo la mano. C’era ancora il segno dell’anello che Thomas gli aveva regalato un paio di anni fa. Ma lui, da tempo, aveva scelto di toglierlo.
***
Pablo Semar era stato all’orfanotrofio.
Poco prima aveva ricevuto il messaggio di Joe Stevenson. Felice della decisione dell’avvocato, aveva chiaro come avrebbe agito. Scappare o restare era irrilevante, l’importante era fare incazzare sul serio Homer e farlo diventare una bestia, farlo sbagliare. Batterlo ed umiliarlo.
Aveva così svegliato il direttore con aria dura e di rimprovero, aveva chiesto i documenti di Miguel Martinez. Pablo per fargliela fare sotto, gli raccontò che per colpa sua il ragazzo aveva rischiato di morire.
Il detective avrebbe ammazzato con le sue mani quel maniaco di Peralio. Sapeva delle violenze che il mostro faceva ai ragazzi.
Ma lui, come i colleghi, avevano le mani legate.
Gomes Peralio era coperto dalla mala vita di Belo Horizonte perché forniva sistematicamente merce fresca per i vari bordelli gay, e per i vari club privati della regione. Tutti ragazzi soli, senza famiglia e facili prede. E quei giovani sprovveduti finivano quasi tutti male. Suo nipote ne era un triste esempio.
Pablo si sentì fremere, doveva vendicare suo nipote e centinaia di giovani vittime. Aiutare Miguel Martinez , che stava per essere ammazzato allo stesso modo, la sentì come una rivalsa , era come una missione.
E si disse che avrebbe tentato di tutto per guastare la festa al petroliere deviato.
Fece la voce grossa e si fece dare i documenti di Miguel, Gomes stravolto e soffocando la sua rabbia, consegnò la busta bianca al detective.
Pablo controllò che fossero davvero i documenti del ragazzo, lo osservò accennando un sorriso.
-Bravo direttore, bisogna collaborare con la polizia e non solo con la mala vita.-
Gomes visibilmente infastidito lo guardò con odio.
-Si goda la sua piccola vittoria, detective. Non penso che ne avrà altre.- Sibilò l’uomo con rabbia.
Ma Pablo lo osservò con repulsione. Si alzò e si avviò.
Appena il detective fu andato via, Gomes prese di corsa il telefono.
***
Pablo era così tornato di corsa all’ospedale. Stranamente per l’ora, aveva visto confusione.
Un’infermiera spaventata del sesto piano, che era corsa incontro, gli aveva riferito che tre uomini erano entrati in reparto, girando per le stanze con aria minacciosa. I tre erano ancora in giro per gli altri reparti in cerca di qualcuno. Pablo sapeva che cercavano Miguel e l’avvocato per portarli dal petroliere, che li avrebbe poi torturati e ammazzati.
Il detective impugnò la pistola. Non c’era tempo da perdere.
Corse al reparto dove davvero si trovava Miguel e li trovò i tre medici che lo stavano curando.
Poco dopo vide intontito e assonnato Joe Stevenson, Miguel che si era appena svegliato, sembrava un po’ agitato.
-Avvocato… ho sentito il messaggio, sono qui per aiutarla. Non c’è tempo da perdere… ho posteggiato la macchina all’uscita d’emergenza dell’ospedale. Dobbiamo andare via, gli uomini di Nesciville vi cercano senza sosta. Torneranno qui per interrogare i medici.-
Anche i sanitari si spaventarono per le parole concitate di Pablo, tutti temevano e odiavano Homer Nesciville. Ma il coraggio dell’americano e del detective, dette forza anche a loro che si diedero subito da fare.
Joe, senza perdere tempo, cercò di recuperare la lucidità necessaria. Guardò Miguel che sembrava disorientato.
Dallo sguardo di Pablo, non c’era davvero più tempo da perdere.
I medici tolsero le flebo al ragazzo, Joe con l’aiuto del detective, lo presero ognuno per un braccio e lo sollevarono.
-Forza Miguel dobbiamo andare, poi riposerai.- Fece Joe cercando di usare un tono tranquillizzante. Il ragazzo si reggeva a mala pena in piedi, ma avvertì il pericolo e cercò di collaborare come meglio poteva. Si sentiva tutto dolorante.
I dottori e gli infermieri, compresa la bella ragazza che aveva aiutato Joe, li videro andare via verso la zona dispensa e si fecero il segno della croce.
Si guardarono negli occhi, anche loro avrebbero fatto la loro parte, se quei vigliacchi si fossero di nuovo presentati in reparto.
Tutti odiavano Homer Nesciville e tutti avevano più o meno un motivo per mettersi contro di lui, e avrebbero coperto la fuga del povero ragazzo e aiutato il coraggioso avvocato a scappare.
***
Joe si sistemò nel sedile di dietro con Miguel, così come era successo quando erano arrivati con il povero giornalista.
