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Lettera di Rocco Gumina: “Oltre il populismo, il programma di Luigi Sturzo”

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Con l’Appello ai Liberi e Forti del 1919 nasceva il Partito Popolare Italiano. Fondato, e a lungo guidato, da Luigi Sturzo, il partito d’ispirazione cristiana ha avuto una grande rilevanza nella storia del nostro Paese. In occasione dell’imminente ricorrenza del centenario della fondazione, risulta necessario tornare a riflettere su quell’esperienza politica. Infatti, il popolarismo conserva una significativa attualità politico-culturale capace di offrire alcuni sostegni alla democrazia occidentale la quale, ormai dappertutto, ha raggiunto lo stato degenerativo del populismo.

La storia e il messaggio del Partito Popolare vanno compresi a partire dalla vicenda politica, culturale e biografica di Luigi Sturzo. Il sacerdote di Caltagirone fu in grado di sintetizzare il processo sociale del movimento cattolico italiano e di esprimerlo attraverso il popolarismo come teoria dello Stato. Di recente, il prof. Eugenio Guccione – già docente ordinario di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università degli Studi di Palermo – ha ripubblicato con Di Girolamo Editore, in un formato aggiornato e ampliato, una biografia del presbitero siciliano intitolata Luigi. Sturzo. Il prete scomodo fondatore del Partito Popolare Italiano (1919). Si tratta di un valido strumento di rilettura storica per conoscere tanto il pensiero quanto l’opera politica del sacerdote calatino spinto all’impegno sociale da una saggia interpretazione delle istanze evangeliche e dall’enciclica Rerum novarum di Leone XIII.

Per Guccione, la visione politica sturziana va, anzitutto, interpretata con l’espressione – da lui utilizzata sin dagli anni giovanili – “programmi e non persone”. Questo slogan condensa una proposta in grado di superare da un lato ogni sterile leaderismo e dall’altro qualsiasi inconcludente idealismo. Difatti, dalla sua esperienza amministrativa a Caltagirone, Sturzo comprese che l’unico modo per combattere e debellare la pratica clientelare e il trasformismo era la proposizione di partiti di programma in grado di rappresentare le istanze popolari. Da ciò, a parere di Guccione, si evince che per il prete calatino la prassi democratica si costruisce dal basso e all’interno di una visione sociale e politica d’ispirazione cristiana: «Con Sturzo nacque una teoria cristiano-democratica degli enti locali che si pone a fondamento, diventandone un tutt’uno, con la teoria popolare dello Stato» (p. 61).

La qualificazione cristiana della politica avanzata da Luigi Sturzo non va confusa con una forma di dominio integralista e dogmatico della religione nei confronti dell’ambito politico. Si tratta invece, come dimostra l’Appello ai Liberi e Forti, di una scelta etica di fondo che nel pieno rispetto dell’aconfessionalità degli istituti democratici propone un progetto sociale e politico generato da una visione cristiana della storia e della realtà umana: «Sturzo si affrettava a proclamare un principio su cui punterà tutta la vita: l’indispensabile laicità del partito da lui proposto. E ciò in quanto il cristianesimo nella sua forma ufficiale di cattolicesimo non può essere ridotto a partito» (p. 63). Per tale motivo, il Partito Popolare Italiano era aperto al contributo di cristiani e di non credenti che, a partire da istanze condivise, desideravano arginare e superare la paralisi politica che colpì l’Italia negli anni successivi alla prima guerra mondiale. La base costitutiva sulla quale costruire un progetto politico condiviso era il principio per il quale: «esiste una sola e unica, morale sia per il cittadino operante nel privato, sia per il cittadino impegnato nel pubblico» (p. 13). La moralizzazione della vita pubblica fu un caposaldo del pensiero politico del sacerdote siciliano. Sturzo, infatti, dalle sue prime esperienze amministrative a Caltagirone sino al suo impegno da senatore a vita condannò con ogni mezzo la corruzione del sistema politico italiano.

Dalla visione cristiana della storia, Sturzo configurava il suo popolarismo sia contro il monopolio dello Stato accentratore e burocratizzato generato dai liberali italiani sia contro l’ideologizzazione del popolo avanzata dal pensiero marxista. A tali derive monopolistiche, il popolarismo sturziano contrapponeva il riconoscimento di una società plurale nella quale agiscono socialità primarie come la famiglia, la religione, la politica e alcune secondarie fra cui l’economia e il sistema di accordi internazionali. Difatti, secondo il leader dei popolari, la pluralità della società è l’unica via per garantire la vita associata capace di originare il nuovo cittadino fedele al metodo democratico. Inoltre, sulla questione della società plurale, Sturzo attribuiva particolare importanza alla libertà di insegnamento considerata come una piattaforma indispensabile della pubblica istruzione e, in generale, della cultura poiché: «L’esercizio della libertà di insegnamento mette i cittadini nelle condizioni di essere rispettosi e gelosi delle altre libertà e li educa, sin dalla loro più tenera età, al gusto e alla pratica della democrazia» (p. 88).

Il volume di Eugenio Guccione è una valida ricognizione della vicenda politica, culturale e biografica di Luigi Sturzo. Gli insegnamenti e la testimonianza del fondatore del Partito Popolare Italiano confermano che il populismo, ultimo stadio degenerativo raggiunto dalle democrazie occidentali, può essere superato dal ripensamento radicale della politica. Questo, a parere di Sturzo, deve avviarsi verso: una politica centrata sui programmi e non sulle leadership; una prassi democratica costruita dal basso delle amministrazioni locali; un forte impegno per la moralità pubblica al fine di limitare e debellare ogni pratica corruttiva; il riconoscimento della pluralità sociale.

L’attualità del messaggio politico sturziano è evidente agli occhi degli osservatori, degli studiosi e dei credenti. Urge, adesso, una nuova generazione di Liberi e Forti per riproporre le istanze popolari in un tempo di crisi delle istituzioni democratiche tanto simile a quello che portò alla nascita del Partito Popolare Italiano.

Rocco Gumina

 

 

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