Riesi. Omicidio Piero Di Francesco. "Ecco perché a ucciderlo fu il padre". Depositata la motivazione della sentenza d'appello - CaltanissettaLive.it - Notizie ed informazione - Video ed articoli di cronaca, politica, attualita', fatti
Lingua:
Per info, lettere o comunicazioni scrivete a redazione@caltanissettalive.it

Riesi. Omicidio Piero Di Francesco. “Ecco perché a ucciderlo fu il padre”. Depositata la motivazione della sentenza d’appello

Condividi questo articolo.
Rate this post

<<La confessione fatta da Stefano Di Francesco sulla tomba del figlio è assolutamente genuina in quanto era inconsapevole di essere registrato. Confessione che è immune da intenti auto calunniatori o menzogneri>>. E’ uno dei passaggi chiave della motivazione della sentenza d’appello per l’omicidio del giovane imprenditore di Riesi Piero Di Francesco, risalente al 9 gennaio 2012. Nel novembre scorso la Corte d’assise d’appello nissena ha condannato all’ergastolo il padre della vittima, Stefano Di Francesco, 68 anni e adesso i giudici hanno depositato la motivazione.

Punto chiave dunque la confessione che l’imputato fece sulla tomba del figlio, un monologo registrato da una cimice piazzata dai carabinieri sulla lapide di Piero di Francesco, davanti alla quale Stefano sfogò la sua disperazione dicendo in dialetto: <<Fu un colpo solo per difendermi, mi pareva che eri partito per me, dovevo fare morire tutti e ci hanno fatto ammazzare tra di noi>>. Per i giudici, in questo monologo, c’è anche la prova dei contrasti tra padre e figlio sulla gestione dell’azienda di famiglia culminati poi nella tragedia del 9 gennaio 2012.

I giudici hanno anche valutato la successione degli eventi di quel tragico giorno di sei anni fa e, secondo quanto la loro valutazione Stefano Di Francesco avrebbe avuto tutto il tempo, tra le 11.19 e le 11.24 di sferrare un colpo alla testa al figlio – con un oggetto contundente, mai ritrovato – e poi di caricarne il corpo su una vecchia auto aziendale alla quale diede prima fuoco e sulla quale gettò poi del terreno utilizzando un escavatore. Secondo l’accusa per simulare un tentativo di soccorso. Tutto si verificò in contrada Bannuto, proprio nei pressi della sede dell’azienda di famiglia, impegnata nel settore delle bonifiche ambientali. Sugli spostamenti di vittima e imputato hanno giocato un ruolo determinante i tabulati telefonici e i rilevamenti fatti grazie ai segnali che i cellulari emettono e che vengono captati dai ripetitori, dando così la possibilità di determinare le posizioni delle persone in un determinato momento.

Inoltre, per i giudici d’appello, la vittima, per via probabilmente del colpo alla testa subito, era in un totale stato di incoscienza visto che, quando le fiamme avvolsero l’auto su cui era stato caricato il corpo, non fece alcun movimento. Ricostruzione a cui sono arrivati i periti che hanno analizzato le tracce delle ustioni sui resti di Piero Di Francesco, stabilendo anche che c’era stato un danno encefalico diffuso, tale da determinare la perdita di coscienza.

La vedova, la madre e il fratello dell’imputato sono parte civile con gli avvocati Margherita Genco e Walter Tesauro e per loro era stato disposto il risarcimento danni; adesso gli avvocati difensori Michele Micalizzi e Giampiero Russo si preparano a ricorrere in Cassazione.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Su questo sito utilizziamo strumenti nostri o di terze parti che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente usati per permettere al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare statistiche di uso/navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare opportunamente i nostri servizi/prodotti (cookie di profilazione). Possiamo usare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti ad offrirti una esperienza migliore con noi. Cookie policy