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“Biglietto di andata e ritorno” di Salvatore Paci – Capitolo 7

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Biglietto di andata e ritorno

un thriller di Salvatore Paci

Capitolo 7

Questa quarta lettera inseriva nella storia un attore nuovo: il dottor Marcelli. Lui e Castrogiovanni avevano stretto un patto per condividere gioie e dolori. Avevano avvicinato Alessandro e questi aveva individuato un metodo che credevano vincente. Indubbiamente, per un po’ di tempo la tecnica aveva continuato a dare esiti positivi. Ero curioso di leggere la statistica in questione. Sapevo che si trovava nel file “statisticametodo” ma… cosa fare per interpretarlo?

Si trattava di raccogliere per bene i pensieri.

Di quali dati certi disponevo?

Primo: Castrogiovanni leggeva i miei articoli. Secondo: aveva cercato di commissionarmi un lavoro di programmazione per la realizzazione di un metodo con la relativa statistica. Terzo: Gheppio aveva istruito Alessandro fornendogli le indicazioni necessarie per lavorare.

Mi sforzai di ragionare.

Probabilmente, Castrogiovanni aveva chiesto al programmatore di compilare la statistica in un modo particolare. Quale?

Se si fosse fatto influenzare dagli articoli che scrivevo nel giornale, avrebbe chiesto di stampare i dati nel formato che a lui era più familiare: quello che io usavo nelle statistiche che pubblicavo sulle riviste.

Avviai Lottery Sniper, il mio software per il Lotto.

Simulai la creazione di un metodo per ambo con dieci numeri, così come quello che aveva realizzato Alessandro. I parametri che inserii erano casuali. Mi serviva solamente capire se ciò che avevo in mente aveva una valenza o meno. Guardai la statistica che venne fuori. Era la seguente:

1.Sab 02/03/2005 11.12.13.14.20.26.27.38.49.50 A 11.26 su PA 2° colpo (Sab 09/03/2005)

I dati si leggevano in questo modo: il carattere “1” indicava che “Sab 02/03/2005” era la prima estrazione del mese. I dieci numeri, separati dal punto, erano i numeri da giocare. La lettera “A” e quello che seguiva indicavano che si era ottenuta la vincita dell’ambo “11.26” a Palermo, al secondo colpo di gioco. La data della vincita era a fine riga, racchiusa tra parentesi tonde.

Contai i caratteri utilizzati per comporre la riga, conteggiando anche gli spazi. Erano novanta. Esattamente il numero delle terzine che componevano la prima riga del file “statisticametodo”.

Mi venne un lampo di genio.

Forse ogni gruppo di tre cifre del file codificava in codice Ascii il relativo carattere.

Nella statistica che avevo appena realizzato il sesto carattere era uno spazio e sapevo che in codice Ascii lo spazio aveva come valore “032”.

Feci una prova.

Aprii il file “statisticametodo” e, contemporaneamente, un nuovo documento di testo.

La prima terzina del file era “049”.

Mi spostai sul nuovo documento e premetti i tasti “Alt” e “049”. Venne fuori il numero “1”.

La seconda terzina era “046”.

Utilizzando la stessa procedura ricavai il punto.

Capii immediatamente che avevo fatto centro. Un paio di minuti dopo avevo realizzato il testo della prima riga del file.

1.Sab 02/03/1996 20.37.61.67.50.53.65.75.89.68 A 37.89 su PA 2° colpo (Sab 16/03/1996)

Non mi andava di fare tutto il lavoro a mano e quindi, armato di tanta pazienza, creai velocemente un programma per trasformare le terzine nei relativi caratteri.

Ottenni la statistica che aveva ricevuto Castrogiovanni.

I dati erano compresi tra Marzo 1996 e Dicembre 2000.

Durante tutti quei mesi il metodo aveva sempre dato una vincita. Naturalmente, Gheppio lo aveva giocato da Gennaio 2001 in poi.

Utilizzai nuovamente Lottery Sniper per realizzare la statistica comprendente anche i mesi che andavano da Gennaio 2001 a Marzo 2005.

Mi interessava sapere come si era comportato il metodo a partire dal momento in cui Castrogiovanni lo aveva cominciato a giocare.

Stampai i dati e li guardai attentamente.

Gheppio aveva vinto ogni mese, per sedici mesi di seguito. Precisamente fino ad Aprile 2002.

