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“Tentò di uccidere il rivale”. Condanna a 10 anni definitiva per un riesino che sconterà la pena in carcere

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Anche la Corte di cassazione ha inchiodato alle sue responsabilità il riesino Cosimo Mussomè, 68 anni, confermando e rendendo quindi definitiva la condanna a 10 anni e 8 mesi per tentato omicidio. Questo perché, secondo l’accusa, Mussomè voleva uccidere il rivale in amore Rosario Ferraro, 37 anni, quando lo colpì con una coltellata al petto; e adesso Mussomè è stato arrestato dai carabinieri per essere condotto nel carcere “Malaspina” di Caltanissetta, dove sconterà la pena.

Un episodio da “cavalleria rusticana” in piena regola, secondo l’interpretazione degli inquirenti e adesso anche della Procura generale della Cassazione, il cui rappresentante ha chiesto la conferma della pena, così come il legale di parte civile di Ferraro, l’avvocato Vincenzo Vitello, il quale ha anche sollecitato e ottenuto pure la conferma del risarcimento danni.

Il 19 luglio di tre anni fa i due riesini si erano incontrati in piazza Mercato a Riesi per chiarire le loro divergenze: entrambi si contendevano l’amore di una donna rumena che vive a Riesi. Ma la discussione finì in tragedia visto che Mussomè tirò fuori il coltello che aveva con sé e colpi Ferraro al torace. Il giovane venne soccorso e trasportato in elicottero al “Sant’Elia”, dove i medici riuscirono a salvargli la vita. Mussomè venne rintracciato poco dopo il fatto dai carabinieri: in tasca aveva ancora il coltello e addosso le tracce di sangue dopo lo scontro. Attimi di panico quelli successivi; uno dei passanti, rimasto anonimo, chiamò immediatamente il “112” e fu avvisato anche il “118”. A Riesi atterrò anche un equipaggio dell’elisoccorso: Ferraro aveva infatti perso conoscenza e le sue condizioni apparvero fin da subito gravissime e fu trasportato in elicottero all’ospedale “Sant’Elia” di Caltanissetta. A salvargli la vita i medici nisseni al termine di un complicato intervento chirurgico. Nel frattempo i carabinieri avevano iniziato a investigare e immediatamente risalirono all’identità dell’aggressore.

Ma la tesi accusatoria non reggeva, secondo l’avvocato difensore Sinuhe Curcuraci, che aveva chiesto il riconoscimento della legittima difesa putativa, e cioè, secondo la difesa, in quel momento Mussomè ebbe la percezione di essere in pericolo e tirò fuori il coltello in un accenno di difesa. Adesso si attende che la Cassazione depositi la motivazione della sentenza.

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