Joe prese fra le braccia Miguel, che era spaventato e dolorante. L’effetto delle medicine stava finendo.
-Dove andiamo?- Fece con un filo di voce il ragazzo a Joe che lo osservava nella penombra.
-Al sicuro, quel bastardo non si arrende… ma io ti difenderò ad ogni costo.-
Miguel guardò preoccupato gli occhi dell’uomo che lo stava aiutando e che probabilmente gli aveva salvato la vita e, piangendo, l’abbracciò. L’avvocato sentì un maremoto di emozioni, diverse da tutte quelle che nella vita gli era capitato di provare.
Joe per la prima volta in vita sua, fu impreparato a quell’onda emotiva. Pablo li osservò un attimo dallo specchietto.
-Avvocato… accanto a lei, nella tasca interna della mia giacca, c’è la busta con i documenti di Miguel e i moduli per la borsa di studio. Con quelli appena avrà il passaporto, potrà farlo uscire dal Paese.-
Joe, piacevolmente sorpreso, sorrise debolmente al detective.
-Grazie. Davvero, non lo dimenticherò!-
-Aspetti a ringraziarmi, ci vorranno un paio di giorni per fare il passaporto a Miguel. Solo dopo che vi avrò messo su un aereo per l’America, potrà farlo!-
-Ma Nesciville sospetterà questa mossa.- Disse preoccupato Joe.
-Non si preoccupi ho un paio di colleghi puliti all’ufficio passaporti, che mi copriranno. Tutti quelli onesti odiano Homer Nesciville.-
Detto ciò calò il silenzio. La strada davanti a loro sembrava deserta.
Joe, assorto, accarezzava i capelli del ragazzo per calmarlo. Miguel ogni tanto lo guardava. Pian piano si stava tranquillizzando.
Joe poco dopo si chiese dove lo stava portando.
-Dove siamo diretti?-
-Vi porto in un posto tranquillo, così ridotto il ragazzo desterà curiosità e quella bestia scatenerà l’inferno per trovarlo.-
Joe chiuse gli occhi e sospirò. Miguel gli era ancora stretto addosso. Sembrava così indifeso. Lo strinse dolcemente e gli scappò un bacio sulla testa.
Il ragazzo lo guardò con gli occhi pieni di lacrime.
Joe invece gli sorrise.
-Cerca di riposare. Sei al sicuro con me. Adesso è tutto a posto, ce la caveremo.-
Miguel tirò su con il naso, abbassò il viso e si strinse ancora di più al suo salvatore, chiudendo gli occhi.
Joe nonostante la situazione, in quel momento, si sentì felice di avere Miguel sano e salvo tra le braccia.
***
Homer Nesciville stava distruggendo il suo studio personale.
Aveva avuto il ghiaccio tra le gambe per tutta la notte. I suoi uomini avevano perso l’avvocato e il ragazzo. Avevano visto gironzolare nei paraggi il detective Pablo Semar. Quello stronzo che da anni lo stuzzicava.
Con quello sbirro aveva già avuto problemi e, nonostante gli avesse ammazzato decine di colleghi testardi e ostinati, lui non si arrendeva. Aveva cercato di uccidere anche lui, ma quello se l’era sempre cavata in qualche modo. Sembrava avere un sesto senso che gli faceva fiutare i guai. Il poliziotto molesto poi non aveva fissa dimora, ed era dunque difficile aggredirlo a sorpresa. Pablo Semar, più delle volte spariva nel nulla. Ma questa volta non sarebbe stato fortunato, l’avrebbe ammazzato, se lo giurò. Gli avrebbe scatenato l’inferno addosso. A lui e all’avvocato.
Per Miguel aveva in mente delle cosucce particolari. Dopo essersi finalmente soddisfatto, lo avrebbe fatto a pezzi con la sega elettrica, lentamente. Si sentiva furioso come mai in vita sua. Solo il giornalista era stato sistemato.
Il motivo perché quell’idiota volesse a tutti i costi andare alla sua redazione per Homer restò un mistero. Ma nel dubbio l’aveva fatto ammazzare.
Homer strinse i pugni, si toccò fra le gambe, per poco non aveva perso i testicoli. Ma le pomate e roba bianca in polvere, l’aveva un po’ calmato. E ne aveva presa tanta stavolta. Il dolore era stato tremendo.
Dopo la visita del suo medico di fiducia, era risultato che non avrebbe potuto fare sesso per qualche giorno, ma non aveva lesioni gravi.
***
Pablo arrivò in una grande casa di pietra, in mezzo al nulla.
Scese, aprì il pesante portone chiuso con una grossa catena e tornò alla macchina.
Aiutò l’avvocato Stevenson a sorreggere Miguel.
Il ragazzo era sveglio, ma pieno di dolori. Pablo coprì l’auto con un telo. Joe reggeva Miguel che gli stava abbracciato. Quel contatto allo Squalo piaceva da morire, non disse nulla ma ogni tanto guardava i bei occhioni verdi tutti pesti, e sorrideva. Miguel sembrava più sereno.