Il mese successivo aveva dato esito negativo.

A Giugno riprese a funzionare per altri cinque mesi per poi dare un’altra battuta d’arresto a Novembre 2002.

I seguenti quindici mesi erano stati vincenti.

Pensai alla gioia di Castrogiovanni e Marcelli durante quei mesi.

Maggio e Novembre 2002 avevano dato esito negativo ma, sicuramente, le vincite ottenute fino a quel momento erano superiori alle perdite di quei singoli mesi per cui i due soci non avranno incontrato gravi difficoltà economiche. E cosa dire delle quindici vincite consecutive? Ecco perché Castrogiovanni si era potuto permettere di regalare denaro ai figli e di cambiare automobile.

A Marzo 2004 altro mese negativo seguito da quattro positivi e quattro negativi.

Quattro negativi?

Da agosto a ottobre 2004 il metodo non aveva dato alcuna vincita.

Chi conosce bene il Gioco del Lotto, sa che una serie del genere porterebbe alla miseria anche una multinazionale, immaginiamoci Gheppio e Marcelli.

Quattro mesi negativi si traducono in 60 giocate sfavorevoli.

Per seguire un metodo come quello di Castrogiovanni, con dieci numeri da giocare per quindici colpi, era necessario applicare una progressione di puntate. Vincendo soltanto 5,5 volte la posta, era obbligatorio aumentare progressivamente la puntata a ogni estrazione. Simulando di giocare dieci euro a colpo, se la vincita fosse arrivata, ad esempio, al sesto colpo, si sarebbero giocati 60 euro e se ne sarebbero vinti soltanto 55. In questo caso non si guadagnava, bensì si perdeva. Ecco perché a ogni estrazione era necessario aumentare la posta in gioco. Simulai una progressione per cercare di ottenere almeno il 50% di quanto investito. Partendo dai modesti dieci euro, si arriva a puntarne 450 al quindicesimo colpo, con un investimento totale di 2.475 euro. Secondo me, Castrogiovanni e Marcelli non avevano cominciato la progressione partendo da una puntata da dieci euro. Ero quasi certo che, incoraggiati dalle vincite precedenti, avevano cominciato le singole giocate puntando almeno 100 euro. In questo caso, una serie negativa di quindici colpi avrebbe comportato una perdita di 24.750 euro.

Ma i guai non finivano lì.

Dovendo giocare per quindici colpi, le puntate si accavallavano. Ad esempio, supponendo di giocare, con esito negativo, il metodo elaborato ad agosto 2004, giunti a settembre i giochi da seguire diventavano due: quello di agosto che ancora non aveva dato vincita e il nuovo di settembre. È vero che a ottobre finiva la giocata d’agosto ma è anche vero che ne cominciava una nuova. Solo a pensarci mi provavo un senso di confusione. Immaginiamoci Castrogiovanni e Marcelli. Una tragedia.

Cominciavo a capire perché Gheppio era scomparso.

Secondo me, in quei quattro mesi, aveva perso tutto quello che aveva guadagnato in circa tre anni e mezzo di vincite.

Guardai l’orologio e mi accorsi che segnava le due e diciotto.

Controllai velocemente la mia posta elettronica. Carla mi chiedeva che fine avessi fatto e se c’erano novità riguardanti la storia di Gheppio.

Le risposi che era tutto sotto controllo e che presto le avrei scritto una mail per raccontarle tutto.

Non volevo scrivere nulla che Giuseppe potesse leggere.

***

Martedì, 5 Aprile 2005

Mentre facevo la doccia valutai se telefonare a Gheppio Junior per comunicargli quello che avevo scoperto. Poi, però, pensai che sarebbe stato più opportuno finire di leggere tutte le lettere, prima di contattarlo. Queste mi avevano riservato fino a quel momento molte sorprese e, presumibilmente, ce n’erano in serbo delle altre.

Il malessere di Castrogiovanni lo aveva portato ad avere incubi terribili. In verità, pensavo che si trattasse, invece, di allucinazioni. L’alcolismo è terribile e procura danni irreversibili. Mi dedicai alla quinta lettera di Gheppio.

Carissimo figliuolo, il metodo che Alessandro aveva individuato era davvero ottimo. Il pacco mi arrivò il 5 febbraio e la prima cosa che feci, insieme con Marcelli, fu quella di controllare se la previsione elaborata a Gennaio era ancora valida.

