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L’esperimento del cemento Made in Gela: la produzione dai gusci delle ostriche

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Dal passato al presente ricercando materiali di costruzione super resistenti. Un campo in cui l’eccellenza l’hanno raggiunta nella storia gli antichi romani. Reggono ancora oggi, a distanza di millenni, monumenti ed infrastrutture costruiti dagli antichi Romani nell’Urbe ma anche nelle varie province dell’impero. Dal maestoso Colosseo a ponti, porti, acquedotti sparsi per l’Europa e l’Africa, questi monumenti si ergono solidi a sfidare il tempo perché realizzati con un cemento che Plinio il Vecchio definì come “inespugnabile alle onde marine e ogni giorno più resistente del giorno precedente”.

C’entra il mare nella ricetta della malta dei Romani che più il tempo passa e più si indurisce, caratteristica non presente, invece, nel moderno calcestruzzo che dopo mezzo secolo tende a sgretolarsi. Il segreto della ricetta dei Romani i ricercatori  ritengono di averlo scoperto. Uno studio di un paio di anni fa dei geologi dell’Università dello Utah rivela che il cemento dell’Urbe era un mix di ossido di calcio, acqua di mare e ceneri vulcaniche in cui si inserivano poi  frammenti di tufo, mattoni e cocci per formare il cosiddetto cementizio, uno dei primi esempi di calcestruzzo della storia. Gli ingredienti si conoscono ma manca l’anello fondamentale e cioè le dosi esatte di ciascuna componente. L’innesco era sicuramente l’acqua di mare.

«Mi trovavo a Roma al Colosseo e parlando con un amico archeologo sulla tecnica di costruzione di quel monumento – racconta il prof. Tornetta – ha avanzato tra le varie ipotesi quella che nella malta vi fossero gusci di ostriche. Ho pensato di dedicare l’anno scolastico a questa ricerca» .

Al Professionale di Gela di cui è dirigente Linda Bentivegna i laboratori sono ben attrezzati, quel che manca sono i fondi per i materiali e per poter brevettare le scoperte. Ciò che è a dosi massicce, invece, è l’entusiasmo degli alunni, la voglia di scoprire. Il  team  composto dai prof. Rosario Tornetta, Federico Ferrigno ed Enzo Migliore e dagli alunni della quarta classe dell’indirizzo “Produzione artigianale Made in Italy” si è messo all’opera studiando e lavorando sui gusci delle ostriche .«È molto importante pulire bene i gusci delle ostriche – spiega l’alunno Andrea Tuccio – e solo dopo potranno essere frantumati per ridurli a polvere e poi introdurre la stessa nel forno». «Abbiamo fatto vari  esperimenti prima di ottenere il cemento  -aggiunge il compagno Salvatore Palumbo – e nel laboratorio c’era un odore di pescheria ogni volta che lavoravamo sui gusci di ostrica» .

«All’inizio non credevo che avremmo raggiunto il risultato – continua Alessandro Di Franco – ma non abbiamo mollato e il risultato ci inorgoglisce».

Gusci di ostiche ben lavate e pulite, frantumati nel modo giusto fino alla riduzione in polvere ma il segreto per ottenere il cemento  a presa rapida sta nel trovare il punto giusto di fusione. C’è, in verità, qualche altro accorgimento da usare ma il prof. Tornetta non vuole svelarlo. Con i suoi alunni effettua la prova davanti a noi e dal forno del laboratorio della scuola esce una mistura di colore grigio. Il prof e gli alunni  rompono un mattone in due parti, le legano con il cemento ottenuto dal guscio di ostriche e nel giro di qualche secondo l due mattoncini  sono perfettamente attaccati l’uno all’ altro. Quello “Made in Gela” non sarà il cemento degli antichi Romani ma sicuramente questo prodotto che viene dal mare sembra avere una resistenza notevole e per di più contribuisce al riciclo dei rifiuti impiegando quei gusci di ostriche che dai ristoranti finiscono in discarica.

Ancora una volta, ieri come oggi, c’entra il mare.

Esperimento riuscito, dunque  nel laboratorio della  scuola con il prof e gli alunni disponibili a dialogare con chi volesse finanziare ulteriori ricerche fino  ad arrivare al brevetto di quel cemento.Una fase che da sola la scuola non può affrontare per mancanza di fondi. (La Sicilia – Maria Concetta Goldini)

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