Tutti e tre entrarono dentro. Pablo accese il quadro elettrico. Joe sotto braccio a Miguel notò che dentro era arredato in modo molto rustico, l’ambiente però si presentava ordinato e pulito.
Il detective osservò lo sguardo meravigliato dell’avvocato.
-La uso quando voglio isolarmi dal mondo. E salvarmi il culo dall’ira del mostro petroliere. Nessuno sa che esiste. L’ho comprata una decina di anni fa. È il mio rifugio e, adesso, anche il vostro.- Fece malinconico.
Joe gli sorrise, poi fece sedere il ragazzo sul grande divano messo nella saletta d’ingresso.
Miguel appoggiò la testa alla spalliera, si sentiva tutto rotto.
Pablo lo osservò e andò nel piccolo bagno annesso alla stanza. Prese una bustina e la sciolse in un bicchiere d’acqua.
Poi porse il bicchiere a Miguel.
-Tieni è un antidolorifico, ti aiuterà anche a dormire.-
Il ragazzo bevve il liquido arancione tutto d’un fiato. Poi tornò appoggiato al divano, stremato.
Joe lo osservò. Il ragazzo fece lo stesso. Tra loro passò uno sguardo che non sfuggì a Pablo.
Pablo fece segno a Joe di seguirlo.
Di fronte la grande saletta d’ingresso, c’era un piccolo corridoio.
-Qui c’è la cucina, poi una camera da letto grande e poi una stanzetta.-
-Grazie davvero, ma posso chiedere perché fa tutto questo per noi? Perché non chiede al suo capo di appoggiarla? Ai suoi colleghi alla centrale?-
Il detective lo osservò accennando un sorriso.
-Tutti corrotti. È storia vecchia ormai. Il capitano primo fra tutti lecca il culo al petroliere da anni. E poi Nesciville ha ucciso mio nipote qualche tempo fa e tanti miei colleghi nonché amici. Lo odio. Basta come motivazione?-
Joe gli poggiò una mano sulla spalla.
-Stiamo messi bene! Basta eccome, purtroppo! Mi dispiace. Grazie di cuore, non lo dimenticherò.-
-Di nulla… voglio solo che andate via dal Brasile, sani e salvi. Io me la caverò come sempre.-
Pablo accese la luce della camera da letto.
-Lei e il ragazzo potete sistemarvi qui, Io prenderò la cameretta. Ok?-
Joe sospirò, avrebbe diviso il letto con Miguel alla fine, pensò ironicamente.
-Ok… vediamo se al ragazzo va, però, mi sembra scosso.-
-Certo. Fate voi. Io prendo le lenzuola pulite, non vengo qui da un po’.-
Joe tornò in soggiorno e vide Miguel rannicchiato sul divano che dormiva profondamente. Non si sentì di spostarlo. Tornò indietro e si fece dare da Pablo una coperta.
-Lasci stare il letto. Miguel si è addormentato sul divano e non voglio svegliarlo.-
Pablo sorrise.
-Come vuole avvocato.-
Joe torno nel soggiorno, coprì Miguel dopo avergli accarezzato i capelli. Decise che forse era ora di riposare le sua malconce ossa. Poi all’improvviso, si ricordò che doveva chiamare Thomas. Erano le quattro del mattino.
Con sgomento vide lampeggiare la batteria del suo telefono, il caricatore era nel borsone nella camera d’albergo. Lo spense, a questo punto avrebbe fatto accumulare un po’ di carica e avrebbe provato a telefonare domani.
Osservò un attimo Miguel e, sorridendo felice di averlo lì con sé , decise che non l’avrebbe lasciato solo e avrebbe dormito vicino a lui. Unì due grandi poltrone e ne fece un letto. Prese una copertina e si sistemò di fianco al divano. Spense la luce. Si girò di fianco, verso Miguel.
Dalle grandi finestre entrava la pallida luce della luna. Il cielo era limpido e stellato. Sentiva il respiro regolare del ragazzo. Con quel dolce suono nelle orecchie, con l’immagine del suo viso addormentato, chiuse gli occhi. Crollò immediatamente.
Pablo comunque sbirciò i due ospiti e osservò la sistemazione alternativa dell’avvocato. Sorrise sotto i baffi, aveva capito tante cosa da quel gesto. E dallo sguardo di poco prima.
Lui non aveva mai avuto difficoltà ad accettare i differenti gusti sessuali delle persone, ognuno nella vita doveva essere libero di esprimere l’amore come meglio credeva. L’importante era non nuocere al prossimo.
Spense tutte le luci, si assicurò che porte e finestre fossero ben chiuse, decise di andare a riposare anche lui. Era stata una serata e una nottata molto pesante, meritavano tutti e tre di riposare.