Ci accorgemmo che il 13 gennaio c’era stata già la vincita. Addirittura si trattava di un terno: 17–74–67. Peccato!

Marcelli mi chiese come mai la statistica del metodo riportava la vincita dell’elaborazione di dicembre, ottenuta il 24 gennaio e non faceva riferimento alla vincita del metodo di gennaio che era arrivata addirittura prima, il 13 gennaio.

Pensai che fosse un’osservazione giusta e chiamammo il programmatore per avere chiarimenti.

Si giustificò dicendoci che il metodo era stato individuato a fine gennaio e quindi, anche se lui avesse inserito quella riga mancante, non avremmo in ogni caso potuto giocarla. Era vero. Non era stato precisissimo nel compilare la statistica però, in effetti, pur conoscendo l’esito del metodo elaborato a gennaio, non sarebbe cambiato niente.

Elaborammo la previsione di Febbraio e ottenemmo i dieci numeri da giocare. La giocammo per l’estrazione del 7 febbraio e non uscì. La rigiocammo per quella del 10 e sortì l’ambo 57–67 a Palermo. Avevamo ottenuto la nostra prima vincita.

Da quel mese in poi fu un successo dietro l’altro.

Io e Marcelli giocavamo ognuno per conto proprio. Lui amava più di me il rischio e, nel corso dei mesi che seguirono, si arricchì. Letteralmente.

Io trascorrevo serenamente le mie giornate e anche le notti. Tutto quello che avevo vissuto fino a gennaio, era soltanto un brutto ricordo.

Ogni tanto mi sorprendevo a pensare all’incubo che avevo avuto. In un paio di occasioni fui sul punto di entrare nuovamente in crisi. Succedeva quando mi ponevo delle domande: “Avevo fatto realmente il patto col demonio? Da quando avevo fatto quel sogno orrendo avevo vinto mese per mese, senza interruzione. Avevo realmente ricevuto la chiave del lotto? Se era andata davvero così… sarebbe arrivato il giorno in cui avrei dovuto rendergli l’anima?”

Questi pensieri mi distruggevano e facevo di tutto per distrarmi.

Vincevo soldi a volontà. Questo lo sai. In famiglia avete goduto anche voi dei frutti di queste vincite.

Tutto andava per il verso giusto.

Adesso devo lasciarti ancora una volta. Mancano cinque minuti alla mezzanotte.

So cosa starai pensando: prima mio padre mi dice che quei brutti momenti sono ormai un ricordo e poi mi scrive che è quasi mezzanotte e deve scappare via?!?

Non posso spiegarti tutto adesso ma… capirai senz’altro quando verrà il momento.

A dopo!

Roberta tornò dal lavoro e mi invitò a cena a Porto Empedocle. Durante il percorso affrontammo l’argomento Castrogiovanni. Roberta era fiera di me. Sapeva che sarei riuscito a interpretare il file “statisticametodo” ma continuò a essere crudele con Gheppio. Odiava tutte quelle persone che si abbandonavano all’alcol e al gioco. Le facevano ribrezzo. Non aveva tutti i torti ma forse, in questo contesto, sarebbe stato preferibile concentrarci sulla storia e su nient’altro.

Alla rotatoria Giunone tirammo dritto e superammo il bivio per San Leone. Avevo guidato molto lentamente e quando entrammo a Porto Empedocle erano le diciannove e trentacinque. Era troppo presto per andare al ristorante e trascorremmo qualche minuto in macchina, mano nella mano, guardando il mare. Alle ventidue in punto avevamo già finito di mangiare ed eravamo seduti su uno degli enormi blocchi di cemento del molo. La luna era quasi sulla linea dell’orizzonte e disegnava una striscia argentata che, dondolandosi sull’acqua del mare, s’infrangeva contro i blocchi di cemento sui quali stavamo seduti. Stavo godendo di un momento magico. Ero sereno e tutto mi appariva meraviglioso. La risacca del mare faceva da sottofondo musicale mentre noi stavamo lì a coccolarci, dicendoci silenziose frasi d’amore con il linguaggio degli sguardi. Vidi una barca ormeggiata a pochi metri da noi. Mi misi in piedi sul blocco di cemento e aiutai Roberta ad alzarsi. Raggiungemmo insieme la passerella e scendemmo sulla barca che oscillava sotto di noi. Il mondo lo lasciammo alle nostre spalle. Non esisteva più. L’universo era composto solamente di noi due, dei nostri baci, dei nostri respiri che lentamente si trasformarono in sospiri.

Alle ventitré e quarantacinque eravamo già sulla via del ritorno, entrambi rilassati e soddisfatti della serata trascorsa. Le curve si alternavano monotonamente riservandoci soltanto oscurità e qualche faro che incrociavamo lungo il percorso. Roberta ogni tanto si assicurava che io fossi completamente sveglio. La musica di Radio CL1 era davvero di ottima qualità. A quell’ora della notte venivano proposti gli ever-green. Si passava dagli Abba ai Pink Floyd, da Melodramma di Andrea Bocelli a The Joshua Tree degli U2.

Roberta abbassò il volume della radio.

«Posso farti una domanda?» esordì.

«Certamente, dimmi.»

«Qualche giorno fa, parlando di Gheppio, mi dicesti che probabilmente aveva sentito realmente quei canti demoniaci.»

«Sì, è vero.»

«Scherzavi, vero?»

«Assolutamente no.»

«Ma dài!»

«Giuro che parlavo seriamente.»

«Non ci posso credere! Il mio fidanzato crede a queste cose?»

«Ascolta», le dissi cercando il suo viso con la mano, «stanotte stessa ti dimostrerò che non sono né pazzo né un invasato.»

«E come?»

«Prima dobbiamo arrivare a casa mia.»

Arrivammo verso mezzanotte e mezza. Tenevo a malapena gli occhi aperti.

«Cucciola», dissi rivolgendomi alla mia cagnetta, «purtroppo devi aspettare ancora qualche minuto prima della passeggiatina. Devo dimostrare alla mia ragazza che non ho perduto il senno.»

Mia inclinò la testa alla sua destra per cercare di capire cosa le stessi dicendo. Capì solamente che doveva aspettare e, infatti, abbassò le orecchie e si accucciò davanti la porta d’ingresso mentre noi entravamo nel mio studio.

«Stai attenta a quello che faccio», dissi alla mia fidanzata prendendo una musicassetta. «Qui dentro ci sono alcune canzoni di Giorgia. La inserisco in questo registratore. Adesso ti prego di stare in silenzio per circa un minuto perché voglio fare una di quelle registrazioni che fece Gheppio a casa sua.»

Feci partire il nastro.

Restammo per un po’ di tempo quasi immobili. Nel silenzio della notte sentivamo soltanto il rumore del nastro trascinato dal registratore.

«Ecco fatto. Ascoltiamolo.»

Non si sentiva altro che un fruscio. Riavvolsi il nastro ancora una volta. Aprii il cassettino e con una matita feci un po’ di pressione sulla testina del registratore.

«Adesso ti prego di riascoltare il nastro con queste cuffie.»

Indossò le cuffie e, quando vidi queste scomparire nel bosco dei suoi riccioli neri, premetti il tasto play. Dopo qualche secondo d’ascolto Roberta saltò letteralmente in aria e si sfilò le cuffie. Era terrorizzata.

«Ho se… ho senti… ho sentito quei canti demoniaci. Ho paura!» Balbettò tuffandosi tra le mie braccia e cingendomi il petto.

«Non dirmi che la mia ragazza crede a queste cose!» le dissi prendendola in giro.

Tirò la testa indietro e incrociò il mio sguardo.

«Ti giuro che ho sentito…»

«Allora da questo momento ci credi anche tu?»

«Se non l’avessi sentito con le mie stesse orecchie…»

«Calmati!» le ordinai. «Non c’è nulla da temere. Sai com’è fatta una musicassetta?»

«È un nastro registrabile. Che altro dovrei sapere?»

«Ogni musicassetta è composta da quattro canali audio. Due per lato. Il lato A contiene la traccia per l’altoparlante di sinistra e quella per l’altoparlante di destra. Stessa cosa per il lato B. Quando effettuiamo una registrazione non facciamo altro che incidere le due tracce di un lato. È quello che abbiamo appena fatto. Abbiamo preso una musicassetta di Giorgia e abbiamo registrato un minuto di rumori di fondo di questa stanza. Così facendo abbiamo cancellato parte della prima canzone di questa cassetta. Abbiamo riavvolto il nastro e abbiamo ascoltato il contenuto. Cosa abbiamo sentito? Niente! Ricordi?»

«La prima volta non avevo sentito niente ma poi, con le cuffie…»

«Sai cosa ho fatto prima di farti indossare le cuffie?»

«Ti ho visto infilare la matita dentro il cassettino però non so cosa hai fatto di preciso.»

«Ho spostato la testina di lettura. In questo modo, invece che riprodurre il lato A, ha riprodotto il lato B.»

«Ma se avessi ascoltato il lato B avrei sentito le canzoni di Giorgia.»

«Le hai sentite, ma al contrario.»

«Che vuoi dire?»

«Non abbiamo girato la cassetta dall’altro lato ma abbiamo semplicemente spostato la testina. In questo modo hai sentito la musica e le parole del lato B esattamente al contrario. Chiaro? Ecco perché ti è sembrato un canto demoniaco. Riascoltiamo la nostra registrazione!»

Tolsi lo spinotto delle cuffie dal registratore e premetti nuovamente il tasto play.

Quello che sentivamo somigliava davvero a un canto demoniaco ma, ascoltando con attenzione, si poteva riconoscere la voce di Giorgia.

Roberta cominciò a tranquillizzarsi e il suo viso iniziò a riprendere il suo colore naturale.

«Il tuo ragazzo, quando dice una cosa, sa cosa sta dicendo. A Gheppio sarà accaduto qualcosa di simile. La testina del suo registratore, che sicuramente non era nuovo, non era perfettamente allineata. Ecco a cosa pensavo quando ti dicevo che era probabile che Castrogiovanni avesse sentito davvero quei canti.»

Si era fatto davvero tardi e dovetti uscire nuovamente per accompagnarla al distributore Esso, dove aveva parcheggiato l’auto. Considerato l’orario, la scortai fino a casa. La salutai in fretta perché mi ricordai che Mia mi stava ancora aspettando per fare i suoi bisognini. Quando arrivai a casa, le sussurrai appena la frase magica: “Vuoi uscire?”. Lei si alzò da terra sollevandosi sulle zampe anteriori e spostò la testa da un lato per sentire meglio. Quando fu certa di aver sentito bene, iniziò a girare su se stessa.

Alle due in punto ero nuovamente nel mio studio, alle prese con la sesta lettera di Gheppio.

Carissimo figliuolo, con quel metodo vinsi per ben quindici mesi di seguito. Ad aprile 2002 sortirono addirittura tre ambi. Furono estratti 30–60–85, al primo colpo. Giocavo solamente per la sorte dell’ambo e quindi ottenni tre vincite di ambo ma non quella del terno.

In definitiva, in quindici mesi, avevo vinto diciassette ambi.

Il metodo sviluppato a maggio diede esito negativo.

Fortunatamente, la vincita del metodo di Giugno arrivò presto. Esattamente il quindici di quel mese con 89–16. Avrei dovuto giocare il metodo elaborato a maggio ancora per qualche colpo ma il mio intuito mi convinse che quei numeri non sarebbero mai usciti. Smisi di giocarli. Non mi ero sbagliato. Fu una scelta davvero fortunata.

Marcelli, che tenni all’oscuro del mio parziale ritiro, giocò la previsione di maggio per tutti i quindici colpi per cui la vincita ottenuta con il metodo di giugno non bastò a coprire le perdite.

I metodi di luglio, agosto, settembre e ottobre furono vincenti.

A novembre ci fu un’altra pausa d’arresto che però fu seguita da una lunghissima serie positiva che durò da dicembre 2002 fino a febbraio 2004. Si trattò di altri quindici mesi di vincite. In tutto sortirono diciannove ambi. Immagina la nostra felicità!

Marcelli, che giocava in maniera più azzardata, aveva vinto più di tre milioni di euro. Io meno della metà.

La mia felicità fu stroncata dall’incubo che ebbi l’undici febbraio 2004. Sognai “lui” che veniva a chiedermi l’anima. Gli ricordai che mi ero tagliato accidentalmente e quindi non avevo stretto alcun accordo. Mi rispose che, nel profondo della mia sporca anima, avevo desiderato ardentemente di stringere quel patto e che il sangue che era sgorgato dalla mia mano ne era stato il sigillo.

Questo incubo mi segnò profondamente. Sapevo che si trattava solamente di un sogno ma temevo che potesse avere una ripercussione sulla realtà.

I fatti parlavano da soli.

Avevo sognato di fare un patto con “lui” per ottenere la Chiave del Lotto.

Mi ero tagliato, anche se accidentalmente.

Alessandro aveva individuato un ottimo metodo.

Avevo cominciato a giocare e a vincere.

Ero praticamente ricco.

E adesso che succedeva?

Sognavo lui.

Perché lo avevo sognato proprio quella notte?

A marzo del 2004 ci fu un altro esito negativo. A fine mese cominciai a chiedermi fino a quando avrebbe potuto funzionare quel metodo. Mi chiesi anche se la visita notturna avesse come significato la fine del periodo di vincite e la scadenza del patto.

Il mio intuito mi aiutò ancora una volta. Decisi di ridurre notevolmente l’importo delle giocate. Mi convinsi che avevo già vinto abbastanza e che non era il caso di rischiare più del dovuto.

In un primo tempo credetti di aver preso una decisione sbagliata, poiché i mesi di aprile, maggio, giugno e luglio 2004 sono stati vincenti. Durante quei quattro mesi ho vinto poche migliaia di euro mentre, se non avessi ridotto gli importi delle giocate, avrei vinto almeno dieci volte di più.

Agosto, settembre e ottobre sono stati tre mesi neri.

Ho giocato soltanto durante il mese d’agosto, dopodiché, affidandomi ancora una volta al mio intuito, ho smesso.

Marcelli ha, invece, perso tutto quello che aveva vinto e… con gli interessi. È stato costretto a ritirare dalla banca tutti i soldi che aveva depositato e a vendersi la villa in campagna.

In questi ultimi mesi è venuto diverse volte a casa nostra. È distrutto. Non dorme più. Non ha più denaro per giocare. Mi ha chiesto quanto denaro avessi perso e ho dovuto inventarmi una grossa cifra. Come avrei potuto dirgli che non avevo tenuto fede al nostro accordo?

Ha contratto debiti con molti ricevitori di Caltanissetta e di San Cataldo. Ha dovuto ridurre le puntate per cui, anche se avesse vinto con il metodo di ottobre, non sarebbe riuscito neanche a togliersi i debiti.

Si trova in un vicolo cieco.

Una volta mi ha chiesto se io avessi ancora qualche soldo da puntare. Gli ho risposto che avevo finito ogni riserva con la settima estrazione di settembre e che avevo deciso di non seminare debiti.

Seppur con fatica sono riuscito ad allontanarlo da casa nostra. Evito di passare da Piazza Garibaldi per non incontrarlo.

Penso continuamente a quella che è la mia condizione.

Il mio intuito mi ha permesso di non rovinarmi e di conservare una buona parte di denaro proveniente dalle vincite. Sono riuscito a non tradirmi con Marcelli e ad allontanarlo.

Adorato Giuseppe, adesso che ho appena finito di raccontarti la mia storia, rispondi a questa domanda: secondo te posso definirmi un uomo fortunato?

Stai pensando di sì. Ne sono certo.

Ho i soldi, la casa e voi.

Purtroppo la risposta esatta è “NO”.

Disgraziatamente c’è “lui”. Da quell’undici febbraio mi appare in sogno e mi tortura ogni notte. Ha fissato la data per la consegna della mia anima: il 25 Dicembre 2004.

La mia vita è diventata angosciante e, dopo un periodo nel quale avevo deciso di darmi una regolata, ho ripreso a bere ancora più di prima.

Quando torno a casa, passo diverse ore navigando in internet, alla ricerca di qualcosa che possa liberarmi da questo tormento. Ho visitato siti che trattano di esorcismo ma non sono sicuro che sia il mio caso. Sono tormentato da lui ma lui non si è incarnato in me.

E poi, il diavolo esiste davvero o è soltanto la nostra fantasia a evocarlo?

La Chiesa assicura che il demonio è un essere concreto che “va in giro per il mondo come un leone ruggente, cercando le anime da divorare”.

Il Concilio Vaticano II, nel Gaudium et spes dice chiaramente che “Tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo e destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno”.

Dunque se lui esiste davvero…in questi mesi non ha fatto altro che divorare la mia anima. Altrimenti sono diventato pazzo e sto avendo le allucinazioni La mia non è più una vita degna di questo nome. Ho paura di tutto. Non riesco più a muovermi dove c’è buio, salto in aria al primo rumore. Non ce la faccio più. Prima della mezzanotte devo lasciare questa stanza, il luogo nel quale si è manifestato la prima volta. Qui lo sento più vicino che mai. Ho riempito la mia stanza di immagini sacre, sperando di allontanarlo. I primi tempi ha funzionato e mi sono sentito più rilassato ma poi, inesorabilmente, sono tornate le mie tremende percezioni di questo essere.

Ho raccontato tutta la mia storia a un monaco molto anziano che, a detta di molti, continua a scacciare i demoni nel nome del Signore. Mi ha detto che il denaro che ho vinto è maledetto, così come è maledetto il patto che io ho fatto quella notte.

Sostiene che, anche se si è trattato di un incubo, sono stato io a invocare un contatto con il demonio, tale era la mia voglia di possedere la chiave per prevedere il futuro. Quasi le stesse parole del sogno.

Secondo lui il demonio esiste sotto varie forme e, nel mio caso, ha messo radici nella mia vita per devastarla. Gli ho chiesto di esorcizzarmi ma mi ha scoraggiato dicendo che l’esorcismo ha una durata variabile e difficilmente si completa in meno di due anni.

Non sono Frate Antonio di Santo Spirito.” mi ha detto, “Soltanto lui, con la sua Croce Santa, riusciva a liberare gli uomini dal demonio in una sola seduta.”

Ho chiesto se questo Frate Antonio fosse ancora vivo e il mio interlocutore si è messo a ridere dicendomi che era morto da almeno seicento anni.

Ha aggiunto che il potere esorcizzante, a quanto si tramanda da secoli, non era frutto del connubio tra Frate Antonio e la Croce Santa ma esclusivamente un potere di questo santo oggetto, che gli era stato affidato da un anzianissimo e sconosciuto mendicante incontrato nelle vicinanze del Castello di Pietrarossa durante un temporale.

Si dice che quella notte lo sconosciuto spiegò ad Antonio, che a quell’epoca non era neanche un frate, quali erano i poteri della Croce Santa e come utilizzarli.

Subito dopo la consegna, l’anziano signore fu colpito da un fulmine e trasformato in cenere.

Antonio, cominciò a utilizzare la Croce per scacciare gli spiriti maligni da tante persone che ne erano infestate e la sua fama arrivò fino all’Abbazia di Santo Spirito, nella quale fu accolto e della quale diventò frate.

Dopo la morte del Frate Custode ne prese il posto e gli fu affidata la custodia di tutta l’Abbazia. Possedeva tutte le chiavi di tutte le porte esistenti e questo gli permise di tenere sempre nascosta la Croce della quale era gelosissimo. Dopo la sua morte, la Croce Santa non fu mai più ritrovata e, si pensa, che sia tuttora ben celata in quale parte dell’Abbazia.

Caro Giuseppe, non sono riuscito a ottenere altre informazioni dal monaco che, anzi, a ogni mia domanda è diventato sempre più reticente.

Probabilmente ha letto nei miei occhi la disperazione di chi è disposto a mettere a soqquadro una intera Abbazia pur di trovare la Croce Santa.

Ti confesso che quel colloquio mi ha sconvolto e, da quel momento, non faccio altro che pensare a dove potrebbe essere ancora custodita la Croce Santa e all’eventuale modo di recuperarla.

Ti confesso anche che ho un’idea per la testa. Penso di sapere dove si trova. Proverò a cercarla, dovesse essere l’ultima cosa che faccio nella mia vita. Spero che il nostro antenato Sebastiano mi perdoni per quello che sto per fare.

Non so se riuscirò a scrivere qualche altra lettera perché oggi è il venti di dicembre e manca meno di una settimana alla data del maledetto appuntamento. Dedicherò ogni istante alla ricerca della Croce Santa.

Se qualcosa mi dovesse andare male… ti prego di perdonarmi per il male che ti ho fatto. Ti ho voluto tanto bene. A modo mio, lo so. Ho amato anche tua madre e tua sorella e, se non fosse stato per questa malattia del gioco, adesso saremmo insieme a casa nostra. Non navigheremmo nell’oro ma saremmo felici come tante altre famiglie.

È tardi e devo lasciarti.

Tuo padre.


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Per info sull’autore e i suoi libri consultate il sito www.salvatorepaci.